Il racconto del Sonica 2023 (Lubiana) e un’intervista a rouge-ah

Si è svolto a Lubiana in Slovenia dal 19 al 22 aprile Sonica/Translocal Underground, di cui avevamo segnalato tema ed intenzioni in un precedente articolo ad aprile.

Pre-inaugurazione il 30 marzo, nella restaurata ottocentesca centrale elettrica di Stara Mestna Elektrarna, con l’evento organizzato in collaborazione con la piattaforma SHAPE, di cui Sonica è membro, organizzazione europea per la promozione della musica innovativa e dell’arte audiovisuale: protagonisti i live set di Wojciech Rusin (Polonia) e Katarina Gryvul (Ucraina).

Il 19 aprile è il primo giorno di Festival: si comincia con le sorprendenti performance del Santa Melodica Ensemble del compositore austriaco Andreas Trobollowitsch, “azioni” ripetute per tutto il pomeriggio da otto musicisti impegnati con le loro melodiche “aumentate” ad assecondare il flusso sonoro del fiume Liubljanica dai vari ponti che uniscono il centro storico cittadino. A seguire negli spazi del grattacielo Cankarjev Dom, introdotta dagli interventi del direttore artistico Martin Bricelj Baraga e del curatore Jaša Bužinel, la serata inaugurale vede protagonista l’artista canadese Darsha Hewitt, autrice di “HI-FI WASETLAND”, originale installazione di vari reperti dal mondo dell’alta fedeltà trasformati in sculture provenienti da altre epoche geologiche (giusto la nostra, argh!!!) e il concerto dell’artista multidisciplinare inglese Simon Whetham con il set “Succesive Actions”: glitch, interferenze elettriche, cavi di collegamento, pc, neon, synth e tutto l’armamentario del caso proiettato in sincrono su grandi schermi per un accurato allestimento video che del suono tratteggia, segue ed evidenzia percorso tecnologico, trasmissione ed inciampi.

Il secondo giorno al Teatro Kino Šiška, cinema d’essai trasformato in un grande ed accogliente auditorium, si svolgono tre formidabili concerti al femminile: il primo con l’arpista, vero astro nascente della nuova musica elettronica slovena, rouge-ah/Urška Preis (1992) che aveva esordito nel 2018 con un album di ambient avventurosa: Bare. Il live è invece molto più spigoloso e materico di Bare, con sovrapposizioni continue di masse sonore elettroniche a far da contrappunto a un’esoterica arpa nera, tutto molto dark e un passo avanti nella ricerca di questa giovane artista che fa la spola fra Lubiana e Berlino con la compagnia di Florentina Holzinger per lo spettacolo “Ophelia’s Got Talent” (consiglio di vederne alcune sequenze in rete). Il secondo concerto della serata è quello della chitarrista e performer peruviana Alejandra Cardenas in arte Ale Hop, che tira fuori una performance fiammeggiante, un mix fra Glenn Branca e i Sonic Youth più sperimentali, dunque chitarre ed elettronica in loop con l’accompagnamento di visuals tanto inquietanti quanto psichedelici. Gran bella scoperta. A chiudere la nottata Lucrecia Dalt, artista colombiana che ormai non ha più bisogno di presentazioni. In coppia con il poliedrico percussionista e batterista Alex Lazaro traspone live l’ultimo acclamato progetto AY! (disco del 2022 per Wire), cioè antiche reminiscenze di musiche ascoltate in gioventù nella città natale di Pereira, come la cumbia, il son, boleri e rumbe manipolate con la sensibilità intima che contraddistingue da sempre la Dalt: tutto molto rallentato, pulito, perfetto, forse anche troppo e dunque gran successo!

Il giorno dopo il festival cambia sede e ci ritroviamo nel posto probabilmente più bello ed avveniristico di Lubiana: il Cukrarna, sorta di immenso Museo-laboratorio per le arti contemporanee su quattro piani nato letteralmente dalle ceneri di un immenso zuccherificio ottocentesco e di cui vi suggerisco di visitare il sito per apprezzarne tutto il valore architettonico. Nella grande sala al pian terreno si svolgono tre concerti ad alto contenuto concettuale e performativo. Il primo con il siderale duo composto dalla nostra musicista, residente a Vienna, Isabella Forciniti, e la performer, scultrice e cantante slovena Ursula Berlot: una performance arricchita da grandi, coloratissimi oggetti cinetici, creati site specific dalla Berlot, che riflettono, sezionavano la luce da loro stessi prodotta per un concerto fatto di riverberi acustici, schermi iridescenti e radiazioni luminose in misterioso, enigmatico dialogo. A seguire il francese Aho Ssan, esponente della nuova musica elettronica africana (che ha collaborato anche col keniota KMRU), che ha rappresentato il suo Rhizomes, pubblicato per Other People di Nicolas Jaar, un lungo flusso sonoro che se evidentemente a tratti ricorda la musica di Joseph Kamaru infine se ne discosta con una alta percentuale di riflessiva irrequietudine. Infine, a turbare ad-interim il meditativo e sofisticato ambiente del Cukrarna, arriva il live del dj e producer croato, di Zagabria, N/OBE, che bombarda letteralmente sala e pubblico con musica, esplosioni, raffiche di mitra, luci cremisi, immagini stilizzate di ordigni bellici proiettate sulle alte pareti bianche del luogo. Il suo album-manifesto Monuments è un progetto – il disco uscirà in autunno – dedicato alla storia e dissoluzione della ex-Yugoslavia: un concerto di elettronica grind durissimo, coinvolgente, riuscitissimo e certo ancor più attuale e terrificante oggi!

