Due ribelli faccia a faccia: Steno (Nabat) vs Il Marinaio (No More Lies)

Quando è uscito lo split tra Nabat e No More Lies ho subito pensato che sarebbe stato interessante realizzare un’intervista doppia a Steno e Fabrizio “Il Marinaio”, cantanti delle due band e da sempre impegnati in prima persona nelle scene delle rispettive città di appartenenza. Questa chiacchierata, inizialmente, si sarebbe dovuta svolgere di persona alla presentazione live del disco, anche perché mi sembrava la modalità più consona ai miei interlocutori e ai temi da trattare. Purtroppo è sfumata a causa delle note misure di contenimento del COVID-19, motivo per cui siamo stati costretti a ripiegare su un più asettico scambio via mail. Se pensate che questo abbia portato in dote un’intervista formale o poco interessante, vi basteranno poche righe per ricredervi. Molta la carne al fuoco e al solito nessun giro di parole nel raccontare una passione che è, prima di tutto, vissuto quotidiano e scelte portate avanti sulla propria pelle. Restate ribelli.

Ciao, partiamo dalla fine: come è nata l’idea dello split e cosa vi ha spinto a condividere questa uscita? Cosa credete accomuni le due band e cosa invece no (a parte le ovvie differenze meramente musicali)?

Il Marinaio: Non lo so, ne abbiamo parlato quando abbiamo suonato insieme una sera al Vecchio Son. Abbiamo pensato potesse essere interessante unire sonorità diverse ma approcci simili. Noi suoniamo per tutti senza differenze di stile, chi vuole ci ascolta. E i Nabat fanno lo stesso.

Steno: L’idea di fare un disco assieme non so a chi sia venuta, ma la stima che abbiamo nei confronti dei No More Lies è molto forte. Siamo rami dello stesso albero.

Nella mia recensione ho parlato dei due lati dello split come di giorno e notte, luci e ombre, con i Nabat dediti a dare maggiore risalto alla componente positiva/aggregativa e i No More Lies più oscuri e rabbiosi. Credete che si possa parlare di due facce della stessa medaglia o credete rispecchino reali differenze tra di voi anche dal punto di vista dell’approccio alla vita?

Il Marinaio: Sì, hai ragione per quanto riguarda l’aspetto musicale, rispetto all’approccio alla vita invece non credo ci siano molte differenze: sei qui, vivi quello che hai, cerchi di rimanere sveglio e di non farti ingabbiare. E poi c’è il senso di non appartenenza alla maggioranza, quindi provi a mettere in musica la rabbia, la delusione ma anche l’aggregazione tra ultimi. A questo giro è andata così, un lato a testa, una faccia diversa.

Steno: Sì! siamo due facce della stessa medaglia, in questo caso la musica c’entra poco, abbiamo molte idee in comune, abbiamo vissuto le stesse tensioni! Loro sono più giovani ma l’attitudine è la stessa!

La copertina è firmata da Zerocalcare e si coniuga con il titolo Resta Ribelle, come è nata l’idea di affidarla a Michele e cosa significa per voi restare ribelli?

Il Marinaio: Michele è un fan dei Nabat e collabora spesso con queste situazioni da sempre, per esempio io già con i Payback e per il “Questa è Roma” avevo avuto il piacere di collaborare con lui. Gli ho chiesto, ha detto di sì ed è venuta una bomba. Resta Ribelle nasce dall’osservare che gli anni sono passati (tanti oramai) ma le situazioni sono cambiate poco e non sempre in meglio. C’è bisogno di restare vivi, non allineati, attenti, ed è quello che cerchiamo di fare e comunicare.

Steno: Michele ci piace, per noi è un onore avere una copertina disegnata da lui! Il merito è del Marinaio che lo ha minacciato… Ovviamente stiamo scherzando, rimanere ribelli per noi vuol dire continuare a fare ciò che stiamo facendo! Portare avanti la nostra cultura, che vuol dire il nostro modo di pensare, urlare a tutti che non siamo d’accordo su come veniamo trattati, su come trattano questo pianeta… Anche lui si sta ribellando!

