AN AUTUMN FOR CRIPPLED CHILDREN, Closure

La coda di quest’estate torrida ci trascina stancamente verso il refrigerio autunnale, con le giornate che diventano colpevolmente troppo corte e una patina di fogliame a terra, tanto cara agli amanti della terza stagione dell’anno. Nomen omen, gli An Autumn For Crippled Children, terzetto olandese ormai navigato, al decimo episodio di una carriera iniziata nel 2009 ci fanno sognare ancora di più con la copertina artica di Closure, una distesa di vette innevate che va di pari passo al suono glaciale che permea le dieci tracce. La band, che da sempre suona blackgaze farcito di tastiere acidule e fa delle tele atmosferiche il suo caposaldo principale, anche in questa nuova fatica non si smentisce, mantenendo saldamente ritto il timone e offrendo una performance con pochissimi alti e molti compitini da sufficienza risicata. Una costante, questa, nella sua carriera, che le ha impedito di farsi notare all’interno di un sottogenere fin troppo affollato.

Le vibrazioni emotive non aprono mai una breccia nel muro di chitarre, messe molto davanti da un mixaggio quasi lo-fi che appiattisce ulteriormente un output cristallizzato nel passato recente. Le tracce escono quasi bidimensionali dalle casse, senza quel nucleo sonoro viscoso che è fondamentale per scavare nell’animo dell’ascoltatore. I primi pezzi scorrono anonimi senza infamia e senza lode, e bisogna attendere quasi dodici minuti per arrivare a “This Feels Like Dying”, che finalmente apre gli orizzonti di questo lp con una tempesta perfetta di corde infinite, doppio pedale e sezione melodica eterea. Dopo questo breve exploit Closure stenta ancora a decollare, e i rischi corsi dagli Autumn For Crippled Children si attestano mestamente attorno allo zero cosmico. Gli apici di Try Not to Destroy Everything You Love del 2013, album che è stato la perfetta summa di letti di tastiere e affondi puramente black, sono lontani anni luce. Proseguendo s’incontra la title-track, che avanza piatta come un mare illibato, mentre il lentone “Unable To Feel You” contribuisce solo ad accompagnarci flebilmente alla fine di un lavoro che non lascia alcun segno.