ZBEEN, Stasis

Stasis

Di Zbeen abbiamo già parlato, così come di altri progetti di Gianluca Favaron (Under The Snow) ed Ennio Mazzon (Ripples Recordings). La validissima Entr’Acte si è accorta di loro e produce questo Stasis, lavoro basato – come tradizione per l’etichetta inglese – sulla manipolazione più o meno spinta di field recordings. Dei due pezzi di questo disco il mio preferito è il secondo, “Flytende Stillheten”, perché di durata inferiore e più omogeneo e focalizzato: si tratta di una traccia astratta (le sorgenti sonore sono spesso irriconoscibili), che possiede una sorta di violenza chirurgica, fredda, circoscritta, ma molto cupa e dolorosa. Il problema è soggettivo, nel senso che se i field recordings restano “puri”, per me occorre davvero avere una bella storia da raccontare, altrimenti, col diluvio di uscite – specie su web – incentrate su questo modo di fare sound art, è praticamente impossibile catturare l’attenzione. Gianluca ed Ennio, consciamente o meno (e come già nel precedente ep), fanno in modo di arrivare all’ascoltatore senza costringerlo a ulteriori sforzi d’attenzione, quando già si muovono in un contesto nel quale il fruitore dell’opera non è mai casuale, bensì un appassionato che sin da subito sa di doversi approcciare in un certo modo al disco. Per questi motivi il primo brano, che ha una natura più ambient, su 32 minuti qualche colpo finisce per perderlo e farlo perdere, nonostante diversi suoi frangenti siano molto buoni (lo smarrimento iniziale, qualche sprazzo più “musicale” e malinconico, la capacità di scendere nel profondo). A parte questo, Zbeen quest’anno s’è guadagnato meritatamente attenzione. Vedremo se saprà affermarsi per bene in futuro.