HOOVERIII, Pointe

È bene sgomberare il tavolo da ogni equivoco: Pointe è un volo a bassa quota rispetto all’esuberanza southern-psichedelica dell’ottimo A Round Of Applause dello scorso anno. Il rock colorato allmanbrotheriano degli Hooveriii ingiallisce, acquisendo sfumature tardo-estive, e la metamorfosi musicale, molto telefonata, coinvolge principalmente country, soul, r’n’b e funky. Molti artisti un tempo psichedelici sono ormai alla scoperta delle proprie radici più tradizionaliste, a patto che siano ammantate di un tocco di weirdness sbarazzina: in linea coi Glyders e la Rose City Band di Eric Ripley Johnson, “The Tall Grass” solletica questa sensazione, mentre “Can’t You Hear Me Calling” arieggia sul pop e “I Am Alive” è la solita ballata lisergica, con tanto di slide. Anche se, alla fine, cosa c’è di veramente lisergico in questo disco? Le occasioni, in realtà, sono poche: un synth, un groove o un assolo di mezzo minuto ricordano musiche ben più coraggiose, ormai passate. “The Ship That I Sail” è la quota jam che va lunga sul minutaggio, ma forse non basta per parlare di psichedelia. La conclusiva “Dreaming” mette a tacere ogni dubbio: siamo sul pop, languido e cool, ma pur sempre pop. Pointe è un buon disco, ma svela molto di più di quanto non vorrebbe: una tendenza verso forme più convenzionali e quadrate, che a volte tarpano un po’ le ali.