Paul Jebanasam, Tarik Barri e il progetto { PILLARS }

Tatsuro Horikawa è il creatore del marchio di moda avantgarde Julius ed è anche l’ideatore di NILøS, un’etichetta musicale. Che musica e vestiti vadano a braccetto e si influenzino vicendevolmente è un’affermazione di una banalità sconcertante, mentre è più originale, oltre che più ambizioso ed esigente, il progetto di questo stilista giapponese, che propone “a monte” al suo pubblico qualcosa che non è magari uno stile di vita, ma di sicuro è più che un semplice look. { PILLARS } vuol dire vestiti, ma anche una creazione audio/video della premiata ditta Paul Jebanasam/Tarik Barri (abbiamo parlato giusto pochi mesi fa di Continuum), ispirata dalla collezione di abiti del giapponese, che a sua volta come tema ha il fenomeno ottico dei pilastri di luce, qualcosa che possiede moltissimi significati simbolici e che ben si sposa con la scala “massimalista” adottata da Jebanasam.

La coppia di artisti inglesi ha dato vita a un lavoro audiovisivo di sei minuti, nel quale la luce di Barri si anima reagendo ai sussulti di energia sonora di Jebanasam (o forse è il suono del secondo ad essere attivato dalle immagini del primo). Sempre Jebanasam poi ha preparato un’installazione quadrifonica più lunga, una pratica che intende sviluppare sfruttando la sua esperienza nel mondo della dance “alternativa” e dei sound system, cioè portando la fisicità di quel genere all’interno di un contesto slegato dal battito e più atmosferico e sperimentale. Esiste infine, come ovvio, anche una versione stereo di tutto questo. Siccome poi stiamo parlando di un marchio di lusso, ecco che l’edizione materiale di questo lavoro è contenuta in una chiave usb fabbricata ad hoc da Claustrum, un’azienda manifatturiera giapponese specializzata nello scolpire metalli (la chiave diventa anche una specie di collana). È un’idea ancora poco sfruttata in giro, ma che potrebbe diventare un bel compromesso tra chi vuole il digitale e chi ha bisogno del “bell’oggetto” da possedere.
Dal punto di vista musicale { PILLARS } sembra proprio un corollario di Continuum, una storia parallela o collegata, non so decidermi, che si dipana nello stesso universo audiovisivo fabbricato dai due. Siccome manca poco alle due date italiane di Paul a Milano e a Modena, quest’ultima insieme a Tarik, ho spedito quattro domande a lui e al suo socio per togliermi quel paio di curiosità sull’operazione estetica che stanno mettendo in atto e che tanti riscontri sta avendo quest’anno, non ultima questa committenza da Horikawa.

Paul Jebanasam

Paul, Continuum sembra essere uno degli album dell’anno assieme a Third Law del tuo amico Roly Porter. Anche se a qualcuno non piace, di sicuro l’ha sentito, specie se segue la musica elettronica. Che relazione c’è tra Continuum e { Pillars }? Mi pare che tu stia esplorando gli stessi territori…

Paul Jebanasam: Grazie. Sì, c’è relazione tra i due, ma – per quanto riguarda il modo in cui venivano montati i suoni – Continuum era imperniato sul lavoro in studio, non in tempo reale, mentre Pillars è qualcosa di più legato all’improvvisazione col codice. Il procedimento di Tarik è già di suo molto “performativo”, così ho voluto rispondergli e creare qualcosa che avesse un metodo di costruzione più “live” e caotico. Si è trattato anche di un esperimento col formato surround quadrifonico, dato che in questo periodo cercavo di capire come costruire idee di sound design che potessero essere codificate direttamente in formato surround per grosse proiezioni e multi-speaker.

Tarik, vorrei sapere anche da te qual è la relazione tra Continuum e { Pillars }, dato che tu ti sei occupato delle visual per entrambi i lavori…

Tarik Barri: Per Continuum abbiamo creato un vasto universo audiovisivo. Pillars lo sento come se fosse un’area ancora inesplorata di quest’universo. È basato sulle stesse regole e utilizza un linguaggio estetico simile, ma lo fa a modo suo. Continuum è omnicomprensivo e solido, mentre Pillars lo sento meno vincolato, più punk, grezzo e imprevedibile. Nel processo di creazione è stato bello far fruttare il lavoro in un altro contesto che ho fatto per Continuum, situazione che ha permesso poi più libertà per ottenere una cosa a sé stante.

Paul… Spazio, fantascienza, natura, energia, religione. Roly Porter, Jebanasam, Lustmord (quest’anno con Dark Matter è di nuovo nello spazio), Ben Frost con Aurora… è solo una coincidenza o la musica elettronica si confronta di nuovo con le grandi domande (chi siamo, da dove veniamo, abbiamo un significato o siamo frutto del caso…)?

Paul Jebanasam: Non penso si tratti di una coincidenza, dato che è difficile per chiunque ignorare tutti i progressi della tecnologia e le scoperte scientifiche che si stanno facendo adesso e quelle che saranno possibili nel prossimo futuro. La musica ha sempre avuto a che fare con le “grandi domande”, ma ora noi abbiamo più strumenti che permettono agli artisti di creare esperienze che esprimono queste idee in modi strani ed entusiasmanti dal punto di vista sonoro e da quello visivo.
Per quanto riguarda me e Roly, comunque, molta dell’ispirazione per questo tipo di lavori giunge da letture fantascientifiche e dal desiderio di contribuire a questo genere in qualche maniera. Cioè creare le nostre storie sul passato lontano e sul futuro in un modo che significhi qualcosa per noi.

Paul, un altro filone comune oggi sembra essere il “massimalismo”. Lustmord lo chiama “the power of sound”. Sembra che questo non sia il tempo per il glitch, per l’isolazionismo o altri sottogeneri “silenziosi”. Di nuovo… segno dei tempi o mera coincidenza?

Paul Jebanasam: Posso solo parlare per me stesso, personalmente è meno massimalismo nel senso di volume e più nel senso di esplorare le grandezze e la profondità in termini di intervallo dinamico e sound design. Il mio background è scrivere musica per sound system nei club, ma adesso è possibile usare questi stessi sound system in sale concerti dove la gente di solito sta seduta e il rumore di fondo è molto più basso. Questo dà ai compositori un grande intervallo dinamico con cui lavorare, dunque è naturale sfruttarlo al massimo. Nel momento in cui ricostruiamo composizioni per ciascun sound system anziché suonare tracce stereo come si farebbe in un club, tutta la questione sul come usare al meglio gli ambienti per creare nuove esperienze sonore diventa davvero interessante. La maggior parte delle idee oggi come oggi mi vengono durante i soundcheck.
Un altro aspetto di questo è l’idea di simulazione. Ne ho parlato di recente con Kara-Lis Coverdale e ho voluto conoscere le sue idee su cosa fosse la cosa definitiva da simulare col suono se avessimo avuto i mezzi tecnologici necessari per farlo. In queste conversazioni speculative si finisce spesso per pensare a cose che sono al di fuori del nostro campo percettivo, sia microscopiche e quasi mute o massive e distruttive. È interessante che di questi tempi nella musica e in altre forme d’arte ci sia un’intenzione collettiva di osservare spazi che sono impossibili da raffigurare direttamente o di cui è impossibile avere esperienza diretta.

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