THYSIA, Islands in Cosmic Darkness

È fuori da un paio di mesi il debutto dei Thysia, quartetto black metal veneto, che vede al suo interno Giorgio Trombino (polistrumentista siciliano già in Haemophagus, Bottomless, Assumption e tante altre band italiane) che qui appare a nome “Nefasto” in veste di chitarrista, autore dei testi e principale compositore. Il moniker della band è greco e fa riferimento al sacrificio rituale, per lo più di animali, che calza perfettamente su di un immaginario black metal nostalgico e che, per una volta, rende omaggio a temi più autenticamente mediterranei, pur non essendo l’album un concept. Tuttavia, in termini di sound, sembra di stare in Norvegia negli anni Novanta, ma con la maturità e la consapevolezza di oggi. È utile sottolineare che cantante (Fenrir), bassista (Nihil) e batterista (Mistyr, anche nei Messa) avevano già un progetto assieme, Nox Interitus, per cui la loro intesa musicale era già più che collaudata. L’impatto fornito da Nefasto in termini compositivi e sulle tematiche dei brani è una boccata di aria fresca: niente orpelli, niente virate atmosferiche, solo riff furiosi e ritmiche spietate alla vecchia maniera, si sente l’amore smisurato per i grandi maestri scandinavi (Darkthrone, Emperor, Aura Noir e Dissection, per citarne alcuni), ma anche per i primi Rotting Christ e per i Celtic Frost, la cui eredità non può essere ignorata.

Niente di nuovo, certo, ma l’esperienza maturata dai componenti è palpabile, come la loro innegabile onestà intellettuale: siamo di fronte a un album black metal che suona volutamente “vecchio”, nostalgico, ma al contempo ispirato e sincero, che fa un ottimo uso della lezione impartita dai maestri del genere e che si avvale di una produzione di buon livello, tale da non risultare una “brutta copia” né una forzatura. Da un punto di vista prettamente compositivo, è stato un lavoro collaborativo tra Nefasto, Mistyr e Nihil, tale da creare un equilibrio nel quale è possibile apprezzare pienamente la presenza dei loro tre ruoli: il fatto che su “Phrenes”, per esempio, il basso riesca a spiccare con doverosa prepotenza è una coccola per le orecchie di chi ha sempre un po’ vissuto male il ruolo marginale a cui è stato relegato nel black metal di quegli anni.

La cattiveria che trasuda “Communicating Halls Of The Netherworld” penso impressionerebbe anche i suddetti maestri ed è, a mio avviso, uno dei brani migliori di questo album di debutto. Non è mia abitudine dare suggerimenti su possibili capitoli successivi, piuttosto mi preme mettere in luce che l’estrema fruibilità di Islands In Cosmic Darkness lo rende adatto a introdurre al black metal degli eventuali nuovi ascoltatori curiosi, alla ricerca di un esaustivo compendio di “ciò che è stato”, ma con una produzione decisamente più godibile. Dal canto mio, non posso che augurarmi che i Thysia diano prima o poi un seguito a tutto questo.