SUD DISORDER, Senza Amor Non Vale Nulla

Tra i dischi hardcore punk del 2021 da recuperare c’è fuor di dubbio Senza Amor Non Vale Nulla dei Sud Disorder, album che per un motivo o l’altro non avevo ancora trattato, nonostante resista imperterrito nei miei ascolti da maggio, quando è uscito. I motivi sono tanti e tutti validi, a partire dall’equilibrio pressoché perfetto tra la ferocia dell’hardcore più energico e una forte venatura melodica, che rende i brani tanto incisivi quanto capaci di entrare in mente dal primo ascolto. La scrittura dei Sud Disorder è infatti un perfetto mix di rabbia bruciante e cori trascinanti, linee solari e passaggi ricchi di pathos, a formare un linguaggio complesso ma omogeneo e privo di stacchi bruschi che ne rallentino la corsa. Impossibile pertanto buttar giù qualche similitudine, perché a seconda dei momenti e dell’umore dei brani la band riesce a inserire gli ingredienti necessari per dare carattere e le giuste sfumature al tutto. Un piccolo indizio lo possono forse offrire gli ospiti che si alternano lungo le tracce e con le loro voci danno man forte al padrone di casa Gigio: parliamo di Serena, Benedetta, Enrico (S.F.C.), Sabino (Bellicosi), Luca (Hobophobic, Carne), Eugenio (Bull Brigade), una squadra di amici che scende in campo e aiuta a donare accenti differenti ai testi dell’album. Perché, neanche a dirlo, un altro punto di forza di Senza Amor Non Vale Nulla sono le parole, rigorosamente in italiano, in grado di trasmettere messaggi importanti e la voglia bruciante di condividerli, un po’ come succedeva con i Kina, ai quali la formazione dedica la chiusura del tutto e cede l’ultima parola per salutare il proprio pubblico. A cercare il bandolo della matassa, viene da dire che un disco come questo ridona linfa alle emozioni che l’hardcore dovrebbe sempre portare con sé e trasmettere, almeno l’hardcore che piace a noi: quello che non si accontenta di colpire allo stomaco e far sfoggio di forza, ma vuole toccare anche le corde interiori e lasciare un segno destinato a durare a stereo spento. Ecco, a fine ascolto mi sono ritrovato dentro quel retrogusto che ho provato con Libera Fame degli Affluente o L’Unico Elemento dei LeTormenta, lavori che hanno finito per rappresentare due caposaldi della mia idea di hardcore italiano del nuovo millennio (con buona pace di chi “ma è finito tutto a metà anni Ottanta”). Una definizione nella quale la connotazione geografica non limita ma riannoda i fili con una tradizione e un sentire unico e irrinunciabile a livello mondiale. Questa volta sono arrivato fin troppo tardi e di sicuro avrete già fatto vostro questo manuale di resistenza quotidiana, in caso contrario non posso che suggerirvi di correre ai ripari.