Voi siete di sicuro perfetti esempi del “restare ribelli”. Come credete sia cambiato l’ambiente (non uso volutamente il termine scena) da quando avete iniziato e cosa vi dà ancora la spinta a sbattervi quotidianamente per portare avanti la vostra musica e la vostra scelta di vita?

Il Marinaio: Oggi ci sono molte più possibilità di suonare, scambiare date e produrre musica e questo forse facilita e toglie un po’ di romanticismo e senso di avventura al tutto ma, se sei capace di guardare oltre, trovi un sacco di ragazzi che si sbattono tantissimo con metodi diversi da quelli che conoscevi. Vuol dire che si può ancora fare, che c’è ancora la voglia ed allora non ti fermi perché anche tu questo sei e non cambi.

Steno: Non possiamo essere altro che così! Siamo indignati per come vanno le cose, non si può buttare la testa sotto la sabbia, se lo fai sei responsabile quanto loro! L’ambiente, come lo chiami tu, è cambiato ma è normale che sia così, ci siamo dall’inizio, abbiamo visto e conosciuto tanta gente. Ci sono cose positive e negative in entrambi i periodi.

Città, quartiere, sport, concerti, amicizie e rivalità, appare evidente come una delle idee ricorrenti nei vostri testi sia la socialità e al contrario l’esclusione da essa, il riconoscersi e lo scontrarsi. Come vivete questo periodo in cui le persone sembrano sempre più isolate e concentrate su se stesse e sulle proprie necessità? Credete ci sia ancora posto per termini quali scena, comunità, movimento?

Il Marinaio: Sì, assolutamente, finché ci si dovrà confrontare con questo modello di società, ci sarà bisogno di socialità non stereotipata. Ci sono nuovi luoghi dove incontrarsi, come ad esempio i social e il web in generale, però rimangono fondamentali i concerti e tutto quello che c’è dietro: organizzare, collaborare, viaggiare, incontrarsi insomma luoghi fisici. Poi in questo periodo segnato dalla quarantena credo che Ia mancanza di contatti umani si farà sentire.

Steno: Questo periodo in particolare è devastante, in un colpo solo siamo stati privati delle nostre libertà. Non ci vediamo chiaro! Va bene il virus, ma cosa ne diciamo di quelli che hanno tagliato la sanità? Chiuso ospedali? Adesso la nostra gente crepa in corsia senza avere vicino gli occhi di qualcuno che gli vuole bene. Per noi si può ancora cambiare, noi stiamo ancora aspettando.

Di sicuro con internet l’approccio dei ragazzi è mutato, si vive meno la strada e spesso ci si fa forti dietro una tastiera. Credete che questo abbia in qualche modo influenzato anche chi continua a seguire punk, hc e oi! o tutto sommato l’ambiente del diy è rimasto ancora legato alle vecchie maniere?

Il Marinaio: Internet accorcia le distanze, forse un po’ troppo. Quello che prima era il vivere la realtà ora è spesso filtrato e questo non sempre produce l’effetto migliore. Nel senso che non puoi sentirti alla pari se le cose non le vivi. Purtroppo ora una stronzata vale spesso quanto una verità, non è il massimo, uno schiaffone in altri tempi avrebbe rimesso tutto a posto ma vabbeh… Invece per il diy ci si è semplicemente adeguati, noi per esempio e anche i Nabat facciamo tutto in “casa” e nel caso dei No More Lies si sente…

Steno: I leoni da tastiera c’erano anche prima, certo oggi sono più visibili e fanno tendenza. Spesso veniamo denigrati, ma la vita reale è sempre più forte! Conta molto di più un concerto che centomila post.

A proposito di vecchie maniere, due argomenti scomodi tanto per gradire e andare dritti al punto: il primo è il rapporto del movimento skin con la violenza e con lo scontro diretto. Quale è il vostro punto di vista sulla questione?

Il Marinaio: Sì, esiste, ma gli skinheads e le sottoculture non sono solo quello, sono tante altre cose. Lo scontro fisico è una opzione, tanto è vero che moltissime sottoculture hanno avuto legami molto stretti con lo stadio e gli ultras. Non è una novità, personalmente può piacermi o meno, ma la accetto o meglio la vedo come un aspetto che esiste, punto.

