EPHEL DUATH, Davide Tiso

Ephel Duath, intervista

Da sempre nome di punta e orgoglio della scena estrema italiana, gli Ephel Duath di Davide Tiso tornano finalmente in azione e svelano parecchie novità interessanti, a cominciare dalla partnership che li vede condividere le sorti con una vocalist carismatica e a dir poco originale. Spetta, infatti, a Karyn Crisis il compito di accompagnare la chitarra di Tiso nella nuova line-up degli Ephel Duath, una all-star band completata dall’incredibile sezione ritmica targata DiGiorgio/Minnemann. Si aggiunga un ep come On Death and Cosmos e gli ingredienti per un’interessante chiacchierata sono belli che serviti.

Si direbbe che negli ultimi tempi la tua vita abbia attraversato alcuni cambiamenti importanti, ti va di raccontarci come siamo arrivati a questo nuovo lavoro a nome Ephel Duath e cosa è successo dopo Through My Dog’s Eyes?

Davide Tiso: Nel 2009, poco prima di iniziare la promozione di Through My Dog’s Eyes, il cantante di Ephel Duath Lucio Lorusso ha dovuto lasciare la band per problemi economici. Dopo aver lavorato così a tanto a quel disco, dopo averlo arrangiato e ri-arrangiato per un centinaio di volte, dopo averlo registrato spendendo fino all’ultimo centesimo che ci era rimasto in cassa, mi sono trovato, di punto in bianco, l’unico membro attivo della band. Nel frattempo Earache faceva pressioni perché io cercassi dei sostituti e riportassi la band dal vivo, ma dopo qualche tentativo non soddisfacente, decisi di fare la promozione del disco da solo e prendere una pausa da Ephel Duath.

In quel periodo Eraldo Bernocchi mi chiese di suonare la chitarra nel disco solista di Karyn Crisis che era in fase di progettazione. Accettai con entusiasmo. Io ed Eraldo in pochi mesi componemmo 17 brani nel suo studio in Toscana. Quando Karyn ci raggiunse in Italia per registrare la voce ci fu della tensione con Eraldo che ha portato l’intera produzione in fase di stallo. Io e Karyn, che nel frattempo avevamo iniziato una relazione, decidemmo allora di venire in California per trovare musicisti locali e iniziare una vita assieme.

Abbiamo vissuto ad Oakland, poi Berkeley e ci siamo infine spostati a San Francisco. Grazie a un buon lavoro che ho trovato poche settimane dopo il nostro arrivo, e con le varie entrate di Karyn, stiamo avendo uno stile di vita decente e tutto il tempo necessario da dedicare alla musica.

Una volta arrivato in California, dopo essermi velocemente adattato al grande cambio di vita, ho lavorato per mesi al disco solista di Karyn, partecipato come guest a vari progetti e fondato una one man band, Manuscripts Don’t Burn. Dopo una tragedia personale occorsa un anno fa ho ritrovato la forza e la motivazione per riportare Ephel Duath sulle scene e ho fatto di tutto per far si che questo sia un ritorno in grande stile.

 L’ingresso di Karyn, senza nulla togliere agli altri due ottimi compagni d’avventura, ha secondo me apportato un valore aggiunto. Lei sembra nata per fondersi con il tuo stile: com’è stato ritrovarsi a lavorare con un’artista così carismatica? Quanto ha influito sul risultato finale il doverti confrontare con la sua voce?

La voce di Karyn mi ha stregato sin dal primo ascolto. Ci sono alcuni tipi di cantato che sono come uno schiaffo in faccia, altri che riescono ad emozionare e li si sente dritti nello stomaco. Penso che Karyn sia capace di donare entrambe le sensazioni.

Ho sempre saputo che le nostre diverse personalità musicali sarebbero potute divenire una miscela esplosiva se ben amalgamate e penso che in On Death and Cosmos siamo riusciti a donare l’intensità di una band compatta attraverso l’esaltazione dei diversi musicisti coinvolti nella registrazione.

Avere Karyn al mio fianco durante la lavorazione di On Death and Cosmos ha reso tutto più semplice per me. Karyn ha un modo di organizzare le cose molto punk ma assolutamente efficiente: è molto metodica, precisa, davvero un’instancabile lavoratrice. Ci siamo preparati per settimane per la registrazione, nota per nota, parola per parola, e una volta entrati in studio non abbiamo avuto alcuna sorpresa se non il fatto di finire un brano dietro l’altro con largo anticipo sui tempi prefissati.

La cosa che preferisco di Karyn come bandmate è la sua brutale onestà. Se una cosa non le piace, non solo te lo fa sapere ma ti ride pure in faccia e questo fatto, specie per una persona che prende la musica seriamente quanto me, è un ottimo modo per bilanciare il mio svizzero e puntiglioso approccio alla band.

I testi di On Death And Cosmos sono tra i più poetici e personali che io abbia mai scritto, l’intensità emotiva raggiunta dalla performance di Karyn dona alle mie parole una forza e un valore ancora maggiore e non ho ancora trovato il modo per ringraziarla a sufficienza per quanto raggiunto in On Death and Cosmos.

