PIL, End Of World

A 8 anni dall’ultimo disco i PIL tornano in grande stile con tredici nuovi brani preceduti da tre singoli importanti come l’elegiaco “Hawaii”, dedicato da Lydon alla moglie scomparsa Nora Forster (fu promoter per artisti come Hendrix e Genesis), il minaccioso “Penge” e il sintetico-ma-rock’n’roll “Car Chase”. Questi i compagni di strada di Johnny per l’undicesimo album a nome PIL: il chitarrista Lu Edmunds, ex Damned, Bruce Smith, batterista passato per formazioni come Slits e Pop Group, Scott Firth, al basso anche con Elvis Costello e in pianta stabile nei PIL dal 2012.

Questo progetto dadaista – definito così dallo stesso Lyndon, ispiratosi per il nome al romanzo di Muriel Spark – prosegue il suo percorso tortuoso e scorretto politicamente: “LFCF” (che sta per Liars, Fakes, Cheats, Frauds) cerca lo scontro coi Sex Pistols sopravvissuti (“Non potreste scrivere quello che scrivo io, non potete fare quello che faccio io”), rei di aver accordato i diritti per le musiche della serie tv “Pistol” diretta dal regista scozzese Danny Boyle, “Being Stupid Again” è critica – ed è molto imbarazzante – col finanziamento pubblico dell’istruzione in Gran Bretagna (“Quanti soldi per l’istruzione, io non li pago”), nonostante a cantare sia uno che è residente in California, “Walls” è ostile agli immigrati latino-americani, “Pretty Awful” è idiota quanto misogina, “Pretty Stupid” è contro le nuove tecnologie e – così mi pare – il movimento LGBT, perché Lydon alla fin fine è diventato un vecchio moralista. Da sempre, in ogni caso, abbiamo a che fare con un controverso paraculo, basta pensare al suo endorsment dell’ex (speriamo rimanga tale) presidente Donald Trump, di cui letteralmente ha detto: “Non è una brava persona, non ha mai finto di esserlo (non è vero, ndr) ma non è un politico. Per me il pericolo vero è la routine delle stesse vecchie facce in entrambi i partiti. Washington D.C. è una fogna e per me è stato piacevole sentire Trump dire certe cose”. Resta sempre il dubbio se ci faccia o ci sia (direi la seconda), poi però ci sono le cose buone, ottime di End Of World, come “Down On The Clown” (basso dub incalzante di Scott Firth, chitarra sporca e riff implacabile da-urlo di Edmunds), “The Do That” (puro Lydon/Rotten style delle origini), “Dirty Murky Delight” (cantata “elegantemente”, dando grande spazio alla batteria di Smith), la stessa “Car Chase” (ritmo frenetico, sintetizzatori pulsanti, un testo che racconta la fuga notturna da un istituto psichiatrico di un paziente piagnucoloso ma decisamente ribelle). E ancora: “Strange” è una sorprendente ballata, un inno alla bellezza, la title-track ha impeto ed un gran riff di chitarra metal-alieno. End Of World, per farla breve, sarebbe un grande album, bello cupo e inevitabilmente pessimista, se fosse solo strumentale! Bando alle iperboli, vogliamo sempre bene a JL per innumerevoli quanto validi motivi e poi la musica del disco è sul serio a tratti irresistibile. God Save Lydon, God Save the PIL.

P.S.: notizia tristissima: è scomparso il sette agosto Jamie Reid, l’artista che più di ogni altro ha influenzato l’estetica punk dal 1975 in poi, realizzando imprescindibili lavori grafici dedicati alle pubblicazioni free-press anarchiche inglesi come anche le storiche copertine di Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols, dei singoli “Anarchy In The UK”, “God Save The Queen” ( in cui modificò un ritratto di Elisabetta II), “Holidays In The Sun” e “Pretty Vacant”. La sua ultima foto lo ritraeva assieme a Jah Wooble, e qui il cerchio si chiude.

Tracklist

01. Penge
02. End Of The World
03. Car Chase
04. Being Stupid Again
05. Walls
06. Pretty Awful
07. Strange
08. Down On The Clown
09. Dirty Murky Delight
10. he Do That
11. L F C F
12. North West Passage
13. Hawaii