KIM GORDON, The Collective

Kim Gordon è riuscita a spiazzarmi sul serio. Non lo credevo possibile, eppure The Collective, uscito ieri, è un lavoro che richiede un po’ di ascolti prima di risultare anche solo vagamente decifrabile. Iconica come solo lei sa essere, l’ex Sonic Youth ha oggi quasi 71 anni e nessuna paura di sperimentare, affiancata dal produttore Justin Raisen, grazie al quale si è avventurata in territori impervi come hip hop e trap. Non va sottovalutato il peso dell’eredità che si porta sulle spalle, dato il suo ruolo nella scena alternative americana tra gli anni ’80 e ’90, tale da renderla a tutti gli effetti un punto di riferimento per molti (me compresa), con le conseguenti e ingombranti aspettative che crea. Il precedente lavoro da solista, No Home Record, risale al 2019 e, si sa, per svariati motivi il mondo allora era diverso, ma è inevitabile un confronto tra le due uscite. Se No Home Record risentiva piacevolmente del passato noise rock della Gordon, The Collective porta all’estremo la sua indole sfrontata, dove in questo caso è più l’elemento verbale a fare da filo conduttore: che la sua voce sia il suo marchio di fabbrica non è un segreto, inconfondibile nel dare forma a spoken word evocativi, carichi di una forte componente emotiva, rabbiosa, sensuale e mai sdolcinata.

Si inerpica tra beat furiosi e chitarre distorte, a raccontarci di una società malata, soffocante e sofferente, senza retorica inutile ma con un’attitudine punk, nel senso più libero del termine. “I’m A Man”, per esempio, strizza l’occhio alla ormai leggendaria “Kool Thing” dei mai troppo rimpianti Sonic Youth (lo ammetto, mi mancano follemente), ma le istanze sono come trasfigurate, rinnovate, adattate a quest’epoca.  In apertura, “BYE BYE”, uscito precedentemente come singolo (con la figlia Coco nel videoclip), fa tendenza anche tra le nuove generazioni. Il fatto che un brano della Gordon spopoli su TikTok, dove addirittura c’è chi ricalca la lista di oggetti da mettere in valigia elencati nel testo, mi dà qualche speranza nel futuro, perché finalmente anche chi ha un’immagine pubblica indissolubilmente legata a un’epoca ormai lontana è riuscita a reinventarsi in un presente insidioso, facendo un ottimo uso degli strumenti a sua disposizione.

La Gordon ha le spalle larghe e non ha bisogno di soffermarsi più di tanto su quella retorica spicciola e stantia sulle donne forti, che personalmente mi ha anche stancato, ma dimostra, piuttosto, di avere una profonda intelligenza e una grande sensibilità. Riesce persino a farmi apprezzare l’uso del vocoder (per esempio, nell’ipnotica “Psychedelic Orgasm”), mandando in frantumi le mie certezze. Vorrei ringraziarla per questo, e per essere stata ed essere ancora la splendida ed enigmatica creatura che mi ha avvicinato alla musica.

Tracklist

01. Bye Bye
02. The Candy House
03. I Don’t Miss My Mind
04. I’m A Man
05. Trophies
06. It’s Dark Inside
07. Psychedelic Orgasm
08. Tree House
09. Shelf Warmer
10. The Believers
11. Dream Dollar