End Of Silence Records: se non compri dischi, non fare dischi!

Il mio incontro con il fondatore della End Of Silence risale, almeno in modo indiretto, agli anni a cavallo tra i due millenni quando Stefano suonava la chitarra negli Entity e nei Muculords (con il nome di Torcicolon) mentre io, oltre a scrivere di musica, facevo il promoter per la code666 e per la sua sub-label Goregorecords che nel 2003 ha pubblicato Blood Beyond The Sand, split a tre con Entity, Undead e Baratro. In realtà, la nostra frequentazione è iniziata vari anni dopo, ovvero quando nel 2010 i Muculords hanno suonato a Fano e siamo stati presentati dai comuni amici di Un Quarto Morto e Diorrhea. Da lì in poi ci siamo incontrati spesso tra serate, concerti e viaggi annessi, e proprio durante una di queste trasferte in macchina è nata l’idea della ristampa degli Stige, un progetto che avevo in mente da un po’ e al quale ha subito aderito con la sua End Of Silence. A unire ulteriori puntini all’iniziativa ha collaborato anche Gabriele Santamaria, ovverosia TheDaysAreBlood (disco uscito per E.O.S.) e già chitarrista nei Semenzara insieme a Stefano. Una serie di fili che si intrecciano e si annodano in quello che è un panorama musicale tanto vasto quanto popolato di alcune figure che non demordono e continuano con “caparbietà” a sbattersi per portare avanti una passione che spesso mi viene da paragonare a quella di chi scommette ai cavalli, visto che nella maggior parte dei casi porta più spese che guadagni e di sicuro comporta una sorta di ossessione compulsiva.

Questo resoconto cronologico della nostra conoscenza serve ad una duplice funzione: quella di riassumere in breve almeno una parte del percorso del mio interlocutore (attivo anche nei Krydome e nei Mannaia) e quella di giocare a carte scoperte sul fatto che si tratta di una persona che conosco bene e per la quale nutro profonda stima. Il motivo che mi ha spinto a intervistare Stefano a proposito della sua End Of Silence è proprio la consapevolezza del valore del suo operato sia come musicista che con una label che dal 2007 ha sfornato non pochi dischi passati per queste pagine, il che in fondo è l’obiettivo di un sito che tratta di musica. 

Ciao, prima di tutto raccontaci come è nata la tua passione per la musica, ricordi quando e perché hai deciso che non saresti rimasto un semplice ascoltatore ma che avresti voluto essere parte attiva del tutto? 

Non lo so, forse per combattere la mia introversione, una reazione alla mia timidezza cronica, penso che se non mi fossi costretto a mettermi a confronto con altre persone, le cose sarebbero peggiorate a livello psicologico!

Tu sei prima di tutto un chitarrista, in che gruppi hai suonato e in quali suoni oggi?

Il mio nome appare per la prima volta sul demo dei Mac Lord del 1992, gruppo Hard Rock/Heavy Metal di Rimini e dintorni, purtroppo non registrai nulla perché entrai subito dopo l’uscita dell’ultimo demo. Finita l’esperienza con i Mac Lord (l’assonanza con Muculords è solo un caso!), a metà 1995 entrai negli Entity e alla fine dello stesso anno registrammo da Paul Chain il primo demo. Durante l’avventura con gli Entity formammo in parallelo i Muculords nel 1999, così, per scrollarci un po’ di seriosità di dosso.

Attorno al 2009/2010 sia Entity che Muculords erano in parabola decisamente discendente e sempre con i compagni di mille avventure abbiamo dato vita ai Krydome ricominciando un po’ da zero anche stilisticamente, abbiamo prodotto del buon materiale coinvolgendo anche elementi dell’altro gruppo death storico riminese, i Baratro. Ho avuto anche una brevissima parentesi hardcore nei Semenzara con Fra e Cola degli Un Quarto Morto, Fabio dei Pulmanx e Gabriele ex Beyond Redemption, esperienza bellissima e molto formativa, c’è un mini disponibile solo su internet dove ho suonato pure io.

Adesso sono impegnato esclusivamente con i Mannaia, che nascono dalla voglia di suonare assieme ad uno dei miei miti giovanili, Marco Morosini degli Eversor, un death metal dal suono svedese e di matrice molto minimale. Vari cambi di formazione ci hanno rallentato un po’, ma stiamo per uscire con un po’ di materiale tutto in una volta!

Quando e perché ti è venuta l’idea di aprire una label?

È stata un’evoluzione naturale, i Muculords ci hanno aperto gli occhi sul DIY portandoci con un piede nel mondo hardcore. Con gli Entity avevamo ancora una visione un po’ “metallara” di ricerca dell’etichetta per uscire e neanche ci veniva in mente di produrre qualcosa da soli che non fosse un demo su cassetta o un cd-r, con i Muculords abbiamo visto che si poteva fare e da lì è partito il tutto.

Ci sono label passate o presenti che ti poni come fonte di ispirazione o che comunque segui con interesse?

Be’, tante, sono un appassionato di metal e hardcore italiano da sempre e quindi non posso che citare TVOR, Metalmaster, Minotauro, Last Scream, Nosferatu… e tante, tantissime altre che hanno gettato le basi sfornando delle pietre miliari. Poi, a rischio di sembrare banale, per il “reparto” estero me ne vengono in mente milioni, per la mia formazione Earache, Relapse, Peaceville, Black Mark… No, vabbè, compito ingrato, troppe, è una domanda che mi mette in difficoltà, soprattutto per lo scenario attuale italiano: ci sono tantissime etichette fantastiche e rischierei di dimenticarmene qualcuna facendo una pessima figura!

Credi che essere stato per tanto tempo dall’altro lato della “barricata” sia un vantaggio nel gestire i rapporti con le band che metti sotto contratto?

Non saprei, certamente aiuta ad avere una visione più realistica di quello che succede e posso dare qualche consiglio, spesso i gruppi sono troppo autoreferenziali, non si guardano intorno, fanno troppo affidamento sui social e sul virtuale, poi però c’è lo scontro con la realtà che spesso si tramuta in concerti semi deserti e scatoloni di dischi invenduti.

Come scegli i gruppi da produrre? C’è un filo comune che credi unisca le tue varie uscite?

Vado dove mi porta il cuore! Non farei mai un’uscita per un ritorno economico, lo scopo di un’etichetta come la mia è stampare cose che ritengo meritino attenzione. Non so bene se E.O.S. abbia una linea, è tutto in divenire, sempre, più che altro è una questione di attitudine, a me piace la musica sincera, indipendente dal genere.

Alla fine del 2021 è anche nata questa etichetta semi-parallela chiamata Non-Periodic per fare uscire il nuovo album di TheDaysAreBlood, progetto di Gabriele Santamaria (Ordeal, I Burn…) che è totalmente al di fuori da quello che faccio abitualmente, drone, ambient… ma meritava di avere una forma solida.

Hai prodotto sia dischi nuovi che ristampe, quale è la molla per ristampare una band o un disco?

Su come vengano fuori le idee per stampare qualcosa ci sarebbe da scrivere parecchio, una chiacchierata, un viaggio in macchina tra vecchi e ad un certo punto qualcuno dice “perché non stampare questa cosa”? Lo sai benissimo pure tu, perché sei stato complice con gli Stige! Ecco, una delle cose che mi spinge è il fatto di non lasciare queste chiacchierate nel limbo, ma concretizzarle, è una bella sfida e poi c’è il bello di riportare alla luce perle dimenticate o dischi di difficile reperibilità.

E.O.S. è attiva dal 2007 (o almeno il numero uno del catalogo è uscito nel 2007), come credi sia cambiato il mercato discografico in questi anni?

Ad esempio, in ambito metal del vinile se ne parlava veramente poco, mentre nel mondo hardcore/grindcore non ha mai avuto flessioni, adesso invece è diventata una moda: ragazzi giovanissimi che hanno conosciuto solo la musica digitale vogliono stampare in vinile e magari non hanno neanche un piatto a casa su cui ascoltarli, idem per le cassette. Adesso il prezzo e tempi di consegna del vinile sono alle stelle perché la bolla è esplosa anche in ambito commerciale. Se ci mettiamo pure l’imminente austerity poi, probabilmente nel nostro piccolo ci sarà un ritorno al cd o alla cassetta.

Se devo dire la mia, il cd non mi dispiace affatto, se poi calcoli che è infinitamente meno inquinante del vinile sotto tutti i punti di vista (produzione, trasporto…). Questo è un aspetto che non vedo mai preso in considerazione.

Che differenze ci sono con la situazione che hai vissuto ai tempi degli Entity?

Come scrivevo prima, ai tempi degli Entity, anni Novanta per intenderci, c’era ancora questo miraggio dell’etichetta, se ne cercava forsennatamente una che potesse farti uscire e questo spesso costringeva i gruppi a produrre parecchi demo, che non è assolutamente negativo, anzi fate i demo! Da quel punto di vista i gruppi arrivavano all’uscita ufficiale già rodati, con anni di esperienza, quindi tanti demo e pochi dischi ma belli. Adesso è esattamente il contrario, gruppi di nuova formazione hanno smania di uscire subito dopo poche prove e qualche concerto, solo perché è più semplice registrare e stampare di quanto non lo fosse trent’anni fa e questo spesso a discapito del gruppo stesso che non si dà il tempo di prendere una direzione.

Pensi che la situazione sia oggi più semplice o più difficile per una band che voglia farsi conoscere?

È una domanda difficile per me, non capisco bene cosa si possa intendere per farsi conoscere, è tutto molto relativo, a molti bastano i “mi piace” nei social media, farsi le foto da duri e robe del genere. Forse è proprio la voglia di farsi conoscere che uccide i gruppi, perché molti cedono subito se non vedono risultati immediati, se farsi conoscere è l’unica molla, lasciate perdere subito.

Che rapporto hai con i social e con le opportunità che offre la rete ad una label?

Pessimo, sono sempre più disgustato dal mondo virtuale e trovo mentalmente faticosissimo dover utilizzare certi mezzi: non è questione di anzianità, è proprio un’idiosincrasia maturata negli anni, anche solo il fatto che ormai debba essere un “dovere” utilizzare i social mi ripugna.

So che le opportunità sono tante e va a mio discapito non sfruttarle, ma sono totalmente refrattario, è qualcosa su cui dovrei lavorare sicuramente.

Anche a livello personale ho un pessimo rapporto con “l’immagine di me stesso”, trovo una piccola violenza dover fare una foto e metterla sul web, i Muculords mi andavano a pennello per quello.

Molti parlano di ritorno del vinile e progressiva scomparsa del cd, altri al contrario sostengono che presto il vinile tornerà un formato da appassionati e il cd tornerà in auge, tu come la vedi?

È una domanda alla quale in parte ho già risposto prima, c’è sicuramente una tendenza sempre più accentuata verso la stampa in vinile, per quanto riguarda il grande pubblico è una questione di moda. Il mondo underground che ha sempre utilizzato questo formato è il primo a farne le spese perché i prezzi e i tempi di consegna stanno aumentando vertiginosamente per una questione di domanda/offerta, chi stampa preferisce fare decine di migliaia di copie piuttosto che le nostre 300. Quindi a mio parere ci sarà un piccolo ritorno al cd, ma più per una questione economica che per altro.

Che peso dai alle grafiche e alle confezioni delle tue uscite, quanto credi incidano sul successo di una uscita?

Un’importanza sempre maggiore, l’aspetto grafico è fondamentale per valorizzare il contenuto di un disco, o addirittura per un primo avvicinamento ad esso, quasi sempre il primo approccio che hai con un disco, la prima cosa che ti desta curiosità è l’aspetto visivo, strano ma vero. Lo vedo regolarmente in fiera o quando faccio i banchi ai concerti, il primo moto di curiosità viene dalla copertina. Ora uno si può attaccare al telefono e ascoltarselo prima di comprarlo, ma una volta si compravano anche solo ispirati da un disegno, da una foto e si scoprivano dei capolavori! Quindi, non sottovalutate quell’aspetto. Ricapitolando, curate la forma, ma il contenuto viene sempre per primo, un brutto disco con una grafica fatta bene rimane sempre un brutto disco!

Per quanto riguarda E.O.S. mi affido totalmente a quello che è più di un collaboratore, il pluri-citato Gabriele Santamaria, un grafico eccezionale che sta dando un filo conduttore a tutte le uscite, senza sarei perso. Fate fare certi lavori a chi li sa fare, un amico che ha Photoshop non è automaticamente un grafico.

Tu sei spesso presente a fiere e festival con il banchetto E.O.S., quanto ha pesato questo periodo senza concerti ed eventi pubblici?

Ha pesato soprattutto a livello “umano”, per me è molto importante l’interazione. Se fosse per il ritorno economico, starei a casa! Mi piace lo scambio di opinioni dal vivo, si impara tanto, si conoscono tante persone, e si danno anche tanti consigli. Un saluto a Janz, mio compare in tantissime fiere!

Credi che in Italia sia compreso quanto impatti un evento live non solo a livello di band ma anche per tutto ciò che gli ruota intorno e le persone che coinvolge?

Malgrado l’età, tendo a frequentare spesso i concerti, bisogna dare supporto ai gruppi e ai luoghi che si prendono la briga di ospitare certi eventi che nel nostro ambito non sono certo remunerativi per chi organizza e per chi suona, è ancora tutto mosso dalla passione, ma certe volte è sconfortante notare che le presenze sono scarsissime, c’è chi si muove più volentieri per il bagno di folla con biglietto da 100€ del solito gruppone, che per il concerto gratis sotto casa. No, non credo che ci sia comprensione, soprattutto da parte del pubblico.

Che cosa hai in programma per il 2022?

Sicuramente due o tre uscite con i Mannaia, quando andrà on line questa intervista probabilmente sarà già disponibile la raccolta in cd del materiale uscito solo in vinile e una cassetta che presenta il nuovo acquisto alla batteria (Luca, anche con i Sedna), poi a fine anno l’album. Inoltre l’uscita in vinile più importante di sempre per me, che è il doppio lp con i 3 demo degli Electrocution, un vero sogno che si realizza se calcoliamo il paio con Cerebral Disfunction dell’anno scorso, è una bella vittoria. Poi, tanti progetti in ballo, finanze e tempo permettendo.

Grazie mille per la chiacchierata, lasciaci i contatti e tutte le info utili per i nostri lettori…

Grazie a te per la pazienza, spero di incontrarti più spesso Michele! Così scappa fuori qualche altra idea!