EVEREST MAGMA, Minus Plus Escapism

Questo disco è la dimostrazione di come avere poche idee e confuse non sia necessariamente un male anzi, di quanto spesso la cosa in musica funzioni piuttosto bene. Siamo alla terza prova firmata Everest Magma, l’appellativo che Rella usa da un po’ per contrassegnare i suoi dischi più orientati verso l’elettronica, ma sarebbe potuto uscire benissimo come The Woodcutter, nome che caratterizza la prima parte della sua carriera e i suoi lavori acid folk. Minus Plus Escapism galleggia a mezz’aria fra le due anime del musicista milanese: abbiamo la chitarra acustica, suonata con liberatoria veemenza, la voce – vera protagonista del disco – che farnetica sillabe a casaccio, e poi i rumorini, i nastri e quell’elettronica sghemba e fuori fase che rappresenta bene la cifra stilistica degli ultimi lavori usciti, manco a dirlo, per Boring Machines. È musica acustica che suona come elettronica o viceversa, ci avvertono opportunamente le note che accompagnano l’uscita del disco.
In avvio sembra di sentire i Prima Materia, ma dopo i primi trenta secondi i vocalizzi cominciano a prendere una piega bizzarra per introdurci a un trionfo di schitarrate stile Woodstock sui Navigli, accompagnato lungo il corso del disco da nastri smagnetizzati, fluidi sinistri, cicale sintetiche e gran dispiego di carabattole: Rella – parole sue – avrebbe voluto fare un disco sugli alieni, solo che non gli è venuto ed è saltata fuori tutta un’altra cosa: dieci pazzi brani per figli dei fiori di plastica. I testi sono in un linguaggio inventato e totalmente privo di senso, operazione questa sempre meritoria in un paese che tende a sopravvalutare l’importanza della parola rispetto a quella del suono; le voci assumono nel loro armonizzarsi un che di ieratico, liturgiche e dissacratorie insieme, pare di sentire dei CSN&Y particolarmente agitati o un Cat Stevens sotto ecstasy. Lungi dall’essere un capolavoro di lucidità compositiva, di sicuro Minus Plus Escapism rappresenta un equivoco molto ben riuscito.