ALGIERS, There Is No Year

In un battibaleno gli Algiers da Atlanta sono già arrivati al terzo album, sempre su Matador. Sembra ieri quando il loro esordio omonimo, nel 2015, colpiva per la capacità di unire post-punk e gospel dai contenuti fortemente politici: un fermo-immagine sonoro dell’attualità, calzante se non addirittura necessario. Pensate a dei Clash nati sul lato oscuro della luna: una formula – bravi loro ad averla centrata o confezionata – in seguito affinata e resa più elettronica in The Underside Of Power, lavorato assieme ad Adrian Utley e Randall Dunn. Quest’ultimo, in compagnia di Ben Greenberg, mette le mani anche su There Is No Year, di nuovo super-ombroso nel fondere radici e modernità, rock, R&B e industrial alla Nine Inch Nails (la distopia per Reznor equivaleva a uno Year Zero, ma qui addirittura There Is No Year).

Se fino a poco tempo fa, pur apprezzandone la proposta, continuavamo a nutrire qualche piccolo dubbio sul quartetto americano, perché a volte i brani sembravano quasi finire in preda al surplus di contaminazioni stilistiche e messaggi radicali profusi con estrema enfasi, rievocando tanto Marvin Gaye quanto Malcom X, adesso la solidità del progetto appare definitiva, come dimostra una crescita intrapresa attraverso molti concerti, persino in apertura ai Depeche Mode (in attesa delle prossime date italiane di fine febbraio) e consensi assortiti.

Franklin James Fisher parla delle brutture del mondo che si perpetuano nei secoli, “come un romanzo neo-Southern Gothic con un sottofondo di anti-oppressione”, e che si trasformano in un senso di insicurezza individuale. Per approfondire, potete leggere la poesia “Misophonia” stampata in copertina, dalla quale ha preso spunto il concept del disco.  Ma l’ascolto resta solido di per sé, nell’insieme ancor prima che nei singoli episodi: dalle pulsazioni dark della title-track alla reale blackness metropolitana del primo estratto “Dispossession”, che ospita il gruppo Mourning [A] BLKstar agli epici cori (nel video si alternano riprese dei massacri coloniali in Algeria e delle rivolte nelle banlieue a Parigi). Con ulteriore menzione per i tasti foschi e le vibrazioni digitali di “Hour Of The Furnaces”, gli spettri Eighties più heavy di “Unoccupied” e più dance di una “Chaka” resa noir da un sax spettrale, oppure per l’introspezione profonda di “Repeating Night”. Quando il futuro manca all’appello, non rimane che reagire. Nel 2020 gli Algiers ci sono.

Tracklist

01. There Is No Year
02. Dispossession
03. Hour Of The Furnaces
04. Losing Is Ours
05. Unoccupied
06. Chaka
07. Wait For The Sound
08. Repeating Night
09. We Can’t Be Found
10. Nothing Bloomed
11. Void