Big|Brave = volume + poesia

I Big|Brave sono uno dei grandi amori di The New Noise, basta leggere il report dell’Amplifest 2023 a firma Massimo Perasso. Sono di Montreal, Québec, Canada (questo, vista la loro componente post-rock, già ci dice qualcosa) e parlano con la voce autentica della chitarrista Robin Wattie di argomenti personali, ma anche di temi politici come la questione femminile o la questione razziale.

Feral Verdure, l’esordio del 2014, procurò loro l’attenzione di Southern Lord, per la quale pubblicarono Au De La nel 2015, passando per un incrocio tra una band doom e una post-rock (i giornalisti videro il nome dell’etichetta e poi quello del produttore, Efrim Menuck: se c’era bisogno di scrivere una recensione pigra, il gioco era fatto). Sempre per Southern Lord uscirono Ardor nel 2017, minimalista e massiccio, A Gaze Among Them (2019), Vital (2021, lo stesso anno in cui Southern Lord accolse i canadesi Nadja di Luminous Rot, difficile non vedere le parentele), poi entrarono in scena Thrill Jockey e i The Body, che di fatto procurarono un contratto ai Big|Brave per questa etichetta che avrebbe potuto aprire loro nuove porte: ecco la collaborazione tra pesi massimi Leaving None But Small Birds, da cui emerse una poco sospettabile influenza folk, quello dei Monti Appalachi di cui non so nulla, e infine siamo a oggi col dittico composto da Nature Morte (è francese, abbiamo detto che sono québécois) e il nuovissimo A Chaos Of Flowers, che esce questo venerdì 19. Adoro Nature Morte e la sua energia primitiva, swansiana, la voce fuori controllo, viscerale, innamorata. Nature Morte è i Big|Brave che conosciamo, ma al picco dei loro poteri. Forse non ho perso la testa per lui, ma mi tengo stretto anche A Chaos Of Flowers, un disco più atmosferico, trasognato, con trame più complesse e sfumate, e non solo volumi devastanti, basato su poesie di Robin ma anche su quelle di artiste fuori dai canoni del loro tempo, come ad esempio Emily Dickinson, Akiko Yosano (considerata una delle prime femministe giapponesi) e Renée Vivien (“riportata in auge dal femminismo degli anni Settanta come una pioniera del canto lesbico”, recita una nota biografica della casa editrice Odoya). All’intervista ha risposto proprio Robin Wattie. La band è completata dall’altro chitarrista, Mat Ball, con Robin sin dall’inizio e di fatto co-leader del gruppo, e dalla “nuova” batterista Tasy Hudson.

La mia cosa preferita dei Big|Brave è la voce: cruda, emotiva, imperfetta perché la perfezione non conta. Se ci pensi, è sempre stato così. Pensa alle Slits, ad esempio. Chi ha ispirato il tuo modo di cantare?

Robin Wattie (chitarra, voce, testi): Grazie davvero! Nessuna mi ha ispirato direttamente, ma ho una lunga lista di vocalist che amo, e include Wendy Rene e Gillian Welch. Siccome non ho seguito nessuna scuola di canto, sto ancora felicemente esplorando ciò che posso fare con la mia voce.

Per le stesse ragioni per le quali amo la tua voce, mi sono piaciuti molto i dischi precedenti dei Big|Brave: qualcuno ha scritto “massive minimalism” e questo mi riporta alle origini della musica che preferisco, e si tratta di quel momento in cui in Europa e negli Stati Uniti punk, post-punk e no wave resettano tutto. Pensa agli Swans: si trovano nel vostro pantheon?

Ci influenza tutta una serie di artisti, da Tony Conrad a Gillian Welch per arrivare alle Filles De Illighadad, a Marisa Anderson (ospite alla chitarra in due tracce di A Chaos Of Flowers, ndr), agli Harvey Milk e ad Alice Coltrane.

Siete in tre, ma vedo una quarta persona dietro le quinte: cosa ci puoi raccontare della collaborazione con Seth Manchester? Sta dietro a così tanta roba buona (Lingua Ignota, The Body, Full Of Hell, i Daughters finché si poteva nominarli, ndr)…

Proprio così! Abbiamo iniziato a lavorare con Seth Manchester dopo essere stati in tour coi The Body nel 2018 e dopo aver ascoltato molti suoi lavori. Siamo diventati subito amici e abbiamo realizzato molto rapidamente di avere approcci simili alla sperimentazione musicale.

Avete sempre avuto un piano per Nature Morte e A Chaos Of Flowers? È sempre stato un dittico nelle vostre teste o le cose sono avvenute spontaneamente?

È avvenuto organicamente. Io e Mathieu (Bell, ndr) lavoriamo in modo intuitivo mentre concettualizziamo ciò che facciamo. Una specie di incidente fortunato.

Secondo me A Chaos Of Flowers dimostra che non siete pigri. Non vi ripetete, ma allo stesso tempo conservate la vostra identità. Quando siete in sala prove o in studio pensate mai cose tipo “non possiamo ripeterci”, “dobbiamo trovare qualcosa di nuovo altrimenti la gente si dimenticherà di noi”?

Noi facciamo un enorme sforzo concertato per abbattere le barriere davanti alla nostra musica e al nostro suono. Lavoriamo molto, molto duramente sul non ripeterci, perché è davvero molto facile accomodarsi su ciò che già si sa e si capisce. Non avremmo mai pensato che nella nostra vita avremmo dovuto scrivere questa musica e portarla in tour per così tanto tempo.

Siete in grado di evocare emozioni primordiali, ma sapete come essere politici. Evocate sentimenti forti, irrazionalità, ma volete anche far pensare la gente. Quanto è importante per voi essere politici?

Non ho mai stabilito di essere politica. Ciononostante, visto chi sono e cosa sono, sono politicizzata in automatico anche se non voglio. Non posso fare a meno di pensare e riflettere, filosofare, analizzare le macro- e le micro- realtà, gli effetti che l’economia, la politica, il capitalismo e la natura umana hanno sulla terra, sulle popolazioni e le loro culture.

Un po’ di patriottismo: nel booklet del nuovo album ringraziate Ricky Biondetti. L’ho conosciuto di persona un po’ di anni fa e lui è uno dei buoni. È un bravo agente (la booking Swamp Booking) e un grande batterista (gli In Zaire sono stati una delle migliori band italiane degli ultimi anni). Quindi raccontami perché lo avete voluto ringraziare.

Oh, Ricky è uno dei booker più sgobboni che io abbia mai incontrato. Personalmente apprezzo la sua etica lavorativa e quanto davvero ha cura del suo mestiere, della musica e delle persone che rappresenta. Noi proviamo molto amore per lui.

Sarete in tour in Italia quest’anno? Se poteste scegliere qualcuno con cui improvvisare sul palco, chi prendereste?

Oh, spero tanto di suonare in Italia quest’anno! La amo! Il cibo, il paesaggio, le persone, la cultura. Uno dei posti che preferisco visitare, potrei mangiarmi e bermi tutto il paese!
Mi piacerebbe lavorare con Moor Mother, Marisa Anderson, Steve Moore, Tashi Dorji… troppa gente…