REJEKTS, Adamo

Porta il nome del primo uomo il ritorno dei Rejekts, che – senza affanno e prendendosi tutto il tempo necessario dopo il precedente Triratna (2016) – ripartono per un viaggio incentrato sulla figura umana e le sue lotte quotidiane, in conflitto con sé stessa e con l’esterno. Come appare evidente dai titoli dei brani, ci si sposta tra metafore prese in prestito da narrazioni religiose e mitologiche dalle quali non fatichiamo a rilevare le analogie con il brutale e spesso crudele racconto delle nostre difficoltà quotidiane. Ogni traccia racchiude in sé i riflessi della nostra società, nonché quel senso di inadeguatezza e oppressione che essa produce e che ciascuno finisce per sperimentare: la medesima opprimente, asfittica sensazione che si prova subendo la colata di suoni metallici e stridenti passati per il Toxic Basement Studio, ottimali nel dar voce all’urlo disperato della band. Tra black metal e grindcore, atmosfere gelide e furia hardcore, con alcune linee melodiche dal mood epico che ben di adatta alle storie evocate, la band ha saputo costruire un lavoro che non sembra interessato a rassicurare o cullare, quanto piuttosto a voler raffigurare un panorama degno di Bosch e dei suoi dipinti inquietanti. Si segue una strada già tracciata da pionieri del genere, ma lo si fa determinati e con intelligenza, così da coinvolgere chi ascolta e colpire la sua immaginazione. Nota (non troppo) a margine: la scelta dell’italiano per i testi, che rende più semplice immedesimarsi e lasciarsi trasportare nel mondo di Adamo.