Se non erro, i nuovi brani seguono un concept o comunque un disegno preciso. Cosa ti ha ispirato al momento di creare questo nuovo lavoro?

La scorsa estate sono stato devastato da un lutto familiare che ha definitivamente tagliato le radici che mi legano all’Italia. In questo momento della mia vita mi sento più che mai uno zingaro, posso adattarmi a vivere in qualsiasi città a qualsiasi condizione senza sentire nessun senso di nostalgia. Se da un lato ciò può simboleggiare il raggiungimento di una libertà e di una emancipazione superiori (sento un “cosmo” di opportunità aprirsi di fronte a me), è anche vero che questo rappresenta un cambiamento brutale che raffredda notevolmente la mia sensibilità di uomo e che mi spaventa. I testi dell’ep sono nati in questa dolorosa fase di sconvolgimento emotivo. Ho cercato di mettere in poesia il lutto, il senso di abbandono e lo sradicamento che ho subito dopo la morte in questione, e la mia successiva trasformazione.

C’è un lato positivo in ogni tragedia, anche se molto spesso il dolore non ce lo lascia mettere a fuoco appieno: nel mio caso, morte ha significato ritrovare me stesso. Tornando a comporre per Ephel Duath è come se fossi tornato a riappropriarmi del mio stesso baricentro.

Ephel Duath

Che effetto ti ha fatto ritornare in azione come Ephel Duath, che ricordi/sensazioni hai riguardando alla lunga storia del progetto? Hai più ascoltato Phormula (uscito nel 2000 per la code666)?

È una grande soddisfazione tornare a comporre per Ephel Duath, specialmente in questo momento di grande inspirazione artistica. Oggi Ephel Duath è una band più forte che mai, perché dopo aver accettato la natura prettamente underground del progetto mi sono levato dalle spalle molta della pressione che ha da sempre caratterizzato in negativo il mio rapporto con la band. Oggi c’è meno stress attorno a Ephel Duath e solo obiettivi raggiungibili. Allo stesso tempo la mia ambizione dal punto di vista musicale è cresciuta ancora di più e la line up assemblata per questo nuovo lavoro prova queste parole.

Non guardo troppo spesso indietro, penso al presente e cerco di costruire il mio futuro: no, non ho più riascoltato Phormula.

Il suono delle nuove composizioni aggiunge alcuni ingredienti interessanti e apre nuove frontiere all’evoluzione della band. Guardandoti indietro, quali credi siano stati i momenti più importanti e i fattori significativi per lo sviluppo del tuo approccio alla scrittura e per la tua crescita come musicista?

Penso che nel 2005 ci sia stata una grossa svolta nel mio modo di comporre. In quel periodo stavo lavorando all’album Pain Necessary To Know e ho iniziato a sperimentare sulle strutture dei brani, rendendole aperte, con riff che si intrecciavano tra loro senza apparente soluzione di continuità. Ho iniziato a guardare ai bridge in modo differente, non più come meri passaggi da una parte all’altra ma come proto-riff che si sarebbero sviluppati in una fase successiva all’interno dei brani, in modo da creare un groviglio di note e sensazione che si rivelano solo dopo reiterati ascolti. La nuova direzione di Ephel Duath riprende quel modo di intendere la non-forma canzone e la spinge verso lidi ancora più avventurosi, con brani più lunghi e rallentati, giocando con un continuo susseguirsi di emozioni differenti ma complementari che puntano a donare una sensazione di conforto attraverso un iniziale senso di smarrimento. Voglio che le mie canzoni prendano l’ascoltatore per mano, in un trip che gli faccia perdere di vista per qualche minuto problemi e scazzi quotidiani vari e gli trasmettano la sensazione di confondere la propria mente per un po’ attraverso le mie note.

Ascolti ancora molta musica? Ti piace tenerti aggiornato su ciò che gira ultimamente e, in caso di risposta affermativa, cosa ti ha incuriosito di recente?

Ascolto davvero molta musica, non riesco a stare al passo con tutte le uscite discografiche che mi interessano, ma ci provo. Nell’ultimo periodo direi che il disco che mi ha più impressionato è l’ultimo Cattle Decapitation, davvero una prova fantastica. Travis Ryan è sicuramente uno dei migliori cantanti metal in circolazione.

Sebbene l’ultimo Opeth non mi sia piaciuto granché, Storm Corrosion mi sembra davvero un grande disco, tanto buono quanto l’ultimo impressionante disco solista di Steven Wilson. Il ritorno di Ufomammut mi sta esaltando, assieme a Zu li ritengo una delle più belle realtà italiane di sempre.

Mi sono piaciuti molto gli ultimi High on Fire e Cannibal Corpse, non mi ha esaltato il nuovo Meshuggah, sono curioso di ascoltare i nuovi di Deathspell Omega, Baroness, Agalloch, Gorguts e Gojira.

Ephel Duath

Il nuovo ep esce per Agonia Records, come vi siete incontrati e come è nata questa collaborazione?

