Di riff e avvoltoi: Warlung

I Warlung saranno in Italia in tour coi Kadabra, lo abbiamo già scritto. Passeranno anche per dove vivo (Trieste, sabato 4 febbraio, e ci saranno i Buss in omaggio) e questo è uno dei motivi di quest’intervista, in altre parole sostenere chi dal basso organizza show. Un po’, insomma, li ho messi a loro agio e in buona luce perché voglio che le cose dalle mie parti funzionino, ma va detto che non hanno un gran bisogno del mio aiuto, dato che hanno pubblicato quattro album nel giro di cinque anni prendendosi gli applausi dalla critica e potendo suonare parecchio in giro finché era permesso. Non è difficilissimo spiegarli a chiunque sia nato negli ultimi 60-70 anni: due chitarre, voce, basso e batteria (basso e batteria fratelli, tanto per essere sicuri che si intendano), sono devotissimi ai Sabbath e all’hard rock settantiano, che come sappiamo non muore mai, non a caso da quest’intervista sono saltati fuori gruppi come Uncle Acid And The Deadbeats e King Gizzard & The Lizard Wizard. All’eterno ritorno dell’uguale i Warlung rimediano tirando fuori riff killer e pezzi memorabili, persino con le melodie giuste, tanto che in alcuni momenti mi trovo a pensare che – se fossero furbi – potrebbero essere i Ghost (o almeno i Wolfmother), ma purtroppo o per fortuna (lascio la scelta a chi legge) al momento non è così: basta sentire dall’ultimo disco pezzi come “Vulture’s Paradise” o “Sky Burial” e rendersi conto di avere già un riff o un chorus conficcato nel cervello. Di seguito la mia chiacchierata con Philip Bennett (chitarra, voce).

Tieni conto del fatto che siamo una webzine italiana (con lettori italiani). Non siamo a Houston con voi. Se qualcuno ama la musica, il Texas (penso ad Austin, per dirti la verità) sembra il posto perfetto per lui: locali, festival, molte band… Devo ammettere però che non conosco bene la vostra scena. Ti va di raccontarcene qualcosa?

Philip Bennett (chitarra, voce): Il Texas è grandioso, specialmente le città grosse come Houston, Austin, San Antonio, Dallas. Siamo tutti abbastanza vicini, il che fonde tutto in un’unica porzione di territorio con un enorme ventaglio di band heavy rock’n’roll, fuzzy, psych e garage. I festival locali hanno sempre i cartelloni più incredibili per il fatto che molte band importanti provengono da queste 4 città. È davvero un posto speciale e siamo felici di appartenere a una scena musicale “heavy” fantastica e varia.

Questa domanda è ovvia, ma penso sia una buona storia da raccontare. Quando la tua sezione ritmica è composta da fratelli, sai che non perderai mai un colpo. Come hanno iniziato Ethan e Chris (Tamez)? È stata una scelta conscia il suonare insieme? È semplicemente accaduto?

Sì, averli tutti e due sembrava logico sin da subito. Jammavano insieme sin da bambini, per questo suonano forte e bene e si “alimentano” a vicenda in modo molto naturale. Loro padre era batterista, ecco perché hanno iniziato subito, e si vede. La cosa incredibile è che se si scambiano gli strumenti non perdono comunque un colpo. Siamo stati con loro in altri gruppi dove era Chris a suonare la batteria ed Ethan stava al basso, ed era ugualmente grandioso.

Un giornalista ha scritto: “I Warlung sono chiaramente una delle migliori band in circolazione tra quelle che pregano davanti all’altare di Iommi”. Dal punto di vista musicale, sembrate radicati nei Settanta. È vero per voi? Potete dirmi un paio di band che vi hanno influenzato senza menzionare quelle ovvie (come ha fatto questo giornalista…)?

Ha! Noi rimaniamo decisamente piantati nei Settanta… ma troviamo ispirazione in tante cose differenti. Tanti classici come Zeppelin, Floyd, Deep Purple, ma anche molte cose moderne: Uncle Acid, Red Fang, King Gizz (King Gizzard & The Lizard Wizard, se negli ultimi mesi non avete letto nulla di musica, ndr). Così tanta musica in giro, difficile non esserne ispirati!

Penso che siate grandi scrittori di canzoni. Ci dimostrate che è ancora possibile scrivere grandi pezzi rock anche se sappiamo già tutti cosa aspettarci. In particolare sono molto in fissa con la canzone che dà il titolo al vostro ultimo album, “Vulture’s Paradise”. Che mi raccontate di lei?

Parla di desolazione e di disperazione. Volevamo creare una canzone che per musica e temi facesse immaginare un paradiso per avvoltoi. Una melodia triste, abbinata a una sensazione di solitudine, prepara il terreno per i breakdown pesanti e i riff dirompenti del pezzo. Ciliegina sulla torta l’assolo con la tecnica slide guitar che amplifica tutte le sensazioni di prima.

Ho un debole per fantascienza, horror e fantasy. Per questo mi piacciono molto le vostre copertine. Mi sono immaginato negli anni Settanta mentre compro libri di fantascienza e fantasy, e fumetti. Voi Warlung avete gli stessi gusti in fatto di film e libri? Vi ispirano film o libri?

Ah sì, noi siamo molto presi dal cinema. Molta ispirazione arriva da film che abbiamo visto o da nostre idee per un film. Ci piace che le canzoni raccontino una storia e mostrare immagini in abbinamento alla musica. Ogni pezzo è un piccolo film. E le copertine aiutano a completare la storia!

Andrete in tour europeo coi Kadabra. Li ascoltate? Vi piace il loro esordio? Cosa rubereste a quei tre?

Sì, gente che spacca tutto. Siamo mega-entusiasti di andare in giro con loro e vederli dal vivo. Questo loro debut è una boccata d’aria fresca, e poi ha questo tiro malato… Hanno suoni grossi e riff assassini, tutto il disco è proprio grosso, un esordio fantastico. Se dovessi fregare qualcosa, sarebbe proprio quel suono grasso!

Secondo me una band oggi deve andare in tour il più possibile, perché è l’unico modo per lasciare il segno. Secondo voi? Quanto è importante andare in tour? Per me è almeno il 50% del lavoro.

Sì, il tour è il modo migliore di farti notare. Diffonde la tua musica più velocemente e ti infila nelle varie scene che ci sono nel mondo. Il Covid ha rovinato i nostri piani, ma adesso che tutto è a posto, finalmente, siamo super impazienti di andare là fuori e farci conoscere.

Come descrivereste un vostro live show? Siete sicuri di voi? Improvvisate? Interagite col pubblico o siete presi a eseguire la vostra musica nel modo più fedele possibile? Quale pezzo vi piace di più fare dal vivo?

Suonare dal vivo per noi è una bomba. Per noi è il massimo non avere freni e dare energia a ogni performance. La nostra filosofia è: se vuoi che il pubblico sia preso dal tuo show, tu devi essere preso dal tuo show. Quindi ci sforziamo di portare quanta più energia possibile, ma non vogliamo sbagliare i pezzi eh… Ci piace costruire le set list con canzoni diverse, mantenendole pesanti, psichedeliche e rock’n’roll! Se devo dire una che preferisco fare dal vivo, dico “Phantasmagoria”, perché picchia duro ogni volta: i riff portanti e il finale epico sono roba proprio da live.