DROP ON GLASS, Light As A Feather

I progetti solisti sono un mondo a parte, dove l’identità di un musicista trova più spazio per esprimersi, ma che possono anche far emergere punti deboli di vario tipo. Nel caso di Drop On Glass, one man band di Lorenzo Carlini, già chitarrista in diverse realtà romane di matrice metal (Invernoir e Black Therapy, anzitutto, ma ricordiamo anche che ha fatto da session man agli Shores Of Null), siamo di fronte a qualcosa di abbastanza diverso dalle sue band: attinge a piene mani dalla tradizione darkwave inglese degli anni Ottanta, ma ha un orizzonte sufficientemente ampio, che va dal post-punk allo shoegaze, senza tralasciare una componente atmosferica e una carica emotiva dal sapore romantico e piacevolmente decadente che lo potrebbe far “incasellare” nell’ambito del dream rock.

Drop On Glass nasce nel 2016, due anni dopo arriva la demo e nel novembre del 2021 esce Light As A Feather. Se da un lato la compattezza dei brani rispecchia la presenza di un’unica mente dietro a essi, dall’altro la versatilità di Lorenzo nel destreggiarsi con i vari strumenti coinvolti lascia sorpresi; il suo timbro vocale calza perfettamente all’insieme, mostrando una certa competenza e l’assoluta consapevolezza del tipo di sensazioni che vuole trasmettere a chi ascolta.

Il mondo immaginato da Lorenzo è talvolta grigio, ma si tinge anche coi colori pastello dei ricordi sbiaditi di un’infanzia mai del tutto accantonata, in un clima profondamente autunnale che, a conti fatti, non si discosta di molto dalle tematiche care alle sue band principali.

I nove brani su Light As A Feather hanno il grande pregio di saper mettere d’accordo i nostalgici e i potenziali nuovi adepti del genere: richiami espliciti ai “mostri sacri”, tra tutti i The Cure, sono dichiarati ma ben bilanciati, con un approccio fresco e moderno, capace di trasmettere l’amore smisurato di questo ragazzo verso certe sonorità: le ha fatte proprie, riempiendole di emozioni tanto personali e intime quanto assolutamente universali. La componente vagamente pop conferisce una grande orecchiabilità ai brani: tra tutti sceglierei come più rappresentativi “Without”, già presente nella demo del 2018, e “My Desires Fault”, di una grande efficacia evocativa, nella sua delicatezza.

Come opera prima, dunque, questo album contiene una serie di elementi utili a capire le potenzialità del progetto, che sono davvero buone poiché i brani sono tutti ben scritti e ben eseguiti. L’unico neo, che però preferisco in questa sede definire diplomaticamente un aspetto in cui ci sono dei margini di miglioramento, è la pronuncia in inglese: con una maggiore attenzione a questo penso che Carlini sarebbe (e sarà a breve, ne sono certa) pronto a conquistare anche il pubblico internazionale, con le spalle ancora più larghe, perché si sa, “Italians do it better”.