ANKUBU, RA_72_5

Ankubu continua a descrivere gli effetti della psiche sul corpo, paragonando gli umani a delle macchine che vanno in cortocircuito e non rispondono più ai comandi: non a caso il primo pezzo si intitola “Tunnel Vision” e descrive una catastrofe interiore tramite campionamenti “percussivi” che fanno tanto videogioco in tilt. L’ho già scritto in passato: se andiamo ad ascoltarci un po’ di roba transitata per Subtext (etichetta di Ginzburg degli Emptyset), troviamo un’estetica simile, però Marco ci mette del suo, prendendo da più fonti per crearsi un suo spartito (siamo entrambi fan di David Sutton/LXV, se devo nominare un’influenza meno scontata). RA_72_5 è un album difficile, perché destrutturato e senza schemi, ma sempre molto teso e carico d’inquietudine, che è alla fin fine quello che vogliamo da dischi così. Per lo stesso motivo anche le atmosfere fantascientifiche (mi vien da scrivere cyberpunk) e una certa bravura nel trasmetterci delle immagini tramite i suoni sono le benvenute. Per fare degli esempi, una traccia come “Dim”, disturbante e inspiegabile come una scena di “Inland Empire” infilata in “Blade Runner”, vorrebbero averla pensata in molti, e lo stesso discorso vale per “Gift”, buona per la serie “Black Mirror”, quindi siamo ancora una volta sulla strada giusta.