TARA CLERKIN TRIO, In Spring

Ebbene, è arrivato il primo disco che annuncia la primavera, che già si intuisce nell’aeree: In Spring dei bristoliani Tara Clerkin Trio, magnifico ep su etichetta World Of Echo, appena 26 minuti che fanno seguito al loro fresco, bello ed intenso eponimo debutto del 2020.

Reminiscenze di Raincoats, della Poly Styrene solista (in uscita “I am a Cliché”, film sulla vita e la musica di Marianne Elliot-Said), ma anche di Weekend e Carmel: insomma, di quel magnifico periodo di inizio anni Ottanta in cui il post-punk incontrava il jazz, con un’attitudine dolce che mai più ritroveremo, coinvolti in una furiosa – quanto effettivamente giustificata dalle sempre peggiori condizioni dello scontro sociale – onda post-punk, industrial, doom…

Il trio è formato da Patrick Benjamin, Sunny-Joe e, appunto, Tara Clerkin, che qui sembra aver messo da parte i precedenti giovanili psych-rock per rivolgersi a un suono più astratto, altalenante e zoppicante, in equilibrio tanto precario quanto sorprendente. Bristol è la città da cui sono partiti per conquistare il mondo musicisti del calibro di Massive Attack, Tricky, Portishead, Movietone e dei grandissimi Crescent; e se certo la loro lezione non passa inosservata ai nostri, è poi una vera goduria ascoltare la musica di questi tre giovani musicisti, che muovono i loro passi indicando una direzione inaspettata e nuova per ciò che un tempo si sarebbe definito trip-hop.

Già l’esordio di due anni fa (obbligatoriamente da recuperare!) aveva perle di originalità e di maturità – “Gold Bar” “Hellenica” “In The Room” “There will be Time” – ma, inserendo un’ulteriore spezia di esistenzialismo romantico, In Spring è pura magia: si comincia con gli otto minuti di “Done Before”, dove accordi di pianoforte ripetuti in loop ci trasportano in una zona franca interiore; poi arriva la voce, con i versi Your eyes reflect the sky/Only half the time/Does it feel easy?, dunque il violoncello, poi i fiati e, a quel punto, siamo completamente ammaliati, una dimensione intima non semplice. Con il secondo pezzo “Night Steps” ci addentriamo in una Bristol più riconoscibile, sembra di ascoltare una versione liquida e amniotica dei Portishead, mentre è sempre la linea melodica del pianoforte, intrappolata nel beat della batteria, a farla da padrone. Con “Memory” i fiati ed il violoncello si sciolgono in una ambient acustico, il pianoforte disegna un paesaggio fluttuante, finché la batteria prende il sopravvento e ci riporta dolcemente a terra. In ultimo la title track, con una introduzione enigmatica che si risolve in una vera esplosione di colore.

Brano dopo brano, l’esercizio di scoprire le carte del gruppo si fa sempre più sofisticato: si gioca a rimpiattino con l’ascoltatore, per sorprenderlo; e, di giocare, vale davvero la pena, perché non sai affatto dove ti vogliano portare.

In Spring è già più di una promessa mantenuta, ma il Tara Clerkin Trio ci riserverà ancora sorprese e delizie; e poi, si sa (anche se il verbo ridere fa o forse proprio per questo): in primavera è bello fluttuare!