Sulla collina coi Bull Brigade

Foto di Ettore Castellani – galleria completa su Relics

Festeggiare quindici anni di carriera è un traguardo sempre importante in ambito musicale, lo è ancora di più quando quei quindici anni sono stati spesi per raccontare un punto di vista diverso e con uno stile diverso. I Bull Brigade rappresentano uno specifico movimento culturale e musicale, il punk-hardcore, che a Torino ha avuto una lunga e intensa storia, grazie ad una vera e propria scena che dagli anni Ottanta continua ad esistere nonostante i tempi siano decisamente cambiati. La sera del 5 maggio all’Hiroshima Mon Amour è una vera e propria festa e l’aria che si respira è quella elettrica ed elettrizzante di certi ambienti in cui non c’è solo musica, ma politica, cultura, socialità e fratellanza. Facce storiche e visi nuovi testimoniano che esiste e resiste ancora una vita che nel sottosuolo, nell’underground, scalpita, si muove, ribolle. I Bull Brigade sono uno di quegli esempi e un numero impressionante di persone è la conferma di tutto questo, per non parlare della presenza sul palco dei Frammenti, Medusa e Flying Disk prima del loro concerto. Prima era d’obbligo scambiare due chiacchiere con Eugenio Borra, voce dei Bull Brigade.

Partiamo proprio dalla ristampa di “Strade Smarrite”. Possiamo parlare di un nuovo corso dei Bull Brigade?

Eugenio Borra: Sì, noi avevamo finito il tour de Il Fuoco Non Si È Spento ed eravamo arrivati ad un punto in cui stavamo pensando anche a come impegnare i mesi che stavano per arrivare e ci siamo resi conto che cadeva il compleanno di Strade Smarrite, il primo disco che ha un po’ lasciato il segno di quello che è il nostro movimento. È un album mai passato di moda e che oltretutto ci veniva sempre richiesto ai live. Quindi da una parte c’era il fatto che erano finiti i supporti in vinile, dall’altra c’era la volontà di riprendere in mano certe canzoni. Abbiamo unito un po’ tutte le cose con questa ristampa e dedicando il mese di maggio al tour per suonare queste canzoni.

E poi c’è “Sulla Collina” in una versione inedita, a rimarcare l’importanza di questo brano non solo in ambito musicale ma culturale in senso ampio.

Quello è stato un altro passaggio fondamentale avvenuto quando non si poteva suonare in elettrico per via della pandemia. Stavano ricominciando ad aprirsi le possibilità di fare live, in particolare per noi in acustico, e quindi ci siamo messi a lavorare a questo progetto portato poi un po’ in giro per tutta l’Italia con una scaletta di cinquanta minuti circa. Diversi pezzi hanno funzionato molto bene e “Sulla Collina” era una tra le più riuscite, per questo l’abbiamo aggiunta come bonus track al lavoro che stavamo facendo. Abbiamo cercato di dargli quel sound che riportasse all’atmosfera da vecchia birreria.

Voi come Bull Brigade – ma nel genere è frequente – avete un collegamento con il calcio, con il tifo. Poi questa canzone in particolare.

Ci aveva già portato diversi risultati, anche perché dopo poco è entrata in heavy rotation negli stadi, la mettevano quando le squadre si riscaldavano. La registrazione non era delle migliori perché erano i Bull Brigade ventenni con poca esperienza e quindi abbiamo cercato di renderle più onore, farla diventare più fruibile non solo per i malati del genere ma un po’ per le famiglie, per tutti.

Parlando invece proprio di calcio, argomento sempre caldo e in particolare in questi giorni a ridosso della vittoria del terzo scudetto del Napoli. Com’è il calcio oggi rispetto anche a quando è stato scritto questo brano?

Sicuramente sono cambiate un sacco di dinamiche. Ma già il 2006, quando uscì la canzone, fu l’anno in cui il Toro fallì, in cui il sistema era in collasso pieno, c’erano una serie di situazioni che avevano portato all’insostenibilità di tutto l’impianto calcio, tipo i presidenti “vecchia maniera” che comprano la società e fanno i presidenti. E quindi le prime quotazioni in borsa, i primi fondi, l’aumento degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti tv e tutta una serie di manovre che comunque con una regia ben precisa stavano spostando un po’ tutto per creare una situazione più elitaria. Ovviamente a svantaggio di realtà meno performanti sotto certi punti di vista, e comunque quello che è successo oggi è un po’ una rivincita se pensiamo che il Napoli in quegli anni era ripartito dalla Serie C. Un sistema che dopo quindici anni sembra stia lentamente implodendo e speriamo si riesca un po’ a ritornare a una dimensione che renda il calcio più competitivo anche per le realtà più piccole.

Al disco, la prima stampa del 2008, hanno partecipato anche Marco Balestrino (Klasse Kriminale) e Saverio Sgaramella (Woptime), ora la ristampa porta la firma di Gigio Bonizio dei Church Of Violence per la grafica: un insieme di nomi che con il vostro racconta una storia musicale di Torino importante, fondamentale, anch’io mi sono formato con questi nomi. Com’è la scena oggi a Torino?

Tutto è cambiato attorno a noi e in maniera spaventosa: il modo di vivere, di affrontare la musica e anche la città di Torino che non è riuscita più a ricostruirsi una sua identità dopo che la grande fabbrica automobilistica è emigrata altrove. Quindi cambiamenti sociali e musicali insieme, ovviamente certi legami sono rimasti perché Gigio è la persona che ci ha cresciuto, con cui ci siamo formati esattamente come è successo a te, e poi lui stravede per noi per i risultati che siamo riusciti ad ottenere. Mi sembrava giusto avere un suo contributo all’interno di quello che era ed è un disco importante.

Per la vostra esperienza, ci sono ancora i ventenni che seguono un certo movimento musicale e culturale?

Ultimamente c’è una carenza di interesse però devo dire che con il nostro nuovo disco, Il Fuoco Non Si È Spento, si sta riattivando in maniera pazzesca il circuito (e io posso confermare la presenza di molti adolescenti, alcuni accompagnati dai genitori, quella sera al concerto, ndr). Abbiamo fatto un evento in Barriera di Milano e sono venuti dei ragazzini che facevano le cover dei Bull Brigade, quindi vuol dire che abbiamo seminato bene e che non è detta l’ultima parola. Il membro più giovane che abbiamo adesso in banda ha trent’anni, non è più come alla fine degli anni Novanta in cui tutti volevano avere una band, in ogni cantina si suonava.

La causa bisogna ricercarla anche nella drastica diminuzione di luoghi in cui poter suonare?

È proprio il cambio di dinamiche, la musica è diventata usa e getta, il culto dell’apprendimento è cambiato; una volta per sapere come funzionavano le cose dovevi andare ad un concerto, vederle con i tuoi occhi, non potevi registrarle, eri attento anche agli adesivi che erano sulla chitarra della determinata band perché poi ti veniva voglia di scoprire a chi appartenessero quei nomi stampati. E quindi c’era un modo di fruire e di costruirsi una cultura, sottocultura, che era lento ma dava solidità, perché più riuscivi a frequentare, più cose sapevi e imparavi e più potevi essere bravo a suonare. Adesso ci sono le stories, roba istantanea e… vedo i miei figli, non ce n’è uno che abbia interesse verso questa roba. Ascoltano ovviamente i Bull Brigade perché ce l’hanno in casa, però in generale Trap.

Da padre ti viene voglia di fargli conoscere quel mondo oppure lasci che scelgano da soli?

Sto facendo un pezzo con l’autotune adesso, però è un esperimento, una stupidaggine assolutamente (risate, ndr). A me piace raccontargli tutto quello che c’è dietro determinate storie, spiegargli come stanno le cose e che per raggiungere degli obiettivi bisogna essere capaci di pensare e mettere in pratica i passaggi necessari. Però loro sono nati nel 2010, io sono nato nell’Ottanta, quindi è cambiata la musica.

Come vedete da qui in poi la vostra storia? Immagino vogliate continuare finché ce n’è.

A dire il vero c’è stato un periodo in cui pensavamo di mollare, poi siamo riusciti a fare delle cose fighe e adesso sì, siamo determinati perché vogliamo vedere come va a finire.

Avete fatto anche un paio di date all’estero, com’è andata?

Una a Londra e l’altra a Berlino e sono andate benissimo, perché comunque sono due città piene di italiani e quindi tanta gente che voleva risentire quel disco. E quindi sì, una figata.

E stasera?

Stasera è sold out il concerto.