Filip di Agonia ha cercato di contattarmi per anni, ma per un motivo o un altro siamo riusciti a parlarci solo la scorsa estate: da subito sono rimasto colpito dal suo grande entusiasmo per la mia musica. Per un po’ siamo stati in trattativa per fare uscire Manuscripts Don’t Burn per Agonia, nel frattempo Filip continuava a menzionare un mio possibile ritorno con Ephel Duath senza riuscire a smuovermi granché. Pochi mesi più tardi, durante quel brutto periodo di cui parlavo prima, sono scomparso per un po’. Filip mi scrisse un’ennesima volta chiedendomi di Ephel Duath, allora gli risposi un po’ scontroso, chiedendogli perché si fosse fissato ad avere a che fare con una band come Ephel Duath, così difficile da gestire, costosa e dalle vendite insoddisfacenti. Lui rispose che era pronto a gestire ogni tipo di problema pur di avere la band sulla sua label, e forse fu proprio da quel momento che iniziai a considerare per la prima volta l’idea di un ritorno.

Il supporto, il budget e la passione che Agonia sta offrendo a Ephel Duath vanno oltre qualsiasi altra esperienza io abbia avuto con discografici e il mio senso di gratitudine verso questa piccola e intraprendente realtà polacca cresce di giorno in giorno.

Tu hai anche un progetto solista chiamato Manuscripts Don’t Burn e hai collaborato con Eraldo Bernocchi al progetto Parched: prevedi un seguito per queste due entità? Da cosa nasce la volontà di confrontarsi con altri progetti e altri musicisti?

Quando compongo per Ephel Duath non sento il bisogno, e non ho il tempo, per progetti paralleli. Sia Manuscripts Don’t Burn che Parched sono sfoghi artistici nati in periodi in cui non ero attivo con la mia band principale. Mentre Manuscripts Don’t Burn potrebbe essere un progetto che riprenderò in futuro, non penso ci sia un seguito per Parched. Non sono più in contatto con Eraldo Bernocchi, né con Giacomo Bruzzo di Rare Noise. Purtroppo i dissapori nati durante la gestazione del disco solista di Karyn Crisis e il successivo ritardo nella consegna del master una volta che io e Karyn ci siamo trasferiti in California, hanno diviso ambo le parti davvero molto. Qualche mese fa Karyn ha rotto il contratto che la legava a Rare Noise e al momento stiamo ripagando loro gli advance che abbiamo ricevuto quando il disco era in gestazione assieme a Bernocchi.

Quando ci siamo sentiti l’ultima volta, Karyn stava lavorando ad un suo album solista, hai qualche novità a riguardo?

L’album solista di Karyn sta avendo più di un rimaneggiamento. Per la verità ne abbiamo già composto tre versioni differenti e non abbiamo raggiunto il risultato che Karyn desidera. Abbiamo recentemente deciso di dare all’album una nuova ennesima veste, molto scarna e Swans-like. Spero che a breve, grazie all’aiuto di Danny Walker degli Intronaut alla batteria, si riesca a centrare le composizioni giuste, così da dare sfogo a quel fiume in piena che è il processo creativo di Karyn.

Avremo la possibilità di vedervi in azione dal vivo?

Torneremo a suonare dal vivo una volta che il nuovo disco sarà registrato ma solo se ci saranno proposte le condizioni necessarie per fare dei buoni concerti. Per me comporre musica è un processo molto intimo, vitale direi: non lo faccio per passione, lo faccio perché devo. Portare Ephel Duath dal vivo ha per me sempre significato sacrificare molto dell’aspetto artistico e dover avere a che fare solo con il lato più pratico e basso della musica: promoter che non pagano, concerti senza promozione, tour pianificati male, tante, tante spese. Non mi interessa ripetere quel tipo di esperienza ancora una volta. Non voglio che la gioia di comporre musica per questa band venga intaccata ancora una volta dall’orribile stato in cui si trova il music business. Non scendo più a compromessi quando si parla di Ephel Duath: mi sono ripromesso di prendere solo decisioni per il bene esclusivo della band e del suo futuro. Suonare dal vivo in pessime condizioni non comprometterà ancora una volta la mia integrità di musicista e persona.

Quali saranno le prossime mosse? Hai già pianificato l’uscita dell’album?

On Death and Cosmos uscirà il 21 giugno. Siamo nel pieno della promozione e finora le reazioni sono molto positive. Stiamo preparando un video per il brano “Stardust Rain” assieme al visionario Mitch Massie, che ha curato l’ultimo short movie di Cattle Decapitation. Nel frattempo sono da mesi al lavoro su un nuovo album che spero riusciremo a far uscire la prossima primavera/estate. Ho già composto 6 brani e 5 testi e sono davvero molto soddisfatto di come si stanno evolvendo.

Grazie mille del tuo tempo, concludi pure come preferisci…

In bocca al lupo a te e allo staff di The New Noise per questa nuova avventura che mi sembra, ancora una volta, di livello e portata assolutamente superiori. È anche grazie al lavoro e alla passione di gente come te che band come la mia riescono a raggiungere un pubblico attento. Massimo rispetto e gratitudine.

Nota Bene: mentre pubblichiamo l’intervista, l’ep è in streaming qui. Approfittatene.