ALTIN GÜN, Aşk

Con Aşk gli Altin Gün ci riportano indietro alle sonorità dei loro primi dischi dopo lo svarione sintetico degli ultimi Yol e Âlem, composti a distanza durante il lockdown del 2020 e pervasi da un’atmosfera anni Ottanta, soprattutto nella scelta di pad e sintetizzatori.

Aşk ritorna alle atmosfere infuocate dei live degli Altin Gün, suona spavaldo e compatto dalla prima all’ultima nota e prende ispirazione dagli album rock e psichedelici degli anni Settanta, utilizzandone attrezzature e tecniche di registrazione originali. È un album tirato, teso, groovy, che prima di tutto trasmette la gioia di ritrovarsi di nuovo in un territorio condiviso come quello dello studio, in uno spazio e in un tempo tangibili e non sfalsati come quelli dei demo casalinghi ma in quello delle prove, delle jam, delle sintonizzazioni fra musicisti che tutti ci immaginiamo quando pensiamo al processo creativo di una band. Tutte e dieci le tracce partono da composizioni originali della tradizione turca, per poi trasformarsi di volta in volta in cavalcate funky, momenti introspettivi e psichedelici alternati a corse in discesa venate di space rock, diventando composizioni che rimangono collegate alle fonti solo dal filo sottile dell’intenzione vocale e poetica. Consiglio in particolare di mettere a confronto la ballata sognante e acid folk “Güzelliğin On Para Etmez” con l’originale scarno e dolente di Aşık Veysel per capire sia la portata emotiva del materiale di origine, sia quanto gli Altin Gün siano riusciti nella difficile operazione di renderlo proprio, ma senza appropriarsene.

Anche questo disco, come tutti i loro precedenti, ha la pregevole caratteristica di suonare estremamente compatto e voluto, senza inciampi o riempitivi, sia che si tratti di ballate in levare come “Su Sızıyor” o di cavalcate-disco-sci-fi come “Doktor Civanim”, l’unico pezzo nel quale ritornano in superficie le ispirazioni elettroniche di Yol. Gli Altin Gün si confermano musicisti e compositori fra i più interessanti degli ultimi anni, soprattutto in quanto capaci di evocare con le loro creazioni esattamente i mondi che hanno in mente.