Per Ennio Morricone. Il logos della musica

Nel 1974 la Rai produsse uno “sceneggiato” per la TV, si trattava di una collaborazione internazionale e chi scrive aveva 8 anni: “Mosè”, protagonista Burt Lancaster. La colonna sonora era di Ennio Morricone e io a 8 anni ne rimasi completamente sopraffatto, senza saperne il perché. Era bellissima, avvolgente, delirante a tratti, entusiasmante e mistica, sperimentale – incredibili i brani che trasformavano in Musica le terrificanti scene delle piaghe d’Egitto – l’impossibile inno “Israel”. Insomma, per un bambino di 8 anni, certo un po’ strambo, diventò una specie di ossessione, per cui obbligai i miei a comprarmi il 33 giri della colonna sonora…

Non si può che tradire il “vissuto” personale di questi decenni del Secondo Novecento musicale cinematografico di ognuno, tentando disperatamente di scrivere qualcosa che sia solo approssimativamente plausibile per esprimere non solo ciò che si conserva dentro di sé, ma la percezione attuale, il sentimento profondo che oggi la morte di questo Genio ci obbliga a sperimentare.

Poche eccellenti scomparse mi hanno colpito intimamente: Foucault, 1984, Deleuze, 1995, Severino, Giorello e Morricone quest’anno. Non certo soltanto queste, ma come il Maestro oggi, alcune personalità che hanno accompagnato le nostre esistenze sono “geniali”, anche perché in un modo o nell’altro hanno trasformato qualcosa in noi, vili “metalli”, in “oro” alchemico.

Nella musica di Morricone si fondono sperimentazione ed evocatività immaginifica, cantabilità, epicità, raffinatissime dissonanze, capacità di trasfigurazione sonora dell’intima iconica forza del cinema, indescrivibile verità del sentimento. Una musica capace peraltro di smuovere tutti i generi e attraversare la Storia, le “storie” che racconta il cinema e quelle che può raccontare la stessa Musica. Morricone, insomma, è nella sua Opera-Mondo.
Penso a “Here’s To You” con Joan Baez, per “Sacco e Vanzetti”, a “Per Un Pugno Di Dollari”, “C’Era Una Volta In America”, “Il Buono, Il Brutto E Il Cattivo”, fino ai lavori più recenti come “The Hateful Eight”.

L’Arte di Ennio Morricone è Arte del Genio, una corrente, un flusso, una vibrazione che “piega” la sensibilità e la costringe a liberarsi, portando con sé l’intelligenza ad abbandonarsi alla verità che ognuno a modo suo è quando scopre, nella bellezza, se stesso.

C’è la scena della carica delle Giubbe rosse ne “Gli Intoccabili” che è una “theoria” eroica, la struggente forza del canto di “C’Era Una Volta Il West”, l’inquietante e sinistra implacabilità di “Indagine Su Un Cittadino Al Di Sopra Di Ogni Sospetto”, il virtuosismo dionisiaco de “La Leggenda Del Pianista Sull’Oceano”, l’apollinea compostezza di “Canone Inverso”.

Ennio Morricone ci ha fatti navigare in uno spazio di cui ha di volta in volta tracciato cartografie sonore di verità, narrazioni, che solo il Genio che conosce i segreti dell’Arte della Meraviglia – lo Stupore-Terrore per lo Spettacolo dell’essere – può concedere.

E allora, grazie Maestro, con lacrime di gratitudine ti lasceremo andare.