Steno: Lo scontro a volte è necessario, ma non deve essere la regola. Chi pensa che gli skin siano solo questo si sbaglia di grosso. Fa il gioco di certi giornali di merda che hanno interesse che le cose vadano così e non cambino mai.

Seconda spina, la politica o meglio la non politica: molto spesso si è rinfacciato al movimento skin di non prendere posizione e di chiudere un occhio verso certe realtà di destra. Pur non essendo il vostro caso e non avendo mai fatto mistero delle vostre posizioni, vi va di affrontare l’argomento?

Il Marinaio: Aaah, la politica, ma che ti devo dire? Quando non hai una vera cultura di riferimento ti appropri di quello che trovi per fare proseliti. E cosa c’è di meglio di gente con testa rasata e bomber? Ebbene sì, è successo e succede che da un’immagine dura si finisca al di là della barricata perché non hai testa, perché sei un idiota e ti fai usare per sentirti parte di un branco. Noi siamo antifascisti, lo siamo come persone prima che come band. Se fai quel tipo di scelta, diventi un nemico, amen, buon viaggio, ma non farti rivedere, non sarai bene accetto.

Steno: Minchiate! Le posizioni ci sono state e ci sono ancora! Chi dice il contrario fa sempre parte di quella famiglia di cui sopra.

Soprattutto in Italia, la situazione è comunque particolare visto che rispetto ad altri Paesi da noi si è sempre avuta una forte interazione tra scene punk, hc e skin con l’ambiente dei centri sociali e del loro impegno nelle periferie e nei confronti della marginalità. Quale è la vostra esperienza e come vedete la situazione attuale per quanto riguarda le diseguaglianze sociali e il mondo del lavoro?

Il Marinaio: Questa è una bella caratteristica italiana, con alti e bassi, mi piace la collaborazione con queste realtà. Dare il proprio contributo è importante, fosse anche solo con un concerto benefit. Ci sono situazioni con cui ti senti più vicino, altre meno, ma è naturale. L’impegno, se libero da certi atteggiamenti bigotti che ci sono anche in mezzo a noi, va benissimo. Queste realtà fanno un gran lavoro sul territorio e meritano rispetto a prescindere.

Steno: Noi dei Nabat parliamo a tutti, ci rivolgiamo a tutti, punx, skin, ma anche agli altri ragazzi senza nessuna differenza: siamo qui per chi ci vuole ascoltare. Con molta umiltà ti dico che non abbiamo la soluzione per i nostri problemi. Quella, l’alternativa, la dobbiamo costruire insieme. Solo così ne veniamo fuori. I centri sociali non c’entrano, la situazione è simile in tutta Europa, ma da noi è un po’ peggio.

A riguardare indietro negli anni, c’è qualcosa che cambiereste o non fareste? Tra vittorie e sconfitte, gratificazioni e delusioni, cosa vi ha fortificato e cosa invece vi ha indebolito in tanti anni di musica e impegno?

Il Marinaio: Uh uh, un sacco di cose, tante, mi piacerebbe dirti che sono in pace con la mia coscienza ma è una tregua più che una pace. Rispetto ai No More Lies, la cosa più bella è questo split. I Nabat sono stati il gruppo che mi ha fatto conoscere l’oi! Lunga vita ai Nabat.

Steno: Chi dice che rifarebbe tutto come prima non è sobrio, noi dei Nabat non la pensiamo così, sarebbero diverse le cose che rifaremmo con il senno di poi. Abbiamo sbagliato tanto ma questo ci è servito per crescere. Ad esempio, quando assistiamo ad un concerto dei No More Lies ne usciamo più forti. Convinti che forse qualcosa di buono siamo riusciti a fare anche noi.

Grazie mille del vostro tempo, sentitevi liberi di aggiungere quello che volete e di concludere come preferite questa chiacchierata…

Il Marinaio: Grazie a te per la recensione e l’intervista (spero di non averti annoiato). Per il resto resta ribelle non cambiare mai!

Steno: In ultimo ti volevamo ringraziare per la bella recensione che hai fatto. Un randagio di più!