BESTA

Besta, foto di Marina Melchers
Besta, foto di Marina Melchers

Una delle sorprese di questa prima parte dell’anno risponde al nome di Besta, gruppo grindcore portoghese accasato presso la Lifeforce Records e nato dall’unione di musicisti già visti all’opera con Sinistro e Redemptus. Colpiti dal nuovo album Eterno Rancor e dalla sua capacità di rendere attuale e ancora efficace un linguaggio di cui ormai si è già detto moltissimo, se non tutto, abbiamo deciso di approfondire, dunque di saperne di più dal chitarrista Rick Chain.

Devo confessare che ho scoperto i Besta solo di recente, ma in realtà siete in giro già dal 2012 e avete realizzato molti dischi tra album e split, senza contare l’aver condiviso il palco con molti nomi di prima grandezza. Vi andrebbe di aiutarci a fare un breve riassunto dei fatti salienti e dei momenti più importanti?  

Rick Chain: Ciao, sì, siamo quattro amici che condividono l’amore per l’estremismo sonoro, punk, hardcore e metal, così abbiamo deciso di suonare insieme quel tipo di musica. Non intendiamo reinventare nulla o creare qualcosa di nuovo, anche se ritengo che abbiamo il nostro carattere e le nostre particolarità. Siamo musicisti da molto tempo e come Besta dal 2012, anno dal quale abbiamo iniziato a pubblicare musica nuova a cadenza regolare, abbiamo girato in tour Europa e Brasile, calcato i palchi di qualche grosso festival come Obscene Extreme e Resurrection Fest, oltre ad aver aperto per alcuni nomi importanti. Credo che questo riassuma abbastanza le cose.

Ho approfondito la vostra discografia grazie a Bandcamp e ho notato che nel 2014 avete realizzato un album chiamato John Carpenter, il che mi ha incuriosito non poco. Vi va di raccontarci la storia di questo disco? Credo che i film horror siano un’influenza importante per la vostra musica.

Assolutamente, i film horror sono una presenza costante nelle nostre vite, a volte possiedono molti sottotesti politici, come nel caso di John Carpenter, che ha una forte visione sociale e politica. Per questo abbiamo deciso di abbracciare entrambi i temi e rendere omaggio al maestro.

Ho notato anche diverse cover di famose hardcore band, non solo il pezzo dei Bad Brains nel nuovo disco, ma anche di Dag Nasty e Crucifix in passato, così m’incuriosisce sapere qualcosa del vostro background come musicisti e ascoltatori. Che impatto ha avuto l’hardcore con i suoi testi nelle vostre vite?

Un grosso peso di sicuro, siamo cresciuti non solo con il metal ma anche con il punk e l’hardcore. Amiamo tutte le band di cui abbiamo rifatto brani e spero ci sarà la possibilità di omaggiarne altre. Anche qui, hardcore e punk sono musiche di confronto con testi rivolti alla politica e al sociale, il che ha sempre avuto una forte presa su di noi.

Siete nati dall’unione tra musicisti già attivi in Sinistro e Redemptus, entrambe band dedite a sonorità più lente e atmosferiche. Credete che i Besta siano un modo per nutrire aspetti differenti della vostra personalità e della vostra sfera emotiva? Cosa vi ha spinto a formare una band grindcore?

Credo che si possa definire così, un modo per tuffarsi in una musicalità diversa, anche dal punto di vista emotivo, e per velocizzare le cose. Tutti aspetti che difficilmente potrebbero trovar spazio nelle nostre altre band.

Ho usato il termine grindcore, anche se è solo uno degli ingredienti e input dell’intero spettro sonoro, per cui vorrei sapere la vostra opinione sull’attuale scena e sul ruolo odierno di un linguaggio così conflittuale. Mi riferisco ovviamente alla tendenza reazionaria globale, ai molti leader di estrema destra e alla crisi economica prolungata, per non parlare del dibattito su rifugiati e migranti.

