EMILY WITTBRODT, Make You Stay

Basandosi sulla composizione barocca trasferita a una strumentazione e su un suono attuale, la ventinovenne violoncellista Emily Wittbrodt, tedesca di Bonn, trasporta il proprio quartetto in un percorso ove si alternano brani recitati e stacchi strumentali. Le voci che si poggiano sulla musica sono quelle dei musicisti con una performance vocale a testa per Emily, Annie Bloch, Jan Philipp e Wolfgang Pérez. “Foolish” sembra essere un respiro jazz d’altri tempi con un afflato romantico che va a terminare in un suono di frontiera non distante da alcune cose dei Friends Of Dean Martinez. “Interlude” è un’aria che ondeggia fra Brasile ed India. In “Gladly Beyond”, recitando E.E. Cummings, è una voce maschile a rimanere sospesa fra le caute salite del violoncello, per un brano che sprigiona legno e calore prima di disperdersi in un mondo abitato e vissuto da altre voci. È un lavoro fortemente evocativo e dinamico quello concepito dalla musicista tedesca, che non ha paura di inerpicarsi per crini poco ortodossi e nemmeno di sciogliersi nella più languida bellezza. Quando i pezzi prendono aria e minuti, il paesaggio si fa desertico e avvolgente; straniante quando è la lingua tedesca a fare gli onori di casa, in un recitato avvolto da spire free che si fa sempre più carico di tensione fino all’esplodere di una chitarra struggente come l’urlo di una sirena. L’ultimo intermezzo sembra essere il fantasma di un organetto, chiosa per archi, tasti ed un sentimento di epifania che si sparge ovunque. “I See You Standing” è una folk song che parte da una chitarrina quasi slacker, quasi ruffiana, e che – invece di costruire impalcature neoclassiche – s’interrompe per una fantastica cacofonia di delicata toy music… Quando poi riprende il tema principale. lo fa rilassata, ben cosciente di aver conquistato i nostri favori. Il finale, due minuti scarsi di moderato e vellutato sonetto, conferma l’eleganza e la fantasia di una strumentista da tenere assolutamente sott’occhio.