CTM Festival, 27/1/2023 – 5/2/2023

Berlino.

Ripresentarsi al CTM dopo gli anni della pandemia è stato un po’ come tornare a casa, trovando certezze (ma anche sorprese) e consuetudini fatte di inenarrabili camminate nel freddo della notte berlinese! Dunque, se è vero che l’organizzazione è teutonica, è altrettanto vero che la vastità della capitale tedesca e la sovrapposizione di molti concerti costringono un po’ tutti a muoversi freneticamente da un quartiere all’altro, ma con una certa dose d’innocente masochismo possiamo affermare che anche questa è una delle componenti essenziali dell’evento.

Due i focus proposti quest’anno: “We Found Our Own Reality”, curato da Paul Purgas (metà degli Emptyset), dedicato agli albori della scena elettronica indiana, e “Afropollination”.

“We Found Our Own Reality” si è dunque occupato di sperimentatori come Akhil Succena e Gita Sarabhai (fu lui a collaborare con David Tudor alla fine degli anni Sessanta negli studi NID di Ahmedabad). La mostra, le conferenze ed i concerti poi tenuti all’interno del Silent Green del quartiere Wedding sono stati una straordinaria possibilità per scoprire una storia a noi (colpevolmente) ignota ed avere conferma che musicisti come lo stesso curatore Paul Purgas, Nabihah Iqbal, Imran Perretta o Poulomi Desai – presenti nei bellissimi concerti alla Betonhalle – siano giusto l’ultima parte di una lunga storia di avvicinamento e simbiosi culturale.

“Afropollination” è stato uno stratagemma per far incontrare e collaborare musicisti della scena elettronica europea con le proposte dell’ormai affermata etichetta di Kampala Nyege Nyege Tapes, concerti sparsi a notte fonda nei club dal Berghain all’RSO e ne citerei uno su tutti, quello pulsante di poliritmie, super-anfetaminico di Zoe Mc Pherson con Jay Mitta e Dj Diaki Kone, sottolineato dal frenetico twerking di Nana & Zai.

Raccontare di tutti i musicisti e dei relativi concerti sarebbe troppo lungo e dunque con una certa dose di lucida semplificazione segue un elenco di quelli che a noi hanno sorpreso e più sono piaciuti: Coby Sey in furente quartetto basso-sax-batteria-xilofono, Andrea Belfi col suo nuovo set quasi esclusivamente digitale, Puce Mary (elettronica profonda ed immersiva), Jana Woodstock allucinata, sincopata, bravissima, Mercè Blasco, la cyborg performer spagnola, i capricci, le pene d’amore e i danzatori di Nziria, la collaborazione fra Jessika Ekomane e Afrorack aka Brian Bamanya come anche quella fra i californiani Tashi Wada e Julia Holter, la giovane visionaria musicista iraniana Nazanin Noori e ancora da Montreal il ritorno al CTM di Marie Davidson in una versione ultra-techno e, all’opposto, immersa in una luce blu-klein, la poetica installazione e performance dell’artista di Sri Lanka Isuru Kumarasinghe, la giovane islandese Hekla alle prese con una versione elettronica di un Theremin da lei concepita.

Qualche delusione, sì: Christina Wheeler, il suo live “Totality of Blackness”, new age fuori tempo massimo, poi “Funeral Folk”, progetto di Maria W Horn & Sara Parkins, davvero inopportune (mancavano solo gli accendini in chiusura) e vagamente iettatorie; stesso mood mortifero da Manchester per Keeley Forsyth e dulcis in fundo Amnesia Scanner, che a parte il sottoscritto e pochi altri, che li trovano insopportabili e massimi esponenti dell’ala tecnologica “épater le bourgeois”, godono invece di ottimo pubblico e stampa… mistero.

Discorso a parte per la serata-incontro con il regista Michael P. Aust e Irmin Schmidt, presente alla premiere del documentario a lui dedicato “CAN and Me”, excursus di immagini inedite, storie ed aneddoti entusiasmanti sulla sua vita e sulla sua arte, dall’infanzia con un padre gerarca nazista agli studi in conservatorio, passando per la formazione dei mitici CAN fino alle più recenti produzioni.

In finale il meraviglioso omaggio a Marianne Amacher (1938-2009) con “GLIA” (ultima opera della compositrice statunitense presentata una solo volta nel 2006 sempre a Berlino, per il Laboratorio di Media-Art Tesla allora sotto la direzione di Carsten Seiffarth) da parte del compositore Bill Dietz in combutta con elementi di Ensemble Contrechamps ed Ensemble Zwischentöne al Teatro Radialsystem: una rilettura del lavoro in chiave contemporanea e simbiotica fra i suoni incantatori e purissimi dei 7 musicisti in scena (due fisarmoniche, due flauti, due violini, un violoncello) e la regia digitale del direttore Dietz, distante su una sorta di piccola torre metallica, con le sue macchine discretamente manipolatrici. Questo è stato un concerto magnifico, ipnotico, in un contesto di assoluta libertà formale/sostanziale d’ascolto, con suoni provenienti da un sistema acustico disseminato ad hoc nel vasto auditorium spogliato da sedie e poltrone, il palco sistemato quasi al centro dello spazio.

Molti i musicisti che, pur non partecipando al CTM 2023, abbiamo incontrato durante i giorni del festival: fra gli altri piace ricordare Simone Merli di Soundwalk Collective, Wang Inc aka Bartolomeo Sailer, KMRU, Lucia Ronchetti, Massimiliano Cerioni (presente nel collettivo Collective Control al teatro Hau2), Caterina Barbieri, infine lo sguardo attento del sempre presente direttore artistico Remco Schuurbiers, da anni colonna della rassegna berlinese, questo a segnalare il fatto che festival come CTM servono ad attivare conoscenze, oltre che soprattutto “conoscenza”.

Una segnalazione extra-festival ma valida fino al 14 maggio riguarda la mostra “Broken Musik n.2” alla Hamburger Bahnhof: una imperdibile storia delle nuove musiche, dal primo Novecento ad oggi, possibile grazie all’immensa, preziosa collezione di vinili dello storico negozio “Gelbe Musik” (“Musica Gialla”), Kandinskij docet, fondato nel 1981 da Ursula Block a Wilmersdorf Strasse, come dire da Marcel Duchamp a Emeka Ogboh via Ornament & Verbrechen… Berlino val bene una Messa, sempre!