Questa È Roma Fest Open Air Festival, 25/6/2022

Roma, Parco Schuster.

Ne necessitavamo come l’aria, di Marina Sersanti

Il tanto atteso ritorno del Questa È Roma Fest si potrebbe descrivere metaforicamente come una bolla di emozioni che premevano per uscire, una miccia pronta a scoppiare.

Dopo due anni d’annullamenti e altri cazzi vari, ne necessitavamo come l’aria per i nostri polmoni.

I ragazzacci della Rotten Inc Roma hanno servito nuovamente un piatto senza pari, confermando che questo festival è una delle migliori kermesse di musica estrema in giro, oltre che un appuntamento imperdibile. La loro crew guidata da una attitudine verace e molta esperienza ha dimostrato a tutto il baraccone degli eventi live degli ultimi anni come solo grazie a un famelico sporcarsi le mani per valorizzare un comune modo di essere si può realmente contrastare la frustrazione sociale che avanza.

Sedici band si sono date il cambio su due palchi in una delle migliori staffette che voi possiate immaginare: si è passati dallo street punk al punk rock, al punk’n’roll, all’oi! e al grind. Una miscela di ossigeno puro per chi vive appieno il punk e l’antifascismo.

Puntualissimo come un orologio svizzero, alle quattro spaccate, il trio punk romano delle riot grrrl Molestya parte a cannone sparando testi dritti, senza peli sulla lingua e ci prendono a calci nel culo, delle streghe di cui zia Kim Gordon sarebbe molto fiera.

Il thrashcore si prende scalpitante la parte centrale del pomeriggio: gli Spoiled, con cantante nuova di zecca, propongono un set al cardiopalma, urla sguaiate, riff taglienti come cesoie, doppia cassa da distruzione. Attendevamo con molta curiosità questo set e devo dire che le aspettative sono state più che confermate. I ragazzi hanno parecchi assi nella manica, li usano senza mezzi termini e con molta consapevolezza.

Gli Antidigos, realtà raw anarco crust thrash punk di Bari, presentano il loro album L’Amor Mio Non Muore. Con una storia decennale alle spalle, sono uno dei gruppi più liberi e schierati politicamente del nostro circuito underground. Riuscendo a portare sul palco la propria rabbia e il proprio dissenso verso la società, il loro set è una montagna russa di ritmi spaccaossa, assalti diretti, disseminano anthem antifascisti con il coltello tra i denti.

Neid

Un po’ per vicinanza affettiva un po’ per comunanza estrema al feedback nefasto, fatto sta che il set dei Neid era quello a cui più mi premeva di assistere. Set dissacrante, unici nel loro personale assetto, blastbeat ciclico, riffing da teca, gorgoglii cavernosi, insomma una macchina da guerra umana che sa costruire un flusso inarrestabile e un corposo disastro sonoro che culmina nell’istante in cui ci siamo ritrovati tutti umanamente abbracciati e coinvolti a cantare a squarciagola “All Cops Are Bastards”.

Passando da un palco all’altro, tra diversi stili proposti, c’è da dire che quando ascolti un live-set dei Sud Disorder capisci perfettamente quali sono le loro radici e che cosa smuove la loro ricerca espressiva. Set molto parlato, il che rende ancor più coinvolgente l’ascolto: nel loro sangue scorre il punk hardcore, fatto col cuore che spara a zero sugli abusi della nostra cara classe politica e dei suoi damerini in divisa. C’è spazio anche per i romanticoni con “Questi Anni” dei Kina, a conferma di come la combo tarantina sia figlia di quel lascito embrionale del punk hardcore degli anni Ottanta.

Sud Disorder

Quando a muovere i fili c’è la passione, di Michele Giorgi

Come ha ben detto nella sua introduzione Marina, c’era davvero bisogno di questa giornata, soprattutto per chi come me ha nel Questa È Roma Fest un appuntamento imperdibile e un’occasione più unica che rara per vedere in azione il meglio della scena hardcore punk e incontrare amici da cui il distanziamento sociale ci aveva forzosamente tenuti lontano.

