Dell’Impero Delle Tenebre a Teatro chiuso

Quanto è ancora bello ‘sto disco, artwork scarnissimo che però va bene, te lo ricordi al volo. Quanto sono (erano) bravi dal vivo, all’inizio persino strepitosi, in grado di gestire un frontman per fortuna ingestibile. Visti in Veneto, almeno un paio volte, non so se proprio nel 2007, anno di uscita dell’album, o poco dopo: la prima avevano le bave alla bocca, erano comunque vecchi per certi versi, e io pensavo che si stavano giocando tutto. Poi sono arrivati a casa mia, al Teatro Miela, ma eravamo già in epoca non ti ricordi di Ken Saro-Wiwa, il poeta nigeriano, un eroe dei nostri tempi. Quella volta Capovilla era cascato in modo stranissimo, malamente, tipo morto, con un rumore sordo, e gli altri si erano messi in cerchio a ripetere lo stesso passaggio aspettando che lui si rialzasse. Era tutto bellissimo, non c’è nulla da fraintendere. Era tutto giusto così. Il Teatro Degli Orrori era un signor gruppo. Dell’Impero Delle Tenebre è e sarà sempre da ascoltare, anche se l’ho dato a Ricky all’incirca nel 2012 e non l’ho mai più rivisto. Tra l’altro è un cd che ho prestato un sacco, a gente che non diresti mai (la tipa che su Facebook scrisse “eeeh non è per tutti questo”, perché Capovilla parla difficile, capito?), ed eravamo già affetti da bulimia a causa del file sharing… In tanti, poi, hanno cominciato a odiare questi quattro uomini o comunque a prenderli in giro, per una serie di motivi stupidi. Anzitutto invidia, perché in qualche modo nel 2007 salirono dei gradini di visibilità, e anche per qualche buona ragione, forse: trattavano male le persone nelle interviste, a volte totalmente a cazzo, Capovilla era/è antipatico, Capovilla era/è ubriaco, Favero era/è antipatico, al secondo disco avevano subito cacato fuori dal bucale (erano comunque vecchi per certi versi, e io pensavo che si stavano giocando tutto), il contenuto politico dei pezzi era diventato moraleggiante (non ti ricordi? Ma come fai a non ricordarti?). Dell’Impero Delle Tenebre, però, nessuno me lo deve toccare: imparentato con quanto fatto dai One Dimensional Man, ma molto più pesante e incattivito (Melvins? Nelle foto Favero aveva una maglietta dei Neurosis, un fatto marginalissimo che però a me già predisponeva bene).

In Italia, a livello underground, quella volta c’erano degli ottimi gruppi che bazzicavano gli stessi generi, ma non ho problemi a dire che la manata in faccia che dava il Teatro era la più forte, magari per merito della registrazione, aggiungerei grazie a un batterista devastante. E i testi di Capovilla erano stradivertenti. Sì, va bene, erano anche amari, c’era la canzone triste che non può mai mancare (come ci illudi, Tom, di essere ancora tutti vivi… mentre guardiamo sempre dall’altra parte, affermazione verissima che riadatto perennemente) ma a me piacevano quelli sarcastici, ghignanti. A me l’apertura del disco (Maestro? Maestro…) fa ridere ogni volta, mi mette di buon umore, come mi gasa la frana di chitarra che segue. Non dico bugie. Vita mia, noi due. Un inizio della madonna, poi maaa senti questa qui che bella e un po’ di Scratch Acid, dopo tocca al basso di “E Lei Venne”, impossibile da non amare, io penso sempre a Dave Curran e anche questo mi mette tanto di buon umore. Quando finisce questa, è il turno di “Compagna Teresa”, quella che fece cappotto: c’era il video e tutti ci rimasero di merda, perché nessuno – credo – sapeva che qualcuno era tornato così carico (erano comunque vecchi per certi versi, e io pensavo che si stavano giocando tutto). Al quarto pezzo, insomma, errori ancora zero. Adesso arriva la citazione degli Area, e comunque sia abbiamo perso (la traccia-titolo). “Scende La Notte” è tanto buona, la stavo dimenticando. Precede il famoso “Carrarmatorock”, a cui seguono il sempre famoso turbamento della gelosia e la meno inflazionata “Lezione Di Musica”. A questo punto è la volta della canzone triste, da passare alla storia, e si chiude con “Maria Maddalena” e un beep interminabile. Quanto tempo è passato? Un minuto. Intendo: l’album dura molto di più, ma lo puoi rimettere ottocento volte e non ti accorgi che hai finito la giornata. Quanto tempo è passato? Già tredici anni. Intendo: era il 2007, Teresa aveva lottato per liberare quello che alla fin fine era proprio “un Paese di merda” (ipse dixit, in Veneto). Oggi è comunque peggio e avrei proprio bisogno di un altro impero.

Questo è un disco che è rimasto e resterà. In quell’anno c’era gente che si gasava con Panda Bear, voglio dire. Non ho ragione io? Dai. Chi cazzo è Panda Bear? Gli Animal Collective volevate spingere, imbecilli. Stupidi.