Lorenzo Stecconi e la strada per lo spazio interiore

Conosciamo Lorenzo Stecconi anzitutto come chitarrista dei Lento, band strumentale allo stesso tempo imponente e atmosferica (non per coincidenza attiva nello stesso periodo in cui dominava il sound Neurosis/Isis), affermata a livello internazionale grazie a dischi pubblicati con Denovali e Consouling. Stecconi, poi, è una specie di trait d’union tra i più importanti gruppi italiani degli ultimi venti-venticinque anni: ha registrato infatti Ufomammut, Zu e anche OvO. Inoltre ha messo le mani su album italiani buonissimi che hanno girato meno, mi vien da scrivere subito Gem dei Bosco Sacro (perché è uscito quest’anno), ma ricordo anche Circle Of Molesters dei Grime, o – per fare ancora un nome – si è occupato del mastering del corrosivo Musineè Doom Session dei Tons. Se non lo si vede sul palco con uno dei suoi progetti, è probabile trovarlo dietro al mixer, dato che segue in tour le band con cui collabora, in primis gli Zu.

Quest’anno pubblica il suo primo solista, Ambula Ab Intra (Subsound Records), e non sorprende che abbia creato quattro paesaggi sonori piegando il suono della chitarra in chiave atmosferica, basta sentirlo anche solo una volta nei Lento, oltre a ricordare il suo contributo dietro le quinte alla “seconda carriera ambient” di Massimo Pupillo (sempre Zu), che anche The New Noise ha seguito per bene. A osservare i cambiamenti dei Lento nel tempo, non sorprendono nemmeno l’immediatezza e la nudità di questo disco, registrato quasi tutto in un giorno: profondo e meditativo, ma anche dolente in alcuni passaggi più “suonati” e meno “drone”, una caratteristica che mi ha fatto venire in mente l’ultima volta in cui abbiamo parlato con lui, quando diceva di mettere su quattro volte al giorno Airs di Loren Mazzacane Connors. Di sicuro Lorenzo ha scelto quest’impostazione anche per poter portare in giro dal vivo senza problemi questo suo lavoro, ma soprattutto per ascoltare davvero ciò che sta nel suo spazio interiore per riprodurlo senza filtri in quello esteriore, un privilegio che è concesso quasi solo agli artisti. Se sia lui, sia Pupillo (e Pilia) ricorrono a termini alchemici per i titoli dei pezzi, probabilmente è proprio perché hanno cominciato a vedere la musica come qualcosa che scaturisce dal musicista, secondo un processo più irrazionale che razionale.

A uno così si potevano chiedere mille racconti, molto più utili a capire lo scenario underground di qualsiasi supercazzola di un recensore, ma sarebbe servita una radio, non una webzine. Per ora sono rimasto più sul pezzo.

Ti avevamo già intervistato per via dei Lento, ma il rispetto che ho per ciò che fai sul palco e dietro le quinte, unito al fatto che si parla del primo disco a tuo nome, mi ha convinto a farne un’altra.
Suoni, registri e vai in giro a suonare o a far suonare. Strano chiederlo a uno che intitola il suo disco “ambula ab intra”, ma preferisci stare in studio,
andare in tour oppure il bello è che riesci a fare tutto?

Lorenzo Stecconi: Anche se il titolo dell’album può richiamare una sorta di ascetismo, non necessariamente il navigare all’interno di sé stessi deve escludere invece il viaggiare e il condividere la propria energia vitale con il mondo e i suoi abitanti: credo che qualsiasi forma di scambio e relazione umana aiuti al confronto e quindi a porsi delle domande interiori.
È innegabile che al giorno d’oggi sia sempre più difficile scendere in profondità e il mio disco è un’umile invito a farlo.
Per rispondere meglio alla tua domanda, senza alcun dubbio il bello è riuscire a fondere le due cose, il live e il “laboratorio”, non riuscirei mai a scindere la parte live da quella in studio e viceversa, diventa inevitabilmente una sorta di tutt’uno nella sua essenza.

Perché un album a tuo nome ora?

Da anni ci lavoravo, o per lo meno all’idea del come farlo, a un certo punto è semplicemente arrivato il momento di realizzarlo. Durante la composizione dei brani del disco avevo capito che non dovevo nascondermi dietro uno pseudonimo e che dovevo utilizzare esclusivamente la chitarra. Ho così iniziato a lavorarci cercando quasi di autolimitarmi, sfuggendo alla tentazione della sovraincisione aggiungendo strumenti in più.

Avevi i mezzi per limare molto le tue registrazioni, invece alcuni passaggi suonano molto crudi e spontanei. Perché quest’impostazione?

Nella mia idea doveva essere una fotografia di un momento. Volutamente, le composizioni dovevano lasciare parecchio spazio all’improvvisazione e quindi in una piovosa mattinata del marzo 2021 ho imbracciato la chitarra e l’ho registrato quasi tutto d’un fiato. È stato decisamente un momento spontaneo e direi quasi catartico, avevo la volontà di lasciare il più possibile grezzo il materiale per poterlo riprodurre al 100% in sede live, scattando così ogni volta una nuova fotografia di quel momento in cui viene suonato.

La chitarra piegata in chiave drone e ambient. Nei Lento c’è sempre stata, questo è un fatto. Rimane però la crisi di sovrapproduzione in quest’ambito. Hai avuto paura di ripercorrere i passi di altri o te ne sei fregato?

Al giorno d’oggi la sovrapproduzione è esponenziale in tutti i campi musicali e sebbene nella più nobile delle visioni potrebbe anche essere un bene, in realtà si è tramutata in un forte abbassamento della qualità e del messaggio di quello che dovrebbe essere l’arte.
Per quanto mi riguarda, il percorso al quale sono arrivato come musicista e chitarrista è un processo che dura decine di anni e non ho mai avuto paura di ripercorre i passi di altri artisti che potevano risuonare dentro di me, si tratta di scegliere un certo tipo di linguaggio, poi quello che rimane è ciò che dici.

Il grosso dei nostri lettori probabilmente sa che collabori con gli Zu. Hai anche messo le mani su di un discone di Massimo Pupillo come Black Iron Prison. Pupillo ha avviato un percorso extra-Zu secondo me eccezionale: è un’influenza in qualche modo sul tuo? Quando ho intervistato lui e Pilia sulle loro collaborazioni, hanno parlato spesso di alchimia.

Massimo negli anni è diventato un caro amico, e prima di diventarlo gli Zu erano sempre stati un modello da seguire, sia musicalmente che come approccio alla vita, è innegabile che io non possa essere stato influenzato da quello che è stato detto.
Come non rimanere scioccato, da adolescente, dallo scoprire che nella tua stessa melma urbana di Ostia c’erano 3 persone che stavano percorrendo una via musicale tutta loro e che quel messaggio lo stavano urlando forte e chiaro?
Il più prezioso insegnamento che ho ricevuto è quello della persistenza: la via da percorrere sarà tortuosa e insidiosa, ma dovrai essere centrato e non farti deviare da quello che potrebbe non farti andare avanti per la tua strada: l’oro da trasmutare non è quello materiale.

Potremmo discutere di mille cose, perché tu hai lavorato con tanti musicisti che abbiamo sempre seguito: per rimanere sul 2023, però, mi interessa che tu mi racconti quel che vuoi della tua esperienza coi Bosco Sacro per Gem, dato che è un disco di cui – sempre secondo me – ci ricorderemo anche in futuro.

Lo credo anch’io. Sono riusciti a creare un ottimo amalgama di idee sonore, sono stato entusiasta di essere coinvolto nella produzione di quest’ottimo disco.
Con loro si è creata sin da subito una splendida atmosfera creativa durante le registrazioni, ho presto provato quel meraviglioso brividino che ti avverte che sta per accadere qualcosa di speciale.

Sai che devo chiederlo: ci racconti qualcosa anche di Traum? Sin dal nome si torna sul sogno, tema presente anche in Ambula Ab Intra.

Traum è un nuovo progetto con Luca Ciffo, Paolo Mongardi e Luca T. Mai.
Proprio in questi giorni stiamo facendo i primi live e sono davvero soddisfatto di come sta prendendo rapidamente forma questa nuova creatura.
Si diceva da anni di provare a suonare qualcosa insieme, e dopo un po’ di prove abbiamo capito che era il momento di andare direttamente a registrare, quindi ci siamo ritrovati lo scorso ottobre a vivere insieme per un paio di settimane in un vecchio casale dove, per l’occasione, avevamo creato uno studio di registrazione mobile al piano di sopra.
I brani sono quasi tutti nati da improvvisazioni mattutine in uno splendido clima di inizio autunno, stiamo al momento ultimando i dettagli finali sul mix del nostro primo disco.

Ti vedremo dal vivo con Ambula Ab Intra?

Certo, sto programmando delle date per il prossimo autunno, per la natura sonora dell’album preferisco suonare solamente in poche situazioni più intime durante il periodo estivo, ma da settembre ricomincerò a esibirmi nei club.