Questi sono tutti aspetti rilevanti del mondo odierno, perché oggi più che mai assistiamo all’ascesa di un sistema neo-liberista aggressivo che divora la popolazione e impedisce alla gente di evolversi, con un enorme odio razziale e altre problematiche sociali. Un trend che alcuni sembrano ignorare né comprendere nel suo pieno significato e nel suo impatto negativo, perlopiù a causa dell’ignoranza o mancanza di consapevolezza. Per questo la musica è senza dubbio alcuno uno strumento di informazione, ribellione e protesta.

Besta, foto di Marina Melchers
Besta, foto di Marina Melchers

Di questi tempi, il Portogallo sembra essere diventato la meta di molti europei in cerca di migliori condizioni sia a livello sociale che di benessere, così, almeno nell’opinione comune il vostro Paese appare come un rifugio per quanto concerne le politiche sociali, le tasse e il costo della vita. Che ne pensate di questa immagine e cosa c’è, per così dire, dietro le tende?

Il Portogallo è la quarta nazione europea quanto a corruzione, per cui non la metterei tra le eccellenze come destinazione prescelta. Ha gli stessi problemi di ogni altra nazione, ha i salari più bassi in Europa e i costi maggiori per beni di sostentamento e pensioni, per non parlare delle tasse. Per questo non lo definirei proprio un rifugio. Da paese coloniale è nostro dovere assicurarci di correggere gli errori passati.

Eterno Rancor uscirà per la Lifeforce Records, come vi siete incontrati, che mi dite delle differenti versioni in cui uscirà il disco e dell’artwork?

Conosciamo Stefan da un paio di anni, così la Lifeforce è stata una delle prime label che abbiamo contattato e il feedback è stato decisamente positivo, quindi è stata una collaborazione nata in modo naturale. L’artwork è opera del brasiliano Marco Donida, membro delle band Matanza Inc e Enterro, un amico stretto della band. Il suo talento è immenso a dir poco, avere la copertina del disco realizzata da lui è stato per noi un sogno divenuto realtà. Ciò che volevamo era ricreare il tipo di grafiche dei dischi anni Ottanta/Novanta.

Una cosa che ho particolarmente apprezzato del disco è l’equilibrio tra abilità tecnica e feeling, scrittura eclettica e attitudine diretta. È stato difficile lavorare tenendo a mente tutti questi aspetti? Potete raccontarci qualcosa del processo creativo?

A essere onesti, non pensiamo mai troppo ai brani, devono solo colpirci e farci convenire sul fatto che meritano di essere messi su nastro. Forse, questa volta, abbiamo cercato di inserire del groove, ma a parte questo è venuto fuori tutto in modo naturale senza starci a pensare sopra troppo.

Che mi dici dei testi e della scelta di usare la vostra lingua, non temete che questo possa privare i vostri ascoltatori stranieri di una parte importante del tutto?

La musica è universale, non ha bisogno di una lingua particolare. Abbiamo cantato in portoghese perché suonava naturale per noi, ma avrebbe potuto essere inglese o qualsiasi altra lingua. Non credo che in questo ci sia una barriera, quando le persone sono interessate possono trovare un modo per capire ciò che diciamo. Anzi, questo rende il tutto ancora più ricco.

Avete in programma di girare l’Europa per presentare Eterno Rancor? Avremo possibilità di vedervi in Italia in primavera o estate?

Questa è l’aspetto difficile del far parte di una band, i tour! Siamo sempre alla ricerca di tour o della possibilità di realizzarli, ma spesso non riusciamo per qualche ragione. Suoniamo comunque in continuazione dal vivo e speriamo davvero che l’Italia rientri nel giro.

Grazie mille per il vostro tempo e interesse, chiudete come preferite questa chiacchierata.

Grazie mille per le domande, sono felice che l’underground conti ancora. Spero di vedervi presto!