BARBARA DE DOMINICIS, Body Maps

Barbara De Dominicis è già passata per di qui: cointestataria di Parallel 41 con Julia Kent, ospite di Elio Martusciello nel disco incise. Non inosservata.

Voce stupenda, è un’interprete sui generis in grado di stare sopra (quasi sempre), nelle, sotto le righe. Potrebbe avere un gruppo normale e andare in giro per il mondo, invece per qualche motivo che non conosco è come David Sylvian in Blemish (e Manafon): lui con Derek Bailey e Fennesz (e poi Rowe, Nakamura, Yoshihide…), oggi lei con Teho Teardo, Elio Martusciello, Marco Messina, Marco Bonini. Blemish e Body Maps vogliono dire improvvisare, quindi anche inciampare, distanziarsi dalla forma canzone, percorrere il non lineare, accettare le imperfezioni e vederne il bello (nel caso di De Dominicis si aggiungono quelle del corpo), e credo anche affrontare un dolore (nel caso di Sylvian un divorzio, questo è un fatto). Io so che qualcuno proromperà in un ma che cazzo c’entra: io risponderò che la frizione tra mondi è quella, solo che lei è più camaleontica e alla fin fine è più parte di quei territori che per lui al tempo erano ancora frontiera.

Se devo scegliere tra le cinque (sei, in realtà) tracce, prendo “Womb”, inevitabilmente amniotica, con lei che si rivolge al figlio ancora nella pancia, poi “Heart Unbeaten”, nella quale De Dominicis si esprime al meglio, con melodia e paesaggio sonoro che convivono senza problemi. Aggiungo la ghost track. Sono quelle più accessibili, il che dà l’idea di dove io segno i miei confini su queste body maps. Altri li tracceranno diversamente.