AGRICULTURE, Agriculture

Nothing to begin with
And nothing after all

La talassofobia è la paura dell’acqua profonda. Un panico atavico nei confronti degli abissi, quelle gole di buio pesto che ci guardano senza essere guardate, lasciandoci quella sensazione di ignoto da cui è difficile staccarsi. Un vuoto immenso che ritroviamo nel debutto di questo quartetto californiano, che già dalla copertina dell’omonimo Agriculture riprende la fredda desolazione dell’oceano. Una figura incappucciata si incammina tra le onde in una notte buia come la morte, preambolo perfetto per il fulminante blackgaze della band, che procede imperterrito per tutto il disco. I riff salgono come la più prorompente delle maree, riversandosi e inoltrandosi nei polmoni, imponendosi con tutta la loro grigia pece sui bronchi spacciati dell’ascoltatore.

Una struttura modulare che fa capolino fin dai primi cambi di riff di “The Glory Of The Ocean”, che si sviluppa in tre atti, uno più terso dell’altro. Plettri infuocati e urla ben incastonate procedono a braccetto, con un sound straboccante che nel suo equilibrio tra aggressione e riff melodici ricorda i primi Deafheaven. Dopo la ballad “The Well”,  fatta con chitarrone e vocione che piombano tra le pieghe dei growl, si ritorna nell’ottovolante black con “Look”, anch’essa suddivisa in tre capitoli farciti di blast beat, urla strazianti (gli echi diabolici di “Pt.3”) e un lirismo cupissimo (“This is the holy dark: outside choices that you can’t make, how it’s beautiful to accept you are part of everything with no control”) che complessivamente segue per tutta la durata un fil rouge narrativo basato sull’auto-accettazione, l’identità, la natura e il supporto di chi ci sta attorno. L’ennesimo esempio che la musica etichettata come “estrema” è quella che riesce con maggiore impatto a esplodere in un turbinio estatico di filosofia quasi trascendentale. Una delle poche pecche di questo debutto è la sporadica disconnessione dentro alle tracce, che a volte sembrano un collage di tante piccole idee sparse e sviluppate solo in parte. Una caratteristica che però quando funziona è totalizzante, come nel finale gargantuesco della già citata “Look” o la sezione centrale della conclusiva “Relier”. Alla fine il gioco vale la candela, e l’opera prima degli Agriculture lascia la sua presa solo quando ci ha totalmente risucchiato nei suoi abissi più reconditi. La scuderia della Flenser, dopo il boom dello scorso anno targato Chat Pile, lancia l’ennesima scommessa e fa di nuovo centro.