Quest’edizione ha avuto dalla sua varie peculiarità, la prima è di essersi tenuta all’aperto e in estate anziché a gennaio, la seconda è di aver schierato solo band italiane, il che non ha tolto un briciolo di consistenza al tutto, vista la chiusura affidata addirittura ai Bloody Riot riuniti per ricordare il cantante Roberto Perciballi, una personalità talmente carismatica e importante da richiedere non uno ma ben due cantanti a rendergli omaggio: Valerio “Iguana” Lazzaretti e Simone Lucciola, non certo degli illustri sconosciuti e soprattutto legati in modo speciale ai Bloody Riot e al loro frontman. Set ricco di emozioni e di pathos con i tremila presenti a cantare dall’inizio alla fine insieme ai padri assoluti del punk romano e capace di aggiungere ulteriore portato emotivo con l’esecuzione di “If The Kids Are United” dedicata ad un’altra amica scomparsa (ciao Roberta, ndr).

Bloody Riot

Per il resto, la scaletta era al solito ricca di nomi capaci di coprire l’intero spettro del punk, così da offrire ai presenti un menù tanto ricco quanto sfaccettato, figlio di un’attitudine inclusiva e al di fuori di logiche settoriali. Oltre alle band su cui si è soffermata poco sopra Marina, vanno segnalati i veterani Nabat, che hanno coinvolto tutti i presenti con i loro anthem ormai entrati di diritto nella storia del punk mondiale, con uno Steno capace di tenere in pugno il suo pubblico esattamente come quando ha innescato la miccia di quell’esplosione che ancora non cenna a spegnersi, come i molti ragazzi presenti oggi hanno ampiamente dimostrato. Altro nome storico i Mele Marce da Reggio Emilia, band attiva da metà anni Novanta e tornata recentemente con un nuovo album intitolato Vive Ancora, anche per loro calorosissima accoglienza dei presenti. I padroni di casa sono stati rappresentati da ben tre band, ovverosia i No More Lies, il cui microfono saldamente impugnato dal Marinaio è riuscito comunque a superare le difficoltà logistiche del palco alto per venir condiviso con il pubblico, gli esplosivi e potenti Failed, guidati dal Teschio per un cocktail di hardcore punk e sfumature thrash, e i Cheapheads, sempre lui alla voce, dal tiro più punk-rock e tra le sorprese della giornata, vista l’inedita veste del cantante di solito alle prese con sonorità più hardcore e di impatto frontale. Se era prevedibile che il ruolo di guastatori fosse affidato agli incontenibili Underball e al loro set ai limiti della censura, che in effetti ha trascinato come da pronostici il pubblico in una bolgia di corpi sudati, questa volta sono saliti sul ring a contendere il titolo i Ra.W. da Cagliari, capaci di impressionare con un set altrettanto energico, potente e dotato di una spinta iconoclasta che troppo spesso viene a mancare nell’attuale panorama punk. Per quanto mi riguarda un’altra graditissima sorpresa. Se le Molestya hanno aperto le ostilità del palco piccolo, l’inaugurazione del palco grande è stata affidata agli Sleazy Bar, con il loro miscuglio di rock’n’roll, blues e punk con tanto di citazione per i C.C.C.P., grazie ad una versione rivista e corretta di “Spara Jurij”. A chiudere la formazione della giornata un paio di band con relativi dischi nuovi da presentare e sulle quali ci ripromettiamo di tornare in apposita sede: i City 493, formati da volti già noti e attivi in realtà quali Automatica Aggregazione, B-Vone e Psycho, e Il Complesso, streetpunk da Caramagna (CN) con attitudine diy e voglia di rimboccarsi le maniche come proprio marchio di fabbrica, tanto che alcuni di loro sono coinvolti nella Last One To Die Crew, etichetta discografica e organizzazione concerti.

Nulla da dire, una giornata ricca di musica e soprattutto emozioni come non se ne vedevano da un po’ e che ha ribadito ancora una volta come quando a muovere i fili c’è una passione vera, tutto è possibile.

Alla prossima edizione.

No More Lies