LORIS CERICOLA, Memory Hole

D’entrata ci si ritrova sotto al palco di un teatro orientale, tra corde e canti che vengono in qualche modo corrotti da un sintetizzatore. Parliamo ancora di Loris Cericola, dopo essercene occupati per Metaphysical Graffiti del 2022: un satellite orbitante fra sci-fi, musica sperimentale e tradizioni storte. I suoni di Cericola sembrano gonfiarsi prendendo sempre più volume in maniera inquietante. Se nel precedente disco il parallelo migliore mi sembrava essere quello con un bulboso Bill Nace, qui siamo nello spazio più krauto, ad aggiungere un coperto fra i corrieri cosmici degli assolati Siebzig Jahres. Prima abbiamo le figure ripetute e grondanti psichedelia: quelle della title-track, che riesce a traslare quasi un’idea di dub partendo da strutture altre rispetto alla Giamaica. Poi buchi neri nati da residui sonori come “141219” e un “Nocturne”, che riesce a tenere aperta una porta fra romanticismo, tensione e fantascienza. Altrove s’incontrano parti che sembrano provenire da una sorta di passato sonoro comune a tutti noi, a rievocare stati d’animo e pathos come in una “Sonic Flowers” che trabocca di sensazioni riaccese. Con “Technical Ecstasy” siamo nella New York di inizio anni ’60 assieme al sindacato del sogno, a spremere stille di vita da ogni nota e da ogni onda.

Per uno scherzo del destino, subito dopo, Cericola decide bellamente di riprendere uno dei miei brani della vita (nonché di sicuro il brano che vorrei fosse suonato quando lascerò le spoglie umane e terrene), una “We Will Fall” che si dimostra viva e reattiva come un rettile, aprendosi fino a trasformarsi in cattiveria feroce che tutto ripulisce. “Romero” chiude con uno spernacchio un disco frizzante e bizzarro e, proprio per questo, da noi parecchio ben accolto!