PHILL NIBLOCK, Looking For Daniel

L’otto gennaio 2024 si spegne a New York, all’età di novant’anni, il compositore e regista Phill Niblock. La Unsounds Label lo celebra con la pubblicazione di Looking For Daniel, disco che raccoglie due delle sue ultime composizioni: “Biliana” (2023, scritto per la violinista Biliana Voutchkova) e “Exploratory, Rhine Version, Looking for Daniel” (2019), eseguito dagli ensemble Modelo62 e Scordatura.

Looking For Daniel è ancora, ossessivamente Niblock: due fiumi sonori, dall’andamento placido ma dalle acque intorbidite da increspature minime, quasi impercettibili. Sussulti nei fondali al di sotto di un’uniforme, gigantesca massa sonora in lento movimento, che procede allargandosi fino a occupare l’intero spazio acustico, senza interruzioni né accelerazioni. È il reame del continuum musicale: semplificando al massimo, un unico bordone di materia elettroacustica a cui si sovrappongono, attraverso la manipolazione di nastri e audio file, più strati lievemente sfasati in altezza e velocità. Angosciante metafora della freccia del tempo o solo intuizione minimalista portata agli estremi e reiterata all’infinito nel corso di una lunga carriera?

Il lascito di questo compositore impone una profonda riflessione sul senso della ricerca sonora nel nostro tempo. Da una prospettiva storica il linguaggio musicale, elaborato nei secoli fino a raggiungere impressionanti livelli di complessità formale, si è progressivamente assottigliato, inseguendo prima cicli ripetuti di cellule ritmico-melodiche e infine giungendo alla pura rarefazione di cui il continuum di Niblock è solo un esempio. Looking For Daniel conferma quanto questo autore sia stato radicale nel metodo compositivo fino a lambire il punto ultimo di una ricerca al di là di cui potrebbe non esserci più nulla, se non il silenzio auspicato da Cage. Il processo è stato – perlomeno in un’ottica esclusivamente minimalista – inevitabile, paragonabile all’estinzione che segue una lunga parabola evolutiva. Paradossalmente, per proseguire nella ricerca musicale si è costretti a tornare indietro, a guardare al passato e questo può costituire un dilemma per il compositore contemporaneo.

È vero che, per quanto si mischino le carte da gioco del sincretismo, non si intravede ancora un’intuizione musicale genuinamente innovativa in grado di oltrepassare quanto già detto nel recente passato; nonostante ciò non è detto che sia questo il solo obiettivo di un compositore. Il senso più profondo del fare musica risiede nell’adottare una forma di comunicazione capace, anche senza l’utilizzo di un testo, di scavalcare la ragione giungendo ad annidarsi direttamente all’interno del nostro animo. La ricerca fine a sé stessa è più un gioco cerebrale rivolto ad un pubblico accuratamente selezionato e adeguatamente preparato. È arduo definire quanto l’opera di Niblock tenda verso l’uno o l’altro versante: cerebrale, sì; definirla emotivamente asettica non è però del tutto corretto e – volendo – anche giusto nei confronti dell’autore. Gli spazi della sua musica, proprio perché così infiniti e indefiniti, possono regalare autentiche immersioni in territori psichici prossimi alla stasi contemplativa.

Cosa penserebbe Niblock di tutto ciò? Lui, il navigatore dei colossali fiumi sonori senza inizio e fine, si è spento continuando fino all’ultimo a perseguire la sua personale idea compositiva, a suo agio in un universo monodimensionale algido e rarefatto, in cui tutte le stelle hanno smesso di ardere. Austero e impenetrabile, il suo continuum rimane una dimensione sonora misteriosa, per certi versi simile all’Aldilà, l’unico altro luogo dove tutte le domande tacciono.