A questo punto, nel cuore della notte, per cambiare aria e atmosfera, Sonica si trasferisce all’interno degli spazi del Metelkova, storico Centro Sociale (in passato quartier generale militare dell’esercito austro-ungarico!) di Lubiana che è da anni punto nevralgico di quasi tutte le iniziative controculturali della Capitale slovena ed evidentemente non solo notturne. Al Channel Zero, uno dei numerosi club che hanno sede negli edifici dell’area, si succedono quattro dj e performer: Anàsta, Tadi, la colombiana Bitter Babe e all’alba msn-gf.

Sabato 22 Sonica chiude il programma con l’altisonante, straordinario concerto dei Nihiloxica, l’ensemble anglo-ugandese che ormai dal 2018, anno in cui li vidi la prima volta rimanendone folgorato allo YAAM di Berlino, sono fulcro ineludibile delle nuova musiche africane. Un concerto – va da sé – debordante: poliritmie ancestrali investite da una elettronica di raro ingegno mai invasiva eppure fondamentale nella regia sonora della musica. Impossibile rimaner fermi e d’altronde Nyege Nyege (Tapes, loro etichetta) sta proprio a significare “delirio danzante impossibile da gestire”! Dalla tradizione percussiva del Bugandan fin verso territori Battles per un viaggio sonoro senza tappe intermedie: meraviglia assoluta. Difficile suonare dopo di loro nel proseguo della notte: ci provano con alterne fortune i dj set del russo KӣR moniker dell’ottimo Bane Jovancevic, resident dj al mitico Belgrade Club Drugstore, e ancora dal Cairo Abadir, infine, a notte fonda, il ghettotech di Dj Katcha, componente del collettivo sloveno Ustanova.

Dunque lunga vita a Sonica, a cui auguriamo minimo altre quindici edizioni per il coraggio dimostrato nelle scelte artistiche, lo spirito innovativo, per i luoghi di Lubiana che ha scelto, per la bellezza di questa città e del pubblico.

Rouge-ah era certamente una delle musiciste più attese al Sonica Festival di Lubiana. Urska Preis, arpista e performer multimediale slovena, ha finora inciso un bellissimo album di debutto, Bare, e ne sta completando il seguito, collabora con svariati musicisti sloveni, tedeschi, italiani, austriaci fra Lubiana, Berlino e Milano.

Prima di tutto, considerando la storia e le tecniche esecutive dell’arpa, hai nel tuo background una formazione accademica?

rouge-ah: Sì, ho fatto il Conservatorio mi sono diplomata con l’arpa come strumento principale.

L’arpa è una scelta non comune, è stato un colpo di fulmine in gioventù?

In effetti ho iniziato a infastidire i miei genitori presto! Volevo suonare l’arpa già intorno all’età di 4 anni. Non provengo da una famiglia di musicisti o artisti e non avevo mai visto o sentito parlare di arpa, quindi loro ne furono sorpresi sebbene giri una leggenda in famiglia, te la racconto: quando mia madre era incinta di me, assieme a mio padre era in vacanza a Firenze, lei sentì suonare un’arpista di strada in centro. Si sedettero sul marciapiede ad ascoltarla acquistandone poi una cassetta che tornati a casa ascoltò di frequente durante la gravidanza… però quel nastro io non l’ho mai visto!

Ascoltando il tuo primo album Bare (Kamizdat Label, 2018), le connessioni con tutto il mondo dell’arte digitale sono evidenti, i paesaggi musicali che CREI sono tanto profondi quanto astratti, affascinanti ed inquieti. Hai qualche tipo di attrazione anche PPER altre espressioni artistiche?

