BUÑUEL, Killers Like Us

Alla domanda “che cosa è l’arte?” si potrebbe rispondere celiando (ma non sarebbe una celia sciocca): che l’arte è ciò che tutti sanno che cosa sia. Questo scriveva quello scemo di Benedetto Croce. Coi Buñuel è lo stesso: Jesus Lizard, Scratch Acid, Shellac, Unsane. Unico imprevisto: sono su Profound Lore e su La Tempesta contemporaneamente. Si tratta di un gruppo, che non so quanto provi nello stesso posto (risposta probabile: mai, tranne quando va in tour), formato da uno dei migliori batteristi italiani degli ultimi quindici-vent’anni, cioè Francesco Valente, ex Teatro Degli Orrori e One Dimensional Man (a mixare il disco è stato Favero, per inciso), da uno dei migliori chitarristi italiani, cioè Xabier Iriondo degli Afterhours, da Eugene Robinson degli Oxbow, cantante, scrittore, saggista, attore, pugile, spogliarellista, e da Andrea Lombardini al basso, che non conosco e dunque non posso presentare in modo colorito (sostituisce il fondatore Capovilla, ennesimo indizio sul dna della band). Non trovo giusto parlare di pilota automatico, perché in musica ha spesso una connotazione negativa, ma di saper fare certe cose ad occhi chiusi sì, forti di secchiate di carisma al microfono, carisma a cui si lascia lo spazio di muoversi all’interno di qualche sano episodio meno spaccagambe e più destrutturato dell’album (tipo la chiusura “Even In The Jungle”).

Quali pezzi si possono ascoltare già da tempo, in quanto biglietto da visita / specchietto per le allodole / spot pubblicitario? “When God Uses a Rope”, che inizia con una parte di basso messa lì per suggerire agli ultimi due rincoglioniti rimasti quale mai possa essere il genere suonato dai Buñuel e prosegue persino troppo dritto; stesso discorso per “Crack Shot”, solo che è migliore, perché la sezione ritmica è una bomba a mano, perché Robinson è istrionico come non mai e un po’ pure perché c’è della melodia a presa rapida. Quindi, insomma, non so bene se continuare a scrivere che non ci sono più le mezze stagioni o che la pasta si butta in pentola quando l’acqua bolle: hanno tutti capito tutto, diceva Fabri Fibra, ma qui lo spettacolo non è finto di brutto e, se pensate che lo sia, ammetterete comunque che vi siete divertiti dall’inizio alla fine (se è ok un Mattarella bis, va stra-bene un Buñuel tris).