STEFAN CHRISTOFF, In Sofia

Guardando la copertina di In Sofia ci si ritrova immediatamente nelle tematiche sostenute da anni da Stefan Christoff, musicista canadese di stanza a Montreal ma di origini macedoni, attivo come coordinatore del progetto Musicians for Palestine e musicalmente come Anarchist Mountains insieme a suo fratello Jordan, senza contare una miriade di altre avventure.

In questo caso lo troviamo a Sofia, in Bulgaria, insieme a Yoncho Pavlov, uomo di studio conosciuto dopo due anni in cui ebbe la possibilità di esibirsi in concerti pianistici ospitati dallo show radiofonico “Alarma Punk Jazz”. Due brani per circa 45 minuti di musica che prende ispirazione dai concerti in solo di Keith Jarrett e dal misticismo di Gurdjeff. Riferimenti importantissimi che però lasciano il tempo che trovano, dando a noi a possibilità di liberarci dall’azione e ammirare il volo delle rondini e di Stefan Christoff, che riesce a spremere il pianoforte in un prima parte dolente e romantica che sembra dimenarsi cercando di forzare gli spazi nei quali si ritrova, con un suono a tratti grave, terreno, ancorato al suolo. La seconda parte sembra essere il contraltare più “lirico” della prima, quasi il versante femminile del disco, con Christoff che sfrutta rintocchi e note come gocce che possano erodere le pareti della sua cella. Ha una dinamica perversa questa “Part 2”, è in grado di tramortire con note ferme e terree e di farci librare in volo da un momento all’altro. In Sofia non è un ascolto semplice, ma è un lavoro sincero, onesto e sofferto, ci trascina in giro senza una direzione e senza sapere se la via intrapresa sarà quella corretta. Ma del resto forse l’importante è che si salvino gli uccelli, forse è a loro che questa musica è dedicata, noi ci limiteremo ad elucubrare, a muoverci con il pensiero piuttosto che con le gambe, e forse questa sarà la nostra fine. Forse basterebbe solo smettere di ascoltare senza raccogliere il senso del senso delle cose ma, finalmente, agire.