Frac Festival, 5-6-7 agosto 2022

foto di Carmen Stocco

Una delle fortune di lavorare per la cultura in Calabria risiede nella possibilità di avere a disposizione ambienti scenografici e singolari in una terra in cui il mare e i monti si guardano costantemente, intrecciando le loro peculiarità morfologiche e le biodiversità in un continuum naturalistico dalle caratteristiche uniche. Da queste disponibilità che la natura ci ha donato nascono e si sviluppano le idee per poter glorificare questo territorio, per chi lo abita o lo vuole scoprire, attraverso due aspetti che hanno permesso all’uomo di continuare ad esistere: la socialità e la cultura.

Dal 2015 il FRAC Festival è una di quelle realtà che sfrutta le caratteristiche naturali del nostro territorio per poter fare incontrare le persone in un micromondo composto di musica elettronica e arti performative, componendo, di edizione in edizione, il proprio programma anche in base a ciò che ogni location diversa può offrire. Per dovere di cronaca, sono riuscito ad assistere soltanto alla serata del 6 agosto (i soliti difficili incastri lavorativi nel mese di agosto, in cui tutto succede insieme) ma ciò non mi ha impedito di immergermi per un po’ in quell’atmosfera dai risvolti quasi eterei che il FRAC spesso regala. Una grande distesa di verde e una torre, per buona parte integra, sono lo scenario in cui calare anche i protagonisti di questa seconda giornata della sesta edizione svoltasi alla Torre dei Cavalieri (Gizzeria, CZ). Il palco è il prato, sullo sfondo la torre illuminata da fasci di luce rossi, il “ring” è delimitato dalla natura stessa, perché qui ci si adatta a lei e non il contrario, e intorno una musica soffusa, di attesa, in cui tutto rimane volutamente sospeso.

Marina Herlop, foto di Carmen Stocco

Marina Herlop è la prima a dare il via alla seconda giornata: pianista catalana di formazione classica, con base a Barcellona e due album all’attivo (l’ultimo è l’ep Pripyat ed è uscito quest’anno), si muove tra ciò che sono i suoi studi classici e il fascino per la sperimentazione sonora e linguistica. Si direbbe figlia (non so quanto consapevole o meno) della scuola Cocorosie in cui si incontrano il trip hop e i lirismi evocativi di certe tradizioni pagane. La sua esibizione ha la capacità evocativa di una Messa: i momenti più ritmici si intrecciano con quelli di solo piano ma tutti guidati da una voce limpida e corposa nonostante i registri in grado di raggiungere vette molto alte. Il suo linguaggio inventato crea quella familiarità con il virtuosismo canoro tipico del Jazz, lo scat, mentre i suoni spezzati e I field recordings ricordano i lavori più sperimentali di Aphex Twin (i Selected Ambient Works su tutti). Dopo averla vista dal vivo la prima volta capisco più a fondo del perché ci sia una certa attenzione nei suoi confronti.

Mai Mai Mai, foto di Carmen Stocco

Mai Mai Mai non ha tanto bisogno di presentazioni da queste parti per diversi motivi, tra cui la sua capacità di imporsi come uno sciamano sulle menti di tutti. Ci porta in giro per le terre del Sud tra i vari dialetti e i suoni tipici di ogni luogo, raccontando tutto attraverso le sperimentazioni sonore. Una danza costante e lenta alimentata da lunghi bordoni prodotti come un flusso unico. Recita Toni quella parte di Maestro di cerimonia puntualmente impersonificata alla perfezione, mentre noi assistiamo immersi in una nube di bassi e frequenze medie dalla quale è impossibile uscire, perché incapaci di distogliere l’attenzione da quel rito che si consuma ad ogni suo concerto.

Inude, foto di Carmen Stocco (1)

Un tris di live per la seconda serata che si chiude con le atmosfere romantiche degli Inude e le loro fluttuazioni tra passato e presente, tra le malinconiche sfuriate Pop dei Radiohead e le lunghe riflessioni sonore difronte ai grandi laghi del Wisconsin durante il “buon inverno”, da cui partì l’ispirazione per migliaia di musicisti nel mondo.

A chiusura i Dj Set affidati a Francesco Lucia di Circlesound e agli Asymptote in un mix tra Jazz, Hip Hop ed elettronica. «Sono veramente e fortemente grata e soddisfatta della riuscita – dice Nicoletta Grasso, fondatrice e direttrice artistica del FRAC Festival – dopo due anni di assenza e silenzio. Siamo tornati in campo con grandissima qualità, la programmazione è stata molto ricca, molto elaborata, e soprattutto i feedback ricevuti dagli artisti stessi: tutti sono rimasti oltre il giorno canonico dell’esibizione, e questo ci dà l’ennesima spinta per continuare a portare bellezza al territorio. Quest’anno siamo anche andati oltre, inserendo altre tipologie di attività che fino ad ora non avevano mai fatto parte del FRAC: il trekking al tramonto curato da Francesco Bevilacqua, una pietra preziosa che ha dato modo di aprire un dialogo anche con le associazioni di categoria per future altre collaborazioni; e poi lo yoga con Marco Migliavacca. Queste nuove attività hanno permesso di ampliare e diversificare non solo l’esperienza del FRAC ma anche il pubblico, perché chi ha partecipato quest’anno lo ha fatto anche per l’esistenza di attività collaterali alla musica. Ciò che posso dire, senza paura di ripetermi, è di essere grata a tutte le persone che hanno partecipato, agli artisti e gli addetti ai lavori per questa edizione di rinascita e di luce. La venue potrebbe essere la nostra base anche del prossimo anno, grazie soprattutto a Luigi Trapuzzano che ha accettato di mettere a disposizione questo luogo incantato che è la Torre dei Cavalieri».

E quindi l’appuntamento al 2023 con l’edizione numero sette del FRAC Festival.