TYTUS, Roaming In Despair

Negli ultimi dieci anni c’è stata quella che potremmo definire una “nuova nuova ondata” heavy metal a livello internazionale, che riprendeva e riprende fedelmente sonorità, grafiche e attitudine degli Eighties: i triestini Tytus sono senza dubbio tra i principali protagonisti italiani di questa storia. Attivi dal 2014, con alle spalle due lp e un paio di ep, ci regalano tre nuovi pezzi inediti: una intro (“The March Of The Unwiling”) che riecheggia Killers e la sua “The Ides Of March” (non solo per quel “March” nel titolo), a cui segue “Fistful Of Sand”, che – se non si conosce già la band – mette subito in chiaro le cose, piazzando un mix tra la NWOBHM e il grezzo dei Motörhead, influenzato dal classico punk hardcore italiano per quanto riguarda la voce (ma pure per quanto riguarda l’insieme), arrangiamenti e assoli anche a due chitarre che dimostrano il savoir faire dei musicisti, e aperture epiche nei ritornelli. Manca ancora un originale, ma prima tocca a tre cover che esplicitano meglio le fonti d’ispirazione dei Tytus, senza andare sullo scontato. È ormai evidente quanto gli MC5 siano stati punto di riferimento per buona parte dei gruppi garage, proto-punk (e chi più ne ha più ne metta) venuti dopo gli anni Settanta, e ancora lo siano: qui abbiamo una versione molto personale di “Gotta Keep Moving”. Poi è il turno di “Motori” dei Divlje Jagode (storica formazione bosniaca che iniziò alla fine degli anni Settanta), omaggiati con una cover energica che incoraggia un approfondimento della loro discografia. Terza versione di copertura è quella di “Out In The Fields” di Gary Moore, all’epoca composta ed eseguita con Phil Lynott (con cui aveva suonato nei Thin Lizzy), già rifatta molte volte da gente come Riot o Michael Schenker Group, e hit da classifica del 1985 grazie al suo mix tra metal classico, tastiere e melodie catchy: possiamo dire che i Tytus rendono giustizia a due giganti come Moore e Lynott, anche a quelli dei lavori più “tamarri”. “Roaming In Despair” – ultimo inedito e title-track – riconferma le coordinate del sound del gruppo, chiudendo questo nuovo ep con una lunga coda strumentale.

Doppio ringraziamento ai quattro di Trieste per aver proposto materiale nuovo e aver dato la possibilità a qualcuno di (ri)scoprire e apprezzare alcuni classici talvolta dimenticati.