IGORRR + AMENRA + DER WEG EINER FREIHEIT + HANGMAN’S CHAIR, 25/3/2023

Bologna, Link.

Da ventiquattro anni gli Amenra e il collettivo The Church of Ra sono noti per dare un’esperienza live di potenza massiva ed estremamente emotiva, si può chiamare post-metal, post hardcore, doom, sludge, ma l’impressione ascoltandoli è sempre di avere dinnanzi qualcosa che fuoriesce dal suo contenitore, come un poltergeist rinchiuso in un talismano che non aspetta altro che liberare la sua potenza. Una settimana fa al Link si sono susseguite band molto diverse fra loro ed il progetto Igorrr figurava come headliner, tuttavia chi viene prima o dopo una performance degli Amenra è molto soggetto al rischio di venire gettato nel nulla cosmico e risultare molto dimenticabile. Viene da chiedersi cosa porti gli organizzatori di eventi come questo a mettere insieme i contorti barocchismi di band come Der Weg Einer Freiheit con l’elegante e frugale ricerca negli abissi dell’umana esistenza degli Amenra: rimane per me un mistero.

Facendo un passo indietro e procedendo in ordine cronologico, spendiamo qualche parola per i francesi Hangman’s Chair: sludge doom solido e onesto, l’ultimo album per Nuclear Blast è il sesto, al pubblico italiano penso siano ignoti ma si fanno ascoltare volentieri. Toccano qualche nervo della nostalgia perché ricordano gli Alice in Chains nel cantato e nel groviglio basso-chitarra, la batteria sembra suonare il rullante senza cordiera dando alla sezione ritmica un tocco grunge vissuto. Fin qui tutto bene.

I Der Weg Einer Freiheit non erano male. Questo vorrei poter scrivere. Invece purtroppo – nonostante abbiano fama di gruppo aperto a molte influenze devo a chi legge la verità: si tratta di una di quelle realtà musicali per me incomprensibili essendo il 2023, composte da maschi alpha in divisa d’ufficio da metallari, rimasti a quella concezione stereotipata di black metal fatto di growl dritto e monocorde, chitarristi che sembrano andare su e giù per la spina dorsale di Mozart per tre quarti d’ora: a chi può interessare una dimostrazione da negozio di musica dell’endorsement presente sul palco? Chi sente ancora il bisogno dell’immaginario minaccioso, dei vestiti di pelle, delle mitraglie blast-beat e trigger metronomico accompagnate da luci strobo che sfidano le folle a non avere un attacco epilettico?

Veniamo al cuore del discorso: già nel cambio palco si assiste allo svuotamento del campo, viene portato via ogni orpello perché non c’è alcun virtuosismo negli Amenra, il difficile posizionamento di genere li colloca fra il post metal atmosferico, le origini sono la scena hardcore belga ma qui si avanza l’umile teoria che siano all’interno della vena evolutiva di band come gli scandinavi Ulver che dalla second wave of black metal si differenziano portando i temi della natura, dell’umano, accogliendo in un mondo che era fatto di growl e immaginario satanista la favola, la poesia, i sintetizzatori e la performance teatrale. Ancora di più siamo nel solco dei Neurosis, che come gli Amenra nascono dalla scena hardcore, portano i resti di quella rabbia che fu ipercinetica ma che si è poi evoluta in un suono lento, rarefatto e progressivo, il ritmo di un respiro profondo, che porta ad innovare il genere con la sensazione che questo salto evolutivo non sia stato cercato, ma che sia accaduto in modo organico e naturale. Il link con i Neurosis non è solo stilistico ma reale nella collaborazione con Neurot Recordings per Mass V e VI e nel 2022 con il progetto Absent in Body di Colin H. van Eeckhout e Mathieu J. Vandekerckhove insieme a Scott Kelly e Iggor Cavalera. 

Apre il set “Razoreater”, non è un pezzo particolarmente introduttivo come magari ci si poteva aspettare, è anzi piuttosto diretto, evocativo delle radici hardcore nello screamo di Colin, che canta di spalle e incappucciato. Con i lenti signature riffs, gravi e ripetitivi di Mathieu senza accorgersene si è già avvolti da “De Evenements” e a questo punto è evidente la capacità della band di sfruttare i momenti in cui un poderoso muro di chitarre precipita a valanga su un pubblico che diviene mare, un’onda di teste e capelli che si piegano all’unisono seguendo il ritmo di una grande marea, di una grande preghiera. La massa di persone in comunione è parte dello spettacolo e l’espressività corporea di Colin si libera sempre più, il suo dare le spalle a noi-pubblico non è distanza ma è partecipazione alla nostra moltitudine, come a condividere con noi il peso del messaggio di cui è latore e solo nei passaggi più intensi sia necessario voltarsi e diventarne sacerdote.

Segue “Plus Près De Toi” e si ha l’impressione di essere parte di un processo collettivo di guarigione, un sostenere tutti insieme il peso della vita, un sapere che si può superare anche un dolore che non si pensava di poter superare. “Am Kreuz” è un pezzo di Mass III del 2011 che ci transita nella seconda parte della performance, ritorna lo screaming acuto e la svestizione del corpo di Colin è completa andando ad esprimere a pieno il concetto di artista come tramite, intermediario di un messaggio sovra-umano, testimone in una forma condivisibile e utile. “Diaken” chiude il rituale collettivo, che non riguarda solo loro cinque musicisti ma che appartiene all’umanità, racconta di quel nucleo del vivente e di qualcosa che ognuno di noi ha vissuto o che comprenderà ad un certo punto della sua esistenza.

Giunti a questo punto si ritorna all’abuso di barocchismi, blastbeats e riff virtuosistici perché a chiudere la serata come headliner c’è il progetto cosiddetto breakcore di Gautier Serre aka Igorrr, che di questo ne è in realtà l’estrema versione, ridondante e roccocò. Il cambio palco ha occupato venti minuti ed è stato uno spettacolo di per sé, perché è stato tolto tutto, anche le americane, i cavi e i pezzi di nastro adesivo, per comporre una specie di cattedrale del kitsch, una consolle alla David Guetta, su cui stava lui, circondato da tre elementi umani di contorno. L’assetto della band sembra pensato per un target postadolescenziale giapponese, appassionato di retrogaming cyberpunk e abituato all’inquinamento acustico. Incredibile constatare che lo stesso pubblico che aveva partecipato alla “anti-messa” precedente fosse già pronto per ballare questa configurazione musicale, che per quanto pacchiana risulta sicuramente unica nel suo genere.

Subire questo lavaggio del cervello dopo un’esperienza mistica è un po’ come passare da una wellness spa del Trentino Alto Adige al circo di Moira Orfei, o venire buttati giù per le scale insieme ad una collezione di pentole in acciaio Inox 1810 con Vanna Marchi che ti urla nelle orecchie, and that’s all folks!