LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO

LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO

Sabato 12 gennaio abbiamo intercettato i La Morte Viene Dallo Spazio lungo il loro viaggio interstellare. Al Sidro di Savignano sul Rubicone abbiamo fatto due chiacchiere con questa giovane formazione a proposito del passato e dei progetti a venire. 

Ciao ragazzi, intanto complimenti per il vostro album; per quanto mi riguarda è uno dei dischi non-estremi dell’anno passato. Vorrei ripercorrere brevemente le vostre origini. Ho saputo che siete nati come duo e poi vi siete “espansi”, giusto?

Bazu (chitarre): Ma in realtà sì e no, io e lui (Angelo, l’altro fondatore del progetto, ndr) avevamo già suonato insieme in precedenza in alcuni progetti a Milano in cui ci siamo trovati spesso a fare jam-session. Il primo concerto che abbiamo fatto è stato di supporto ai Föllakzoid al Macao a Milano, ci siamo trovati e abbiamo un po’ aggeggiato questo nome per l’occasione, ispirati dal film (di Paolo Heusch del 1958; la pellicola detiene il record per il suo essere primo film di genere fantascientifico drammatico realizzato in Italia, ndr).

Siete nati subito con questa idea di creare un progetto che avesse queste caratteristiche o è stato un work-in progress?

Bazu: Noi volevamo nascere in un modo molto simile agli Gnod, come concezione di gruppo aperto, sperimentale, con la formazione aperta di tendenza psichedelica. Infatti all’inizio eravamo solo io e Angelo a suonare entrambi le tastiere, il moog e lui anche il flauto; poi si è aggiunta lei (Melissa; tastiere, theremin, ndr) e abbiamo registrato quello che è il disco. Senza pretese, siamo andati in studio e abbiamo registrato praticamente a caso. Poi abbiamo modificato un po’ i brani in modo che avessero un inizio e una fine e poi tutto è morto lì. Sono passati quasi 6-7 mesi di immobilità finché non è uscita la possibilità di andare al Duna Jam, è una specie di festival italiano segreto…

Fede (batteria): … sì, ma è ambitissimo sia da band italiane, sia europee. Uno ucciderebbe pur di andarci. Un festival nato più come 60s e garage che poi è diventato più psichedelico contemporaneo. È un festival anche abbastanza caro dove uno paga ma fino alla fine non sa che gruppi andrà a vedere… c’è comunque tutto l’ambiente europeo garage-psych e non ne rimarrà deluso.

Melissa (tastiere, theremin): E quando si è palesata questa probabilità, abbiamo deciso di allestire la band in modo stabile e dopo pochissime prove abbiamo registrato. 

Bazu: Il disco che abbiamo registrato aveva senso metterlo su cd e grazie alla BloodRock, etichetta di Genova che si è offerta di stamparlo al volo, siamo andati al Duna Jam con i cd.

E quindi la domanda successiva è: come vi ha contattato la Debemur Morti?

Melissa: Li ho contattati io semplicemente mandando una mail, come fanno tutte le band emergenti, e loro ci hanno risposto subito dicendo che erano molto interessati. A loro piaceva l’ambientazione ed erano curiosi di sentire altri brani per proporre la pubblicazione di qualcos’altro. Siamo rimasti in contatto diversi mesi, quando alla fine volevamo stampare Sky Over Giza come vinile – ma con una traccia in più – e in pratica quello che prima era un ep ora è diventato un full-length che, in co-produzione con la BloodRock, esce appunto in vinile.

Visto il mio passato come musicista rock-metal, mi chiedo come nasca un vostro pezzo, dove non c’è il classico riff di chitarra o basso…

Bazu: Il disco è nato senza aver fatto una prova. Decidendo semplicemente velocità e tonalità. Poi un giro di flauto, uno di basso e piano piano tutto ha preso forma.

Fede: La parte fondamentale è l’idea di Bazu, che ha il marchio che stiamo cercando. Poi tutti siamo orientati verso quel marchio e seguiamo quel concetto ben preciso prescindendo un attimo dagli ascolti che abbiamo, senza fare un polpettone ma cercando di essere abbastanza precisi. Siamo di estrazioni musicali molto diverse, ma quella componente psichedelica ce l’abbiamo tutti; troviamo un punto d’incontro, perché se tutti volessimo essere protagonisti all’interno della band, non uscirebbe niente.

La cosa che mi ha affascinato da subito è che ci sono elementi della vostra iconografia prettamente riconducibili al metal, al drone, alla psichedelia e via dicendo, ma se ascolti l’album così, senza vedere l’artwork, è davvero qualcosa di spaziale tipo Phaedra, tipo Ummagumma e quindi mi chiedo come avete fatto a lasciare così tanto alle spalle il vostro background personale.

Fede: In realtà da come la vedo io, una parte del nostro background è venuto fuori. Bazu ha divorato tantissima musica anni ’70 nella sua vita, ha girato davvero tantissimo in Europa e noi, per rimanere coerenti con il nostro progetto, con la nostra ambizione, dobbiamo fare delle scelte ben mirate per quello che riguarda il suono, la strumentazione. Gli strumenti sono davvero una parte importante del nostro sound: il moog, il theremin soprattutto.

Bazu: Il disco può sembrare strano all’inizio, soprattutto chiamandolo “disco”, considerando il culo che mi faccio quando produco o compongo dischi delle mie altre formazioni, dove sto mesi o anni a lavorare sulle canzoni. Sky Over Giza è stato davvero a caso, suonato e, buona la prima. La cosa più difficile è stato dare un senso ai pezzi perché non erano brani strutturati e per uno come me, che è stato dietro le quinte dell’album, ti può dire che ci sono dei momenti in cui si avvertono dei tagli o altri che avrebbero potuto mutare in qualcos’altro, soprattutto nei finali.

Prossimi progetti ? State già componendo roba nuova ?

Melissa: stasera sentirai tanta roba nuova; tre quarti dei pezzi che suoneremo non ci sono sul cd.

Federico: Ma sì perché quando è uscito il cd avevamo pensato di fare direttamente il vinile con delle robe nuove, perché ormai avevamo una band fissa e via dicendo. Invece poi ci siamo detti che forse era meglio intanto far uscire il vinile di Sky Over Giza perché aveva ottimi riscontri, e ci stiamo più concentrando sul periodo in studio, decidendo di dedicare anche tanto spazio al live.

Melissa: Il giorno della pubblicazione del cd non avevamo assolutamente pensato di arrivare a questo punto, di avere così tanti riscontri in Italia, in Europa, di uscire un giorno per la Debemur Morti e quindi anche per noi sono state tante cose positive e inaspettate. Certo, nulla è piovuto dal cielo perché siamo arrivati piano piano ad avere i contatti giusti, ma grazie a noi stessi.

Ci sono band verso cui puntate per raggiungere una somiglianza stilistica o di suono?

Bazu: Mah, mi piacerebbe puntare a qualcosa di più estremo; mi piacciono molto gli Atomikylä, progetto fra gli Oranssi Pazuzu e i Dark Buddha Rising.

Cercando di capire la vostra età mi rendo conto di come questo genere di musica, per essere espresso così bene, vada ascoltato, macinato, filtrato, partorito bene. Mi viene anche in mente che ultimamente si è spostata verso l’alto l’età dei debutti di alcuni progetti…

Fede: Non sono molto d’accordo, soprattutto qui in Italia ci sono band che nascono giovanissime e che vanno fortissime in Europa ma che qui in patria riscuotono successo con dieci-quindici anni di ritardo.

Bazu: Devo dire che qui in Italia non è facile partire subito col piede giusto e forse te ne rendi conto quando sei fuori e vieni accolto in maniera diversa.

Fede: Qui in Italia ci sono delle mancanze a livello strutturale, perché qui prendi il furgone, viaggi, ti fai apprezzare ma sono poche le strutture che ti organizzano date in Australia o Giappone. Le agenzie all’estero lo fanno tranquillamente, ti mettono insieme ad altre band ma qui è difficilissimo anche fare 4-5 date di seguito.

Melissa: Abbiamo già delle date fissate quest’estate, un paio di festival in Est Europa; uno non possiamo ancora dirlo mentre l’altro sarà il Mount Of Artan in Serbia e poi chissà.

Fede: Considera che tante decisioni sono state prese velocemente; siamo alla fine del mini-tour, il rilascio ufficiale del vinile era ieri, questo disco non doveva neanche uscire in vinile.

Bazu: Ma questo disco non doveva uscire proprio (ride, ndr)…

Fede: Sì, non dovevamo avere una band fissa, non dovevamo andare in tour…

Bazu: Diciamo che non avrei mai pensato che queste tracce avrebbero riempito gli spazi di un disco, non ci credevo.

E ora ci credete?

Bazu: Mah, diciamo che lo reputo uno di quei dischi immaturi che, come accade spesso, contiene degli spunti di originalità.

Melissa: Diciamo che questo disco è nato per essere estemporaneo, una jam-session; nonostante vogliamo continuare a mantenerci sulla stessa onda, il prossimo album sarà comunque più strutturato e meno lasciato al caso. Anche se fra di noi ce lo siamo chiesti se verrà qualcosa di più canonico o scontato… diciamo che è un timore che abbiamo messo in conto. Seguiamo molto un concetto, spesso non c’è bisogno di correzioni o compromessi; molte cose le stiamo capendo ora e ad esempio l’ultimo pezzo che abbiamo composto, “Salita Tra Le Sfere”, spacca senza aver dovuto fargli tante correzioni, iniziamo a capire come ci incastriamo fra di noi; le direzioni che dà Bazu piacciono a tutti, gli ingressi dei flauti piacciono.

Federico: Considera anche come decontestualizziamo certi strumenti come il flauto, al qual vengono aggiunti una marea di effetti, e Angelo ha un modo davvero contemporaneo di suonarlo; o anche come emergono in lontananza le chitarre. Il live è molto più rock rispetto al disco, ma comunque vediamo, boh… capiteranno dei live che assomiglieranno più a un lungo intro, altri noise… chi lo sa… Vedremo.