AMORPHIS, Halo

Halo, in uscita l’11 febbraio 2022, è il quattordicesimo album in studio per i finnici Amorphis, che da ormai più di trent’anni sono un caposaldo del panorama metal nordeuropeo. Come altre band nate nei primi anni Novanta, anche loro si sono “ammorbiditi” col tempo, ma la componente death-doom che prevaleva nei primi lavori – The Karelian Isthmus e Tales From The Thousand Lakes tra tutti – è ancora ben presente, anche se in altra forma.

Tra i grandi meriti della band c’è sicuramente l’aver sempre portato nei brani delle tematiche autenticamente finlandesi, per lo più legate al Kalevala, il poema epico su cui si fonda la giovane e relativamente fragile identità nazionale del Paese, quando invece molti loro compatrioti hanno preferito optare per più popolari (ma anche più banali e storicamente inaccurati) temi inerenti la mitologia norrena. Dall’uscita di Silent Waters nel 2007 a scrivere i testi degli Amorphis è, infatti, l’artista visivo, poeta e studioso del Kalevala Pekka Kainulainen, successivamente tradotti da Ilkka Salmenpohja, scrittore, traduttore e musicista che attualmente milita nella gothic rock band Sleep Of Monsters. Ilkka opera un vero e proprio adattamento linguistico, col fine di non far perdere, per quanto possibile, le sfumature peculiari della lingua finlandese, tanto affascinante quanto complessa.
Per la terza volta consecutiva, ma a distanza a causa delle restrizioni legate alla pandemia, Jens Bogren ha ricoperto il ruolo di produttore, dando una sua impronta all’album nel complesso: più “pop”, nell’accezione meno commerciale del termine, ma al contempo in linea col marchio di fabbrica degli Amorphis. L’orecchiabilità dei ritornelli è un fil rouge che unisce le undici tracce di Halo e che, prevedibilmente, potrebbe sembrare un punto debole, se non ben gestita. In questo caso, complice anche il ruolo di Bogren, si assiste a un buon equilibrio tra questa e una palese aggressività e schiettezza nelle composizioni, che pone l’album su di un gradino più in alto rispetto al seppur notevole lavoro precedente, Queen Of Time, del 2018.

In generale i dischi degli Amorphis seguono un concept ben preciso, ma nel caso di Halo si tratta, piuttosto, di storie risalenti a un’epoca precedente al Kalevala, per quanto siano presenti molti richiami al poema epico (uno tra tutti, il regno dell’oltretomba, Tuonela, nella seconda traccia, qui però in riferimento al corso d’acqua che separa il mondo dei vivi da quello dei morti). Il tema, ampio, è quello del viaggio, inteso come ricerca, sopravvivenza, adattamento alle avversità, con tutte le possibili interpretazioni del caso a livello simbolico.
Le virate prog, sempre più numerose, tanto che occorre considerarle come uno degli ingredienti principali di Halo, rivelano una grande maturità artistica, raggiunta però senza rinnegare il passato. A partire da “Northwards” e dal suo splendido intro di tastiere, subito seguito da un riffing potente e da un cantato in growl nel tipico e sempre ottimo stile di Tomi Joutsen (che, mi preme precisare, è molto migliorato anche nel clean, sia in studio che in sede live), fino alla conclusiva “My Name Is Night”, si assiste a un susseguirsi di brani corposi e complessi, quasi tutti memorabili, tutti col già citato marchio di fabbrica che ha sempre contraddistinto la band nella sua evoluzione. I pezzi risultano dinamici ma non inutilmente intricati, e non c’è nulla di fine a se stesso o forzato, e ritrovarsi a fischiettare alcuni ritornelli tutto il giorno perché difficilmente se ne possa fare a meno non è, a mio avviso, un difetto.
I due singoli, “On The Dark Waters” e “The Moon”, rispettivamente seconda e terza traccia, rappresentano solo in parte il mood generale dell’album; vi sono delle virate tendenti al power, in particolare sul ritornello di “Seven Roads Come Together”, e persino momenti decisamente estremi su “War” e “The Wolf”, pur mantenendo una forte componente melodica. La linea vocale del chorus di “War” mi ricorda addirittura l’Eddie Vedder di metà anni Novanta: sicuramente un elemento inaspettato, e “The Wolf” concilia un ritornello power e un riffing che ricorda il thrash metal più classico e intransigente, ma in un contesto fresco e moderno. C’è qualche elemento psichedelico in “Windmane”, a riprova del fatto che siamo di fronte a un lavoro estremamente ricco e complesso. La title-track è, a mio avviso, l’episodio più debole dell’intero lavoro: parte bene e poi si “perde”, e anche dopo ripetuti ascolti continua a sembrare banale e piuttosto “scolastico” rispetto al resto; tuttavia è un buon brano che so per certo avrà una buona resa in sede live anche grazie a quelli che, al momento, sembrano punti deboli.

Mi sembra doveroso concludere mettendo in luce l’enorme ricchezza di questo album, a conferma della classe e dell’esperienza dei cinque strumentisti: i due chitarristi, Esa Holopainen e Tomi Koivusaari, il bassista Olli-Pekka Laine, il tastierista Santeri Kallio e il batterista Jan Rechberger hanno ancora una volta dato prova non solo di essere un buon team di compositori, ma anche di saper gestire al meglio elementi in contrasto tra loro (punto-chiave dell’intero concept, a partire dalla copertina), creando l’ennesimo gioiello nella loro ampia discografia.

Tracklist

01. Northwards
02. On The Dark Waters
03. The Moon
04. Windmane
05. A New Land
06. When The Gods Came
07. Seven Roads Come Together
08. War
09. Halo
10. The Wolf
11. My Name Is Night