THE HANDSOME FAMILY, Hollow

Brett e Rennie Sparks suonano insieme da 30 anni. Era il 1993 e da Chicago presto si spostarono ad Albuquerque. Anni amari, anni dolci, anni vissuti insieme, nella musica e nell’amore. Qualche guizzo, quasi mai dipeso dalla loro produzione, ma dallo sguardo che il mondo e i media hanno dato talvolta ai loro dischi. Una decina abbondante gli album, diversi live registrati, e pubblicati. E ora? 11 storie ancora, tra zanzare, paludi e boschi, misteri, slanci melodici e ambienti che solo la provincia americana può raccontarci. L’inizio è rappresentativo dei loro mondi, tre brani, tre strike: una “Joseph” terrosa ed epica, “Two Black Shoes” oscura e carezzevole, una “The King Of Everything” radiosa e pronta per l’airplay. Del resto il country è in grado di abbracciare infiniti mondi, Brett ha una voce che è velluto scuro e ogni racconto è un capitolo di un libro più grande, che va da Faulkner a Twain, fino a Ligotti. Quando si rifanno alla tradizione pura, come in “The Oldest Water”, sono brividi e par di vedere i paesaggi riempirsi delle persone che ci hanno preceduto e delle loro storie, in un microcosmo che è un’altra Spoon River. Una “Mothballs” tanto intensa che non sfigurerebbe fra o banchi di una chiesa, una “To The Oaks” trascinante nei rintocchi di voce e strumentazioni, fra boschi ed ombre. Gli Handsome Family sono questo, da una vita: reali e onesti come pochi, capaci di mettere liquori e veleni nei fumi di una canzone come “Strawberry Moon”, che avvicina il New Mexico a una sorta di Oriente immaginario. Siamo quasi al termine, giusto una brillante “Invisible Man” con i suoi raddoppi vocali e la sua lap steel, l’ombra di Johnny Cash mai così vicina. Tempo di chiudere, ora, con una “Good Night” che non potrebbe essere commiato migliore. Un altro centro pieno per gli Handsome Family, coppia che suona e canta in maniera stupenda con la stessa facilità con la quale molto di noi respirano…