SPIRITUS MORTIS, The Great Seal

Esce per Svart Records il quinto disco della band finlandese che aveva esordito sempre per quest’etichetta nel 2016 con The Year Is One. Come questo The Great Seal (e tutti quelli in mezzo), The Year Is One era composto mantenendo ben chiaro il principale genere di riferimento del gruppo: il doom metal più “tradizionale” e definito. Sarebbe però ingiusto ridurre l’intera discografia del quintetto attivo dal 2004 a una mera riproposizione by the book di formule post-sabbathiane già sentite e strasentite. Anche gli album precedenti mostravano più influenze che li differenziavano l’uno dall’altro o avevano elementi aggiuntivi rispetto alla matrice doom: in The God Behind The God c’erano tendenze thrash e NWOBHM nella composizione o nella voce che negli acuti tradiva la fascinazione per gli Accept dell’epoca Udo, mentre in The Year Is One si vedeva una maggiore lentezza, coi riff che suonavano come un tributo a Pentagram e Obsessed.

Il nuovo lavoro, che gode di un’ottima produzione, può essere visto come un definitivo incontro di tutti questi elementi in un solo album. Otto brani in cui le atmosfere funeree e i riff riecheggianti i gruppi storici del genere incontrano una maggior sicurezza vocale che riabbraccia gli acuti della “nuova ondata” di cui sopra, mentre gli arrangiamenti vedono cambi di tempo, assoli e intermezzi strumentali che ci riportano a quel clima (“Khristovery” è magistrale da questo punto di vista) con momenti di apertura più “epicheggianti” (ma senza risultare invadenti o fuori luogo). Un disco che scorre bene, con pochi momenti di “piattume” o brani filler che facciano calare l’attenzione, e che rappresenta senza dubbio un passo avanti per una band capace, con voglia di fare buonissima musica e che non deluderà gli appassionati del/dei genere/i.