PAUL JEBANASAM, Continuum

Continuum

Paul Jebanasam, originario dello Sri Lanka e attualmente di stanza a Bristol, gestisce la Subtext Recordings assieme a James Ginzburg (Emptyset) e Roly Porter. Si tratta di un’etichetta riattivata dopo un periodo di stasi, che ha il pregio di avere un’identità: Continuum, ad esempio, sembra proprio parente di Third Law. Subtext è parte di una realtà più grossa, che si chiama Multiverse Ltd., attraverso la quale questi uomini, da dentro un bello studio comune (per quello che capisco) producono musiche per spot pubblicitari, videogiochi, film o trailer di film. Una cosa mi ha colpito: Jebanasam ha lavorato per i Transformers, quelli di Michael Bay. Questo è opera sua.

Paul, insomma, di mestiere si occupa di megalomanie, di botti, di lusso (ho visto anche lo spot di un suv nel suo portfolio), di generare quella meraviglia un po’ bambinesca e un po’ no di fronte all’immenso e alla tecnologia, e – a rifletterci – sembra farlo anche con Continuum, come se non fosse così differente per lui affrontare Megatron e Optimus Prime oppure un vero reattore nucleare, quello costruito dagli inglesi per provare la “fusione” e protagonista della copertina di questo suo disco. Immodestamente, ma anche con lo slancio e l’ambizione che servono, Paul s’immagina una storia che “esplora la vita, il potere e l’energia presenti nell’universo” e ce la fa ascoltare usando un linguaggio sviluppato ai tempi in cui faceva dubstep (fondato dunque sui sound system e su bassi squarcianti), sfruttando forse la sua esperienza professionale e tentando di allontanarsi idealmente dai club. Sotto al rumore e alle esplosioni che caratterizzano l’album accenna anche alla musica classica, come se stessimo sentendo una possibile versione di Cosmos di Murcof – già di per sé un disco che a determinati volumi comprometteva impianti stereo – aggiornata all’emotività e al massimalismo un po’ da Playstation dell’ultimo Frost, senza dimenticare un altro che secondo me al cinema guarda robe tipo i Vendicatori, cioè Shapednoise, e senza citare di nuovo gli amici Emptyset e Roly Porter. Tre tracce per una durata complessiva di quaranta minuti, devastanti e con un fondo di melodia che comunque dona al tutto una dimensione cinematografica, oltre che in qualche modo “sacra” (penso ai dischi precedenti di Paul). Gli appassionati di fantascienza non dovrebbero perdersi Continuum per nessuna ragione al mondo, ma a volte sembrerà loro di guardare i Transformers, non “Odissea nello Spazio” o “Alien” o – che ne so – “Sunshine”, un film di Danny Boyle che mi è venuto in mente perché i protagonisti finiscono nel sole con la loro astronave: questo parallelo per dire che poi ognuno farà le debite proporzioni tra (legittimo) intrattenimento e qualcosa di “artistico”, da interiorizzare. Per me Jebanasam oscilla tra questi due poli, e lo ascolto spesso quest’anno nel tentativo di fermarlo.