LOSCIL / LAWRENCE ENGLISH, Colours Of Air

Usando un paragone ottico, Colours Of Air, edito da Kranky, è come l’ipotetica scomposizione di un fascio luminoso attraverso un prisma, solo che qui al posto della luce ci sono l’approccio ambient-massimalista di Lawrence English e di quello di Scott Morgan. Il primo, noto e prolifico artista australiano, è araldo da anni di un ambient ipnagogico sui generis, totalizzante e impenetrabile; il secondo, canadese, si trova quasi in una posizione complementare con la sua tavolozza più ritmica, rarefatta e melodica. La collaborazione, in cantiere da molto tempo, per l’ascoltatore è un evento quasi inevitabile dal punto di vista stilistico.

Ci troviamo immersi in otto composizioni di minutaggio ampio, che richiamano tutte un colore, dal ciano al magenta. A cambiare, com’è prevedibile, non è solo la scala cromatica ma anche il tono e la sfumatura emotiva delle tracce, con una relazione non sempre intellegibile. È anche vero che l’immediatezza semantica, la trasparenza del suono che permette l’accesso al significato, non è un elemento scontato nella musica (e in misura ancora maggiore negli ambienti più “concettuali” in cui Lawrence si muove). Intellegibile e trasparente è invece il mutamento progressivo che avviene lungo la direttrice del disco. Esiste un filo conduttore, come l’evoluzione di un processo alchemico-sonoro, che permette la trasformazione di un brano nel successivo, come ben si evidenzia nel trittico sequenziale “Yellow”, “Grey”, “Black”. Il vettore cronologico non è però l’unica chiave di lettura con cui affrontare il tutto. Gli elementi ritmici, per quanto centellinati nel corso della narrazione, possono rappresentare una mappa alternativa con cui orientarsi, collegando “Cyan” a “Magenta”, in un ipnotico andamento circolare.

Altrettanto evidente è la tensione stilistica fra i due protagonisti: se Lawrence cede terreno, ammettendo incursioni melodiche e percussive imponenti all’interno delle sue caratteristiche cascate sonore, Morgan si fa più rarefatto e sfuggente, a tratti austero. È proprio intorno all’interfaccia fra i due che ruota tutta l’opera, nello spazio liminale in cui entrambi vedono sfumare la propria identità artistica per riscoprirsi “altro da sé”. In album collaborativi come questo è stimolante soffermare l’ascolto sulle strategie che gli artisti mettono in atto per reagire a questa condizione di mutamento; Colours Of Air da questo punto di vista è quasi didascalico perché, grazie alla suddivisione delle tracce in ambienti – o suggestioni – emotivi, ci offre direttamente una possibile via di accesso.

Comune accordo, invece, sulla densità del materiale, la cui impenetrabilità sembra quasi magnificata dalla collaborazione e sottolineata dal fatto che il fulcro sonoro del disco è rappresentato da un antico organo a canne, custodito all’Old Museum di Brisbane e vecchia conoscenza dello stesso Lawrence. I colori del titolo sono quindi quelli della poderosa massa d’aria veicolata attraverso le viscere dello strumento che si fa ponte di contatto fra le telluriche profondità del suono “puro” percussivo e le melodie ariose, a tratti avvolte da una sottile aura di sacralità.

Nel complesso, questi circa cinquanta minuti scorrono con rapidità, intensi ma mai oppressivi, spaziando dagli immaginari antipodi cromatici dello spettro emotivo. Consigliato sia a chi già abbia familiarità con i lavori di Lawrence e Morgan, sia a chi desideri un disco ambient immersivo e stratificato.