STEFANO TAMBORRINO, Seacup

Stefano Tamborrino è uno di quegli artisti a cui piace mettersi in gioco continuamente, rischiare molto con la sua batteria sempre sfavillante fuori da ogni stile, con i suoi aggeggi sonori, le trovate imprevedibili, il gesto dada. Sia in progetti altrui che propri ci e si vuole sorprendere sempre per non cadere nel già sentito, non rimanere intrappolato nelle convenzioni. L’abbiamo ascoltato free, swing, rock, metal, ma sinceramente un Tamborrino da camera non ce lo aspettavamo. In Seacup ci svela, da compositore, un lato insospettabile della sua poetica creativa, uno scavare profondo nei sentimenti, attraverso ambientazioni oniriche, l’elettronica, gli impasti delle corde, gli equilibri magici di una musica scritta che non disdegna momenti liberi come anche sublimi romanticismi, mai però appiccicosi o stantii. L’avvicinamento, l’intreccio tra l’anima jazz – l’ancia di Dan Kinzelman e il contrabbasso di Gabriele Evangelista – e il suono classico-contemporaneo – quello del violino di Ilaria Lanzoni, della viola di Katia Moling e del violoncello di Andrea Beninati – funziona benissimo anche con incroci molto affascinanti. Come in “Escher”, probabilmente il brano più coinvolgente (e con qualche reminiscenza minimalista), dove l’equilibrio strumentale raggiunge livelli notevoli e il sax disegna dietro le corde una delicata filigrana. Nel poetico “Purple Whales”. sulla scia delle voci sognanti dello stesso Tamborrino e di Naomi Berrill che svaniscono nel nulla, Evangelista esce con un notevole e solido fraseggio, trama ritmica e densa che ricorda l’Haden di Jarrett. Lo stesso Evangelista apre in “Olifante/The Kinzelman” la strada al leader che si ricorda, per un breve tratto, di essere anche un batterista muscolare. Composizione in verità un po’ macchinosa, che racchiude però una perla: il travolgente solo di Kinzelman, maestro della respirazione circolare, che disegna un estraniante e inquieto panorama. Riappare qualche piacevole tentazione minimalista-ripetitiva anche in “Jacarta”, mentre l’ultima traccia “Almost Jesus” è costruita come un labirinto dove il sax ci guida senza meta con una frase accattivante, con la voce di Tamborrino nel sottofondo che, come in una cerimonia, snocciola una litania che rimbalza in uno spazio sonoro che sa di ancestrale e rituale.

Seacup racchiude in sé tanti stimoli e visioni. Momenti forti, fragilità, poesia, qualche ingenuità, tentazioni pop, ma complessivamente il lavoro riesce a garantire una costante e coerente cifra stilistica disseminata in una tensione ideale credibile, spesso commovente.

Tracklist

01. Coda
02. Escher
03. Purple Whales
04. Olifante / The Kinzelman
05. Noli Me Tangere
06. Bird Vertigo
07. Jakarta
08. Arcadia
09. Gamelan
10. Almost Jesus