KRÖWNN

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I lettori abituali dovrebbero conoscere bene il nome dei Kröwnn, finiti sin dall’uscita del debutto tra i gruppi “adottati” da The New Noise, tanto che li abbiamo voluti come ospiti sul palco della prima nostra festa tenuta al Glue-Lab la scorsa stagione. Lo stile che miscela differenti linguaggi a un solido background doom, l’immaginario fantasy, la partnership con View From The Coffin, tutto ha contribuito a renderne alettante la proposta e ha portato la band a farsi conoscere in brevissimo tempo sia in Italia che all’estero, con un effetto domino basato sul passaparola, le molte date live (sabato a Milano aprono per Yob, Pallbearer e Zodiac) e le recensioni positive rimediate un po’ ovunque. Del nuovo Magmafröst abbiamo già parlato a suo tempo, ora è il momento di fare due chiacchiere a bocce ferme per sentire dalla loro voce come vanno le cose. Ecco che ci ha raccontato Michele.

Ciao, innanzitutto facciamo un breve riassunto di questi mesi intensissimi, direi che di cose dal lancio del vostro debutto su Bandcamp ad oggi di cose ne siano successe parecchie. Siete soddisfatti di come sono andate finora?

Michele (chitarra, voce): Siamo veramente soddisfatti! Da Hyborian Age a oggi sono successe veramente un sacco di cose (anche se siamo ancora una band semi-sconosciuta rispetto alle realtà estere). È stato tutto assolutamente inaspettato. Ogni giorno c’è una novità per noi, e la gente ci dà molto supporto.

Quest’anno abbiamo avuto la fortuna di suonare assieme a tantissimi gruppi eccezionali, se non fossimo il Paese-barzelletta del mondo, saremmo invidiati tutti per la creatività e la potenza che ha la scena italiana in questo momento.

Vista la velocità con cui è girato il vostro nome e il successo del debutto, mi verrebbe da definirvi un piccolo caso, soprattutto in un periodo di incertezza come questo. Quali credete siano i motivi di questo interesse intorno al vostro nome?

Mi piace pensare che sia per la formula musicale che proponiamo: è un mood che appartiene a pochissime band, e ognuna di queste lo declina secondo uno stile veramente personale ed unico. Forse riguarda il tipo di sound o le tematiche, o l’aspetto estetico della band stessa (qualche maligna testa di cazzo punta alla sola presenza femminile, ma non credo conti a sufficienza). Abbiamo venduto moltissimi dischi per un gruppo con un anno di attività, senza pedigree o “amicizie importanti”. Per quanto mi riguarda, sta tutto nel fatto che i Kröwnn hanno un certo tipo di originalità di base. Sono molto contento e fiero che, oltre a doomster ed addetti ai lavori, ci scriva e ci supporti un grande numero di nerd (che sono veramente la fetta di pubblico più attenta alle sfumature del nostro operato), amanti della letteratura fantastica, giocatori di ruolo, odinisti, arrapati, altre band e semplici curiosi.

In generale, quanto conta per voi portare la vostra musica in giro dal vivo? Come ripartireste il merito della diffusione della vostra musica tra rete e date live?

Suonare live è il massimo, chiunque abbia una band e creda nel Metallo lo sa. Sfortunatamente viviamo in un Paese dove ci sono merdate come il pay to play, concorsi musicali, contest e stronzate varie, che distruggono un certo tipo di (passatemi il termine) epica del suonare dal vivo. Sembra un discorso retorico, aria fritta, ma credetemi: non lo è. Sono veramente nauseato da tutti i sotterfugi e le mafiette italiane, e dalle band che accettano questi sistemi di diffusione per poter coltivare il loro orticello secco a discapito degli altri.

Di sicuro la rete ci ha sparato in ogni angolo del globo (ci contatta gente da paesi che non ho mai sentito nominare), sarebbe fantastico poter suonare ovunque ci richiedano. Soprattutto nel Valhalla.

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Con il debutto vi siete tolti la soddisfazione di realizzare la vostra musica in ogni formato disponibile, vinile, cassetta, cd, digitale. Come vi muoverete per Magmafröst?

Sentir suonare il tuo disco in musicassetta è una vera figata. Per l’uscita del nuovo album, sarà esattamente uguale. Il cd lo stampiamo noi (sotto il nome di Bizzarian Records), per la musicassetta il compito è della Arcane Tapes, mentre per il vinile ci appoggerà la neonata SkinHorse di Genova.

Avete deciso di far uscire subito il disco in versione digitale su Bandcamp, come è andata? Immagino foste curiosi di vedere come avrebbe risposto il vostro pubblico al nuovo disco…

Non volevamo perdere tempo. Ci sono gruppi che tengono una nuova registrazione per mesi a casa propria, per poi lamentarsi che l’attenzione verso di loro scema. Questo non piace ad Odino. C’è internet? Usiamolo. Bandcamp è un mezzo eccezionale. In una settimana scarsa ci siamo ripagati tutte le spese affrontate per registrare. Per quanto ci riguarda, avevamo voglia di far sentire il nuovo materiale al più presto possibile. Siamo nel 2014 e ci comportiamo di conseguenza, e smettiamola di pensare come trent’anni fa (senza aver coscienza di come funzionava all’epoca, poi).

Anche questa volta avete lavorato assieme a Raoul di View From The Coffin, vi va di parlarci di questa collaborazione e di come nascono gli artwork dei Kröwnn?

L’artwork di Magmafröst è frutto di un lunghissimo briefing (per lo più composto di supercazzole) con l’amico berzerker Raoul. Innanzitutto, doveva essere la naturale prosecuzione di quello di Hyborian Age, riveduto e corretto, upgradato se vogliamo. La storia si sviluppa sempre nel nostro mondo Fantasy, quindi il nostro personaggio della copertina precedente si ripresenta ancora per consentirci di entrare in un nuovo multiverso. Tengo sempre a mente quanto mi gasava vedere un Eddie dei Maiden che ci accompagnava copertina su copertina in nuovi mondi. Ad ogni modo, trovo la proposta estetica eccezionale e originale (per quanto vintage). Niente triangolini o merdate che vanno tanto adesso. Ogni band, a mio avviso, dovrebbe pensare all’aspetto dei suoi album come una parte integrante della propria musica, non di certo un mero sfoggio di grafica trendy a seconda di cosa dice l’opinione popolare in quel momento.

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Dal punto di vista musicale, Magmafröst mostra una band che ha saputo affinare le proprie armi e valorizzare le frecce al proprio arco. Quali credete siano le differenze maggiori rispetto al debutto e gli elementi su cui avete deciso di focalizzare l’attenzione in fase di songwriting?

Per prima cosa, abbiamo suonato molto insieme. Abbiamo affinato il songwriting in base a quello che ci piace di più ascoltare e che sentiamo più appartenere al nostro sound. Il mood è ovviamente sempre quello del primo lavoro, ma abbiamo smussato angoli che non ci piacevano, affinato il groove, adorato Iommi un po’ di più del normale. La grande differenza con Hyborian Age è che sul nuovo album i pezzi suonano molto più coesi e potenti, abbiamo abbassato l’accordatura al fine di ottenere un effetto più heavy possibile pur facendo niente altro che hard rock sabbathiano, cambiato il nostro backline. È veramente molto complicato ricavarsi uno spazio di credibilità nel sound in mezzo a migliaia di band che suonano grossissimo, che growlano o screamano senza pietà. Per quanto ci riguarda suoniamo solo quello che ci piace veramente e ci fa scapocciare, e credo che chi ci ascolta lo avverta chiaramente. Infine, il grande Odino ci ha concesso i suoi favori e ci ha reso più bravi a smanettare sugli strumenti.

Anche a livello di suoni si avverte un grosso lavoro di rifinitura e ricerca, eppure i brani mantengono la loro “botta di pancia”, quel mood coinvolgente e diretto. Come vi siete mossi per bilanciare queste due componenti del vostro linguaggio, cioè istintività e cura nei dettagli?

Per prima cosa, tendiamo a non voler mai provare qualcosa che non ci appartiene. Noi siamo quello che siamo fuori e dentro una sala prove, uno studio o sul palco. Abbiamo in primis sfruttato tutti i feedback dal primo album per migliorare certi lati (che anche a noi non convincevano). Anche questo disco è registrato in presa diretta, e quando fai un album in quella maniera è tutto istintività e botta. Che per noi è anche l’unico modo di fare il nostro doom. In realtà, dalla registrazione nella nostra sala al mix finale non c’è quasi per niente post-produzione. Il grosso del lavoro era bilanciare cosa è stato suonato nelle sedici ore che ci abbiam messo, e farlo andare su un disco. L’importante è scapocciare godendo duro, il resto non conta.

Di cosa parlano i testi? Cosa succede nel mondo del Magmafröst? Avete mantenuto un continuum con l’immaginario del debutto?

Devo premettere che per il nuovo album ho voluto affidarmi ai ricordi. Ovvero sono un po’ tornato ai giorni in cui da ragazzino stavo in camera mia ascoltando i primi dischi metal che mi passavano gli amici più vecchi e ascoltavo leggendo libri fantasy di continuo. Questo penso sia un passaggio emozionale che molti della mia età hanno fatto, e che ci siamo un po’ tutti dimenticati. Vorrei tornare indietro nel tempo e trovare quest’album in una bancarella polverosa di qualche fiera del disco, buttato là tra un Volume 4 di terza mano e un To Mega Therion appena uscito.

Innanzitutto, Magmafröst parla di un concept veramente basico del fantasy, ovverosia “Ghiaccio contro Fuoco” (leggasi a-là “Fire & Ice” di Ralph Bakshi) e, mettendola giù semplificata, i pezzi sono appunto suddivisi su queste due tematiche. Ho scritto una storia di una decina di pagine e da lì siam partiti a scremarlo per arrivare ai testi dei pezzi. Vorrei anche pubblicarla prima o poi… Abbiamo mantenuto i richiami agli autori fantasy come nel disco precedente, ma c’è moltissima farina del nostro sacco. Diciamo che è un paesaggio estetico alla vecchia, come si faceva negli anni d’oro del metallo urlante. Molta gente si affida alla definizione della propria musica come “post”, a me piace che la nostra sia considerata “proto”. Ci sono un sacco di citazioni da film e giochi di ruolo, libri e fumetti, e il riffing è ridotto all’osso per sottolineare in maniera efficace i testi. C’è anche una burzumata finale strumentale, per chiudere l’album in maniera più D&D possibile.

Il metal che facciamo è soprattutto immaginario. Infatti, ho sentito dire che uno degli scribani di The New Noise si aggira per Trieste urlando “MAGMAFRÖST” disperato, colto dall’estasi visiva che ci ha donato il Valhalla.

E ora? Prossimi progetti, live o quanto altro… Insomma, fatevi scappare qualche indiscrezione… grazie ancora una volta di tutto, last famous words.

Stiamo già facendo nuovi pezzi, ed ora ci muoveremo per qualche live più o meno grosso. Speriamo di trovarvi tutti li come scapoccianti furie pagane assetate d’amore.

Last famous words: ragazzi, smettetela di suonare quello che piace agli altri e fate solo quello che arrapa voi. Solo così il Bifrost si aprirà e diventerete berzerker immortali. Che Crom vi protegga.

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