RAINY MILLER x SPACE AFRIKA, A Grisaille Wedding

Ok, stavolta partiamo dalla fine. Ho provato e riprovato ad ascoltare e analizzare questo progetto, ma non riesco a digerirlo. Ho cercato di cambiare prospettiva, come davanti a un quadro troppo complesso per essere compreso da una sola angolazione, ma nonostante tutti i miei sforzi quella che mi sono trovato davanti è stata sempre la stessa tela, un grigiume che dal titolo si propaga negli undici pezzi che compongono A Grisaille Wedding. Non ci sono strane prospettive da sbloccare, nessun trompe-l’œil da osservare con fervore, pochissimi dettagli da ammirare. La grisaille citata nel titolo è una tecnica di pittura monocroma che riproduce le luci e le ombre mediante i vari toni del grigio. Una buona sintesi di qualcosa che stenta a decollare, e in cui le pennellate risultano titubanti e assolutamente non focalizzate. Il chiaroscuro esce fortemente bidimensionale dalla mano della collaborazione tripartita fra il duo Space Afrika, producer dediti a un’ambient techno di qualità, e Rainy Miller, voce fresca a cavallo tra R&B e ambient pop. Un sodalizio nato nel 2020 e sbocciato ufficialmente solo tre anni dopo, e coltivato all’interno della florida scena musicale inglese, sempre foriera di collaborazioni trasversali tra una moltitudine di menti. Questa voglia di esprimersi, una necessità ancestrale di porre il confine un po’ più in là, è la vera marcia in più delle scene musicali in salute. Un entusiasmo che però ignora i trappoloni disseminati lungo il percorso. E questo matrimonio a tinte fosche ne ha trovato più di uno durante il suo pellegrinaggio.

Facendo qualche passo indietro e allontanandosi da questa tela sonora, ci si accorge di come la seconda parte sia più incisiva rispetto a una prima selezione di tracce quasi petulanti nella loro litania adagiata su basi monodimensionali. Alla partenza, infatti il mix tra i tre non ha effettiva profondità, e i motivi di interesse si assottigliano fin da subito sotto ai colpi a vuoto dell’iniziale “Summon The Spirit / Demon” e “00-Down / Murmansk, 12”. Le parti sembrano annullarsi vicendevolmente, come in una grande equazione a somma zero. Sostituendo vari addendi (i featuring si sprecano, con Mica Levi come nome di punta nella seconda traccia) la sostanza comunque non cambia, e i momenti migliori compaiono all’orizzonte quando l’ensemble vira su terreni più strutturati e sicuri, come nel caso del groove UK Grime di “Sweet (I’m Free)” e nel gol a porta vuota di “The Graves At Charleroi”, il pezzo più convincente e toccante del lotto, che non a caso si avventura nel terreno più consono agli Space Afrika, con una toccante elegia di synth e violini. Da qui in poi il cammino si fa meno insicuro, con alcuni convincenti quanto piccoli momenti di gioia (“I Believe In God, When Things Are Going My Way” e “Bobbies Reprise”), ma è veramente troppo tardi per risollevare le sorti di un progetto che forse ha puntato troppo in alto, un Icaro ingrigito che si era posto l’obiettivo di far sposare diverse anime del mondo alternative made in UK, ma che si scioglie a contatto con la luce accecante della realtà.