SONS OF VILJEMS, Lithospheric Melodies

Il percorso di Nejc Haberman (basso e synth) e Andrea Giommi (chitarra e voce), i figli di Guglielmo in questione, è stato lungo e accorto prima di arrivare ad ultimarsi in forma d’album, con il qui presente Lithospheric Melodies, in uscita per l’etichetta italiana Disasters By Choice.

A partire dal 2018 (la conoscenza tra i due risale a prima) il progetto inizia a pubblicare tracce sparse e singoli per svariate etichette. Nel 2020 ho avuto anche io il piacere di pubblicare tramite EEEE le due tracce composte insieme a Filip Sijanec, Jelena e Unthinking. Ora, sempre di base a Londra, la coppia ha lavorato con il batterista jazz Tim Doyle, che ha registrato il disco e parti di batteria, oltre che con una pletora di collaboratrici e collaboratori d’eccezione: il già citato Filip, Laura Loriga (della cui band dal vivo Andrea fa parte), Agathe Max (già con gli Abstract Concrete) Matjaz Mlakar (negli Yazoo insieme a Nejc) ed Elisa Ridolfi alla voci. Vecchie e nuove amicizie, per un ensemble di tutto rispetto, prodotto e mixato da Gabriel Becker.

Ma il suono?

Il suono è cinematografico e di respiro, “Lahar” inizia con un bordone di archi fino a quando il basso arriva a dare il ritmo, la chitarra si apre al “western” e il paesaggio arso sembra essere quello del Corno d’Africa rurale, con il ritmo che prende sempre più il respiro, stringendo la gola. Il peregrinare prosegue con una sorta di afrodub direttamente dai bagliori delle oasi, le voci di Elisa Ridolfi e Laura Loriga come vapore bruciante. “Nephew Of Viljems”, programmatico il titolo della terza traccia, che si stira sorniona come un gatto o un serpente al sole. La sensazione è quella di assistere alla sonorizzazione di un appostamento strategico. Si osserva crescere una tensione molto lentamente ma non c’è mai il colpo del ko, nemmeno in “Lithospheric Patterns”. Solo paesaggi che mantengono una temperatura ed un’atmosfera costante, picchi da linee vocali che appaiono e scompaiono, l’eterna sensazione che qualcosa possa accadere da un momento all’altro. Eccole, le parole, il canto, in una “Silence” che si compie quasi in big band, Andrea Giommi, Laura Loriga ed Elisa ai canti a rifinire confini ed azioni, aggiungendo enfasi e profondità al quadro generale con Agathe Max e Filip Sijanec. Litospheric Melodies non è un disco che si svela subito, anzi trae spesso in inganno, non raccontando quel che ci si aspetterebbe da lui; ma quando trova il suo equilibrio trascina e prende per mano, in un crogiuolo che scada più come un deserto che come un cratere, per sette brani ad altissima temperatura. L’incedere del duo va a lambire diversi terreni accidentati, quelli del jazz, del dub, del western e del post-rock senza accasarsi su nessuno di loro, ma rimanendo sfuggente, quel tanto che basta per spingerci a riascoltarlo, cercando di tradurre e risolvere questo bel cubo di Rubik sonoro.