DARK TRANQUILLITY, Moment

Immaginate la vita come il rullino di una macchina fotografica. Lo so, oggi abbiamo moderne fotocamere digitali in grado di soddisfare il nostro bisogno di posare per un selfie ogni trenta secondi, ma concedetemi un po’ di poesia. Scorrendo la pellicola vi imbattereste negli istanti cruciali della vostra esistenza e, rivivendo quei momenti, una domanda sorgerebbe spontanea: “Cosa sarebbe successo se avessi preso una decisione diversa e avessi imboccato un altro percorso?”. È la riflessione alla base del dodicesimo album dei Dark Tranquillity, intitolato appunto “Moment”: un lavoro che si focalizza sui quei fuggevoli attimi in cui ci troviamo a dover prendere decisioni in grado di influire drammaticamente sul nostro futuro, sia come singoli che come specie.

Non posso fare a meno di notare un parallelismo tra il tema del disco e il “momento” della band svedese, fresca dei festeggiamenti per i trent’anni di carriera. Tanto per cominciare è avvenuto l’abbandono dello storico chitarrista Niklas Sundin, prontamente sostituito da Johan Reinholdz e dall’ex Arch Enemy Christopher Amott, evento che però, ascoltando la dirompente energia trasmessa da pezzi come “Phantom Days” e “Transient”, sembra essere stato assorbito senza scossoni.

D’altra parte i nostri DT – più un nomignolo affettuoso che un’abbreviazione – appaiono difficilmente inquadrabili nel panorama musicale all’alba del 2021. I pionieri del cosiddetto Gothenburg sound hanno sempre diviso la critica a causa della loro formula in grado (o colpevole, a seconda della campana) di dare un volto umano e una forma meno bidimensionale al death metal vecchia scuola che imperversava agli inizi degli anni Novanta, ma è innegabile che tra gli esponenti di quel filone sono coloro che meglio hanno retto alla prova del tempo.

La capacità di combinare elementi death, gothic e armonie accattivanti, il caratteristico sound cristallino e arricchito dalle eleganti linee di tastiera, l’approccio maggiormente focalizzato sulla melodia che sulla brutalità tipica del genere sono gli ingredienti che hanno permesso alla band di produrre una corposa discografia quasi sempre di alto livello. Moment non fa altro che riproporre la collaudata ricetta, ottenendo un risultato garantito: rivaleggia per qualità con i piacevolissimi Atoma e Construct, supera senza problemi il poco convincente We Are The Void, ma risulta meno memorabile dello splendido Fiction (con cui torniamo indietro di ben tredici anni).

E qui si pone il problema: con questo capitolo Stanne e compagni pare abbiano proseguito dritti sul sentiero della comfort zone evitando ogni riflessione su possibili alternative: è sufficiente il piacevolissimo recap di un’esperienza trentennale per non venire offuscati da gente come Ulcerate, Imperial Triumphant ed Oranssi Pazuzu? Io non credo, anche se l’esasperazione di tecnica, dissonanze e destrutturazioni in voga nelle nuove generazioni può talvolta risultare snervante. In questi momenti un disco che si limiti a suonare bene e a far muovere la capoccia potrebbe rivelarsi una manna dal cielo.

Tracklist

01. Phantom Days
02. Transient
03. Identical to None
04. The Dark Unbroken
05. Remain in the Unknown
06. Standstill
07. Ego Deception
08. A Drawn Out Exit
09. Eyes of the World
10. Failstate
11. Empires Lost to Time
12. In Truth Divided