In effetti ho finito l’Accademia d’Arte, laurea in graphic design e master in fotografia, scrivo e lavoro per la radio, quindi potrei dire che sono ampiamente ispirata da una varietà di forme d’arte. Ma per creare musica di solito sono ispirata dalle mie esperienze di vita vissuta e da ricerche approfondite su particolari argomenti che mi ossessionano in quel dato momento.

Di prossima pubblicazione c’è una tua collaborazione con Holy Similaun su Senufo. Quando, però, pubblicherai il tuo nuovo album? Puoi darci qualche anticipazione al riguardo?

Sì, ho contribuito al nuovo album di Holy Similaun ed in effetti sto collaborando molto con altri musicisti negli ultimi anni. È sempre divertente sentire poi cosa ne fanno gli altri del tuo contributo! Detto questo, il mio lavoro per un secondo album è sempre un po’ rimandato. Ho registrato in questi ultimi mesi a Berlino e sono felice di dire che ora è il momento di produrre, il che richiederà ancora qualche mese, ma ho intenzione di pubblicarlo entro la fine del anno. Sarà un lavoro che si occupa di sogni, principalmente incubi, sonno interrotto… vedi, ecco, alcuni topics a cui ti accennavo poc’anzi. È fortemente basato sui miei scritti fatti tra il sonno e la veglia, accompagnati da ricerche su tutto ciò che riguarda il sonno. A parte questo, pubblicherò a breve anche un album con Tine Vrabič per nostro progetto in duo “II//III”

Negli anni Ottanta Zeena Parkins è stata una delle prime musiciste a suonare in un modo completamente nuovo l’arpa, estrapolandola dalla tradizione della musica classica. Una nuova generazione di talentuose musiciste come te, Mary Lattimore, Marylou Donovan in modi diversi sta continuando il “lavoro”. Cosa ne pensi e quali musicisti ti hanno ispirato?

Penso che per me la prima arpista “weird” sia stata Dorothy Ashby, poi Alice Coltrane e poco dopo Zeena Parkins. Ma a cambiare davvero il mio percorso fu nel 2008 l’ascolto del concerto di Deborah Henson-Conant al Congresso di arpa di Amsterdam, quando lei in una particolare jam-session con un batterista passava dal blues al punk al jazz al pop con la sua piccola arpa elettrica. Quella che ascolto oggi non è più la sua musica eppure credo che quell’esperienza sia stata per me un punto di non ritorno. Un anno prima anche il live di Clare Cooper al City of Women è un ricordo scolpito nella memoria: vedevo molti spettatori fuggire dalla sala perché i suoni erano così intensi, non ortodossi e poco “arpici”! Sono grata anche a lei come a tutti gli arpisti che pensano fuori dagli schemi, dalle idee tradizionali sullo strumento! Io cerco di trovare la mia strada ispirandomi magari alla musica non per arpa o cercando idee fuori per strada o dai suoni della natura.

In italia amiamo Širom, progetto che sta lavorando brillantemente ed in modo originale sull’idea di nuovo folk. La musica popolare tradizionale slovena ha qualche influenza nascosta su di te? Quali sono i tuoi primi ricordi musicali?

Adoro i tre Širom, ma il loro lo definirei più uno pseudo-folk, e questo è detto, naturalmente, in senso positivo!  La loro musica – per quanto ci ricordi qualcosa o ci predisponga ad un certo stato d’animo – è scritta da loro stessi, è una tradizione per lo più immaginata. Io sono una ragazza di città e non mi sento come se avessi connessioni fuori dall’ordinario con la musica popolare tradizionale. Ne cantavamo alcune brani a scuola o nel coro, a casa a volte le nonne accennavano qualche motivo antico e mio nonno materno era in un coro da camera, quindi l’ho sentita in qualche occasione. Gran parte degli ascolti son però venuti da mio papà che sentiva jazz e blues, da mia sorella più grande che ascoltava punk, mio fratello invece mi masterizzava i cd dei No Doubt! A dire il vero il mio primo ricordo connesso alla musica è il grande dolore provato da mia sorella quando morì Kurt Cobain.

Per quest’anno quali sono i tuoi programmi?

Nel 2023 voglio davvero finire e pubblicare gli album di rouge-ah e II/III, esibirmi live un sacco, divertirmi a fare il tour con Ophelia’s Got Talent, una performance di danza contemporanea di cui faccio parte, lavorare ad una mostra personale e imparare a prendermi più tempo per me stessa.

Infine una curiosità: rouge-ah suona molto bene ma ha anche un significato particolare per cui l’hai scelto come nome d’arte?

Il mio nome di battesimo è Urška, ma il mio soprannome dai tempi del liceo è stato Ruža (fiore, rosa). Quando ho iniziato a esibirmi da sola vivevo a Lipsia e ho pensato a come scrivere il mio soprannome in modo che le persone potessero pronunciarlo correttamente.