Ndox Electrique e Mayssa Jallad

Due sono le ragioni per riunire i due dischi dei quali parleremo.

Ragione n. 1: album entrambi estranei al nostro decadente impero d’Occidente, per questo particolarmente motivati, originali, sorprendenti. Il primo, registrato in Senegal, è del progetto Ndox Electrique del veterano François-Régis Cambuzat (L’Enfance Rouge, Il Gran Teatro Amaro, Ifriqiyya Electrique, Lydia Lunch’s Putan Club…), il secondo, registrato a Beirut ed edito da Ruptured Records, è quello della giovane interprete libanese Mayssa Jallad, ex trio Safar.


Ndox Electrique, uscito il 3 novembre per la sempre più indispensabile label ginevrina Bongo Joe Records, registra la ricerca sul campo di Cambuzat e Gianna Greco (basso) nelle comunità rituali e fra i musicisti della regione dei fiumi interni del Senegal (“Ndox” significa “acqua” nella lingua Wolof). È una musica selvaggia, ipnotica, percussiva, su cui la chitarra, spesso distorta, di Cambuzat interviene con coerenza armonica sui cori, sui battiti dei musicisti senegalesi coinvolti nel progetto, estremizzando, qualora ce ne fosse bisogno, il lato oscuro e tribale del canone adorcistico, modalità ancestrale, rito magico autoctono di possessione nelle cerimonie n’doëp che da oltre cinquecento anni sono in uso fra gli adepti Gnawa, Stambeli, Diwan, Stambeli, Banga, popolazioni ridotte in schiavitù dalle comunità allogene arabe-mussulmane, al fine di evocare spiriti demoniaci ed indurli a impossessarsi di qualcosa o qualcuno, giusto l’esatto contrario delle pratiche esorcistiche. Sono dieci brani, per un totale di quarantacinque minuti convulsi, di pura energia primordiale, poliritmi indiavolati (eh sì), un lavoro che si pone al fianco a pietre miliari di riferimento come My Life In The Bush Of Ghosts, Remain In Light… ma… in versione originale, senza i sottotitoli del rock’n’roll. Vedersi il video di “He Yay Naliné” per credere! Trattasi qui dell’indiscusso potere evocativo della musica africana ed ennesima prova del talento e dell’intuito straordinario di Cambuzat, che dai tempi di Notre Dame Des Naufragés (St Malô Perdono) del 1988 non ha mai smesso di divulgare, indagare, attraversare culture “altre” e soprattutto di stupirci.

Collettivo Ndox Electrique:

Awa Mbodji : canto
Ndeye Coumba Mbaye Kebe : canto
Oumar Ngom : nder, mbëng-mbëng, thiol, tama & coro
Mouhamet “Sangue” Sambe : nder, mbëng-mbëng, thiol, tama & coro
Mamadou “Pape” Ngom : nder, mbëng-mbëng, thiol, tama & coro
Cheikh Ma Djimbira “N’digueul” Ndiaye : nder, mbëng-mbëng, thiol, tama & coro
Aida Touré : sabar & coro
Rokhaya “Madame” Diène : canto principale
Adjaratou “Oumou” Diène : coro
Mar Faye : mbëng-mbëng
Ndiaga Mboup : tunguné & tama
Abdou Seck : thiol & talmbath
Gianna Greco : basso, coro, computer & video
François R. Cambuzat : chitarra, coro, computer & video

Coro del “Fanal de la langue de Barbarie”: Rokhaya Mbaye – Gamou Dieng – Fatou Aladji Mbaye
Ousmane Ba: flauto peul tambing.
Abdoulaye Ndiaye “Pape Laye”: n’döepkat & guida spirituale, maestro-guaritore e guardiano del tempio di Rufisque.

Completamente diversa l’atmosfera che aleggia sul primo disco solista di Mayssa Jallad, ma altrettanto urgente è l’intenzione che lo anima. Marjaa: The Battle Of The Hotels, titolo anticipatore dell’argomento che ispira musica e testi, è un racconto che ci riconduce alla tristemente nota “Battaglia degli Hotels” nell’area di Minot-el-Hosn (quartiere degli alberghi di lusso) che insanguinò Beirut dall’ottobre 1975 all’aprile 1976 durante il corso dell’infinita guerra civile libanese. È musica dolente ma assolutamente meravigliosa, che traccia anche l’interesse specifico di Jallad per l’architettura della sua città e di come la storia e la conformazione dei quartieri sia stata determinante nella contrapposizione tra fazioni rivali. Le composizioni, interpretate dalla sua voce forte ed espressiva, sono tanto dolci come il miele (mai un lamento) quanto amare come il fiele. Collaborano Fadi Tabbal ai synth, elettronica e chitarre, Farah Kaddour al buzuki, Youmna Saba all’oud, Pascal Semerdijan percussioni e Marwan Tohme alla chitarra acustica: un lavoro collettivo che narra e ricorda una delle pagine più cruente e drammatiche della storia di Beirut, con i racconti e le voci dei sopravvissuti oltre alle registrazioni originali del tragico quanto consueto sound-design di ogni guerra, esplosioni, colpi di mitragliatrici, bombe… ma lo fa con una purezza estetica cristallina assoluta. Guardando il video del brano “Markaz Azraq (December 6)”, ascoltando Haigazian (October 22), “Etel”, “Holiday Inn (January To March)”, “Kharita”, “Al Hisar”, “Mudun”, “Burj Al Murr” se non ci si stringe il cuore significa allora che siamo morti anche noi! Opera che va oltre il mero valore artistico per farsi testimonianza ineludibile.

Ragione n. 2: Ndox Electrique e Mayssa Jallad saranno ad Utrecht all’interno della sedicesima edizione di Le Guess Who? (9-12 novembre), noi ci saremo per